Il fumetto come terapia

Mi devo scusare per la mia improvvisa sparizione, ma purtroppo il lockdown mi ha costretta dedicarmi ad altro per un po’, per fortuna l’ultimo post era un’infinita lista di consigli di lettura, per cui spero mi abbiate perdonata.
Il post che scrivo oggi è un po’ diverso dal solito, sarà la “saggezza” portata dalla laurea in psicologia, ma mi sembrava interessante scrivere una riflessione sul significato che ha avuto e sta avendo il fumetto in questo periodo di pandemia sia durante che dopo il lockdown.

Rinchiusi in casa ci siamo resi conto come non mai di quanto ci serva l’arte, la narrativa, la musica, i film e i fumetti. Dallo shopping compulsivo di libri che non avrei neanche avuto il tempo di leggere (non mentite, so che ci avete almeno pensato anche voi), al recupero di vecchi titoli non ancora letti o assolutamente da rileggere, tutti noi appassionati lettori siamo andati a rifugiarci nei nostri libri.

Quella del fumetto però (come è avvenuto per altre realtà editoriali) non è stata una risposta di chiusura nella propria lettura, ma di solidarietà.
Per prime le case editrici hanno messo a disposizione letture e sconti per essere vicini ai loro lettori, anche a chi un fumetto non poteva permetterselo. Il meccanismo di solidarietà non si è fermato qui. Nonostante non avessi maniera di andare al TCBF questo weekend mi sono guardata i talk sulla pagina facebook della fiera e sono rimasta particolarmente colpita dal primo, che parlava proprio di come il settore del fumetto abbia vissuto e stia vivendo questo periodo. Sono emersi quindi punti di vista che non conoscevo: quelli di autori ed editori.

Il sentimento generale è stato, nonostante sconforto, di voler essere utili usando le proprie competenze, che però poco hanno a che fare con la medicina. Si sono messi in molti quindi a lavorare in modi diversi, secondo il proprio approccio allo stress del lockdown. In alcuni casi ha prevalso la paura, la necessità di esprimere il senso di spaesamento e di mancanza di controllo. Mi ha particolarmente colpito l’intervento di Davide Toffolo ( Andrà tutto benino) in cui spiegava la volontà di dare un aspetto a questo “nemico invisibile”, per renderlo più controllabile e meno inquietante. Il fumetto in questo caso non è solo un intrattenimento altruistico per chi è a casa spaventato, ma una forma di terapia per l’autore, che ha modo di esprimere i suoi sentimenti tramite la sua arte. La semplicità del mezzo e la facilità nella sua distribuzione permettono l’apertura di un dialogo con il lettore, tanto che le strisce pubblicate regolarmente dai fumettisti sono diventate un appuntamento quotidiano, una fonte di supporto e di ironia su una realtà che sembra non avere più nulla di divertente. Il mio appuntamento giornaliero preferito erano sicuramente le strisce di Ortolani, che ora hanno pubblicato in un libro per Feltrinelli con il titolo Andrà tutto bene.

Il fumetto è diventato quindi un ponte tra le persone, un modo di sentirsi più vicini. La forma più grande di interconnessione tra persone è stato sicuramente il progetto COme Vite Distanti, un fumetto corale, creato da 80 autori che hanno contribuito ognuno con una tavola per mettere insieme una storia che esprimesse i sentimenti che la pandemia ha mosso nelle persone. Vedere storie in cui le persone indossano la mascherina risultano quasi surreali, perchè, nonostante sia la nostra quotidiantià attuale, non siamo abituati a vederle nelle nostre letture. In questo senso, anche i personaggi di fantasia ci sono un po’ più vicini.
In questo caso il supporto è stato anche concreto: infatti questo fumetto è stato acquistabile tramite crowdfounding per contribuire alla ricerca sul COVID-19 dello Spallanzani.

Concludo ritornando a parlare delle fiere e dei festival. Sono davvero contenta che queste realtà non si siano fatte prendere dallo sconforto e siano riuscite a rispondere con spirito di adattamento alla situazione. Sicuramente per loro e per tutte le realtà con cui collaboravano, questo periodo rimane una grande batosta, ma nonostante tutto hanno voluto mantenere un contatto con il pubblico, creando iniziative adatte alle norme vigenti. Persino il Lucca Comics si farà (che quest’anno si chiama Lucca Changes), ma avrà diversi CampFire in giro per l’Italia, permettendo di avere l’esperienza della fiera nelle proprie città.

Il fumetto è stato quindi terapia per noi lettori, per gli autori e per tutti quelli che con il fumetto ci lavorano. E’ un periodo difficile, che nessuno vorrebbe aver vissuto, ma in campi come questo ha permesso di dimostrare la capacità di solidarietà tra le persone e come tutti possano fare qualcosa per migliorare il clima della situazione.

Detto questo, smetto di tediarvi e vi prometto che dal mese prossimo ricomincio a consigliare fumetti come al solito.
Comprate i fumetti nelle librerie e nelle fumetterie, che ne hanno bisogno più che mai!

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