L’attenzione è la preghiera spontanea dell’anima
Antefatto 1: mi capita di leggere come a voi suppongo, decine se non centinaia di informazioni confuse e contraddittorie sulla scuola e la didattica specie riguardo le biblioteche scolastiche (che ovviamente essendo quello che mi riguarda più da vicino per seguire le varie teste fiorite colpisce maggiormente la mia attenzione)
Antefatto 2: quest’anno nonostante tutto in pochissimi giorni hanno aderito a lasciami leggere oltre 300 classi, che in tempo di covid mi pare un vero recod, tra cui spiccano interi istituti comprensivi (più dell’anno scorso in proporzione) e le secondarie di primo grado anch’esse in proporzione in numero maggiore dell’anno scorso.
Antefatto 3: ricevo tante mail e richieste d’aiuto e indicazione di insegnanti a cui i dirigenti hanno imposto di inscatolare ed eliminare le biblioteche di classe e di scuola e a cui il Miur non dà risposte certe (credo la lettura sia il suo ultimo problema, in generale il che è perfettamente in linea con i disastrosi dati sulla nostra istruzione e dispersione scolastica a livello europeo)
Antefatto 4: leggo di post e racconti di chi con i libri lavora da sempre e che della scuola fa una missione che, nel completo rispetto delle norme sanitarie (e ci mancherebbe altro), è riuscito ad organizzarsi, ad accogliere, a preparare biblioteche e letture degne di questo nome. La sorpresa non è quella di Frankenstein Jr. quando scopre che si può riportare un corpo in vita bensì quella di notare che si può fare bene il proprio lavoro senza essere sopraffatti da un unico punto di vista dominante…certo a patto di non considerare la scuola già un corpo morto e allora sì ci vuole qualcuno che lo rimetta in piedi con un temporalone e una bella scossa!
Antefatto 5: una bella chiacchierata, come lo sono sempre, con il grande amico e scrittore Luigi Dal Cin che mi porta all’attenzione un articolo di Mariangela Gualtieri uscito sul Corriere della Sera in cui si ragiona sulla cura a proposito di scuola e si cita Celan….
Fatto: la citazione
L’attenzione è la preghiera spontanea dell’anima
Ecco, il potere delle parole e la grandezza dei poeti che le sanno usare meglio di noi ma per tutti noi. L’attenzione è ciò che distingue l’umano, la cura per l’altro che sia il bambino/ragazzo che torna a scuola, il collega o il sottoposto. Chiunque, qualunque lavoro faccia, lo dice la Szymborska ancora una volta alla perfezione, può fare il proprio mestiere con ispirazione, quell’ispirazione “che nasce da un continuo “non so” (La prima frase è sempre la più difficile) e, mi permetto di continuare, produce quell’attenzione che è la preghiera spontanea dell’anima.
Ieri Daniele Novara ha postato questa foto con il post che potete leggere qui.
Per la serie trova le differenze… che l’insegnante che ha sistemato i banchi come nella seconda foto, in cui i bambini possono guardarsi tra loro, sia stato visitato da qualche divinità cui tributare la preghiera quotidiana dell’attenzione?
Non lo so, francamente non credo.
Vedo solo la differenza tra una possibilità di esistenza e l’altra, una migliore dell’altra di sicuro, e ciò che passa tra le due è davvero poco, pochissimo, a livello di tempo e fatica direi quasi niente, una preghiera veloce, un pensiero di cura, lo spostamento del punto di vista sull’altro e non su di sè, l’interpretazione della norma a favore delle persone (a maggior ragione se sono piccole). Ma questo è un discorso che potremmo spostare in ogni ambito, ne sono sicura.
Questa è una preghiera laica, non è fede religiosa, e per questo, forse, se non la si ha ce la si può dare o almeno ci si può provare (con buona pace del povero Don Abbondio).
Che questo anno scolastico sia l’occasione per mettere l’attenzione e la cura (interessante il doppio significato medico e lato in questo contesto sanitario così precario) al centro, e si può fare! Condividiamo buone pratiche e buoni pensieri che poi si autoalimenteranno dando alla comunità, come in una vera immunità di gregge, almeno una possibilità di immunizzarsi dalla freddezza del ragionamento burocratico.
Come dice benissimo Franco Lorenzoni, perché parlare di distanziamento sociale quando si può parlare di distanziamento fisico? Le società devono stare sempre più vicine, entrare in empatia, e le comunità scolastiche in queste sono e fanno da modello. Il distanziamento fisico può e deve essere fatto con l’attenzione come monito e guida, questo penso.
“In aula non parlerei in modo esplicito di ciò che è accaduto. Serve far emergere piano i ricordi. Un milione di bambini rimasti isolati, ora includere tutti» (l’articolo intero di Lorenzoni lo potete leggere qui).
Cura, tempo, narrazione, attenzione.
Il postfactum sta a voi, a noi, adulti che cercano di essere all’altezza del proprio ruolo, delle proprie responsabilità e dei bambini e ragazzi che ogni giorno ci guardano.
Buon anno scolastico a tutti!