Padron gatto

Non so per quanti il nome di Blexbolex sia familiare.

Per me è un nome sibillino, criptico, i suoi libri mi colgono sempre impreparata sia al punto di vista estetico che da quello narrativo…

Libri come Stagioni o Ballata colpiscono nel segno, ma ad ogni nuova uscita non so mai cosa accadrà con questo autore.

Padron gatto, di Blexbolex, appunto, edito da Orecchio acerbo, invece, è in qualche modo un libro che fa eccezione rispetto agli altri che conosco dell’autore. Un libro che ha una sua forma narrativa compiuta e scritta: non è un catalogo, non è senza parole, non precede per metafore o suggestioni, ma è in tutto e per tutto una storia come la si intende “normalmente” anche se presenta diversi tratti orginali.

Anzi, a volerla dire tutta, è anche una storia che gioca, prendendone molto le distanze però, con una delle fiabe classiche: quella del gatto con gli stivali.

E’ un gioco e un rimando visuale, visivo, una eco lontana che di fatto non molto ha a che fare con la fiaba di Perrault. E’ tuttavia un dato di fatto che il gatto compaia in copertina definito dai suoi stivali rossi, e anche che il momento in cui il gatto (letteralmente defenestrato dal suo padrone) diventa creatura autonoma e indipendente in grado di condizionare la propria e altrui esistenza, è proprio quello in cui cadendo si ritrova in un paio di stivali rossi.

Poi però la storia prende un’altra piega e porterà il gatto ad appartenere ad un altro padrone e a dover pure fingersi di un’altro colore per farsi accettare…

Insomma il gatto non è padrone proprio di nessuno, tanto meno di se stesso, però per l’intera storia si comporta come un capetto, dà ordini al coniglio che ha liberato, e che davvero non sembra essere una cima (il gatto glielo dirà più volte senza veli nel corso della storia). Ed è proprio il coniglio a chiamare il gatto “Padron gatto”, a riconoscerlo come proprio superiore morale mettendosi ai suoi ordini e poco importa se così facendo il coniglio resterà fedele alla propria natura dall’inizio alla fine mentre il gatto si troverò a fingere di essere qualcun’altro e abdicherà alla propria libertà!

La cosa che colpisce i più di questo testo, a parte le illustrazioni che si inseriscono in quella ricerca di forme e colori tipica dei lavori di Blexbolex, sono i testi che sembrano una sceneggiatura. Potete benissimo prendere Padron gatto e usarlo come un copione: le parti in corsivo definiscono i contorni e i contesti della storia, ogni dialogo è determinato all’inizio dal nome di chi lo pronuncia, e ci sono anche le indicazioni di come va pronunciata la “battuta”: se sotto voce, gridata, bisbigliata o altro.

Una storia al limite del disdicevole con un protagonista che prende per scemo senza mezzi termini dall’inizio alla fine il proprio aiutante, che maltratta e sfrutta la bambina che vuole giocare con lui, che mette in un sacco un uomo e lo vende al mercato come un sacco di patate, e che sputa per terra!

Ma che vi aspettate? Blexbolex non è mica un autore da diminutivi e vezzeggiativi, è un autore che, seppure in forme inconsuete – metaforiche -, punta a mettere in scena la vita reale e, per la strada, le cose accadono proprio come avvengono in Padron gatto, che credete!

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