Ti cerco, ti trovo di Anthony Browne

Chissà se, facendo una ricerca sociologica emergerebbe che il gioco primo e più giocato al mondo è il nascondino in tutte le sue declinazioni culturali e geografiche… Se così fosse non me ne stupirei. Dal primissimo gioco del “Cucù-già” dei piccolissimi che scoprono che il mondo esiste ogni volta che riaprono gli occhi, al più “avanzato” (per fascia d’età) nascondino in cui l’identità dei giocatori è rassicurata dal cercarsi e trovarsi credo che la relazione di chi si cerca e si trova sia fondamentale a livello emotivo ed affettivo.

Ti cerco ti trovo di Anthony Browne, edito da Camelozampa, mi pare metta in scena proprio questo: attraverso il gioco di un fratello e una sorella che si annoiano nella tristezza di aver perso il loro amatissimo cane e risolvono la noia nel nascondino e la tristezza nel ritrovamento, c’è tutto il moto interiore degli animi dei protagonisti.

Poppy conta e Cy si nasconde, e lo fa così bene che la sorella non riesce a trovarlo, cresce l’ansia di Poppy nel cercare il fratello, cresce l’ansia del fratello di non essere trovato (ma continua a non rivelarsi e a restare nascosto), crescono i dettagli incredibili nascosti nel bosco (Browne è maestro del mascheramento “boschivo” basti pensare ai paesaggi di Nel bosco),cresce l’ansia del lettore…

Siccome di Browne ci si può fidare a occhi chiusi ecco arrivare la catarsi con una illuminazione dei colori delle tavole, dei sorrisi sui volti e dell’apertura dell’abbraccio accogliente come in tantissimi altri capolavori di questo autore. Poppy non ha ancora trovato Cy ma il cane perduto sì!

Il ricongiungimento è pieno e reciproco, una piena catarsi familiare!

Una catarsi familiare in cui manca qualsiasi figura adulta ma poco importa, se ci fossero stati gli adulti tutto avrebbe preso un’altra piega, l’avventura e la crescita d’ansia non sarebbero forse state possibili, a volte ci vuole che i bambini siano da soli. D’altra parte se nella prima tavola, e in tutte le seguenti, i bambini sembrano quasi abbandonati a loro stessi nel bosco – e la cosa è naturalmente funzionale alla costruzione del ritmo narrativo – in quella di chiusura appaiono sullo sfondo a destra dei palazzoni che ci fanno intendere che la roulotte dove i bambini stavano giocando si trova in un contesto in qualche modo protetto e che loro, ritrovatisi con anche il cane, fanno ritorno con tutta probabilità a quelle case non alla roulotte solitaria.

Se siete abituati e innamorati dei gorilla di Browne mettetevela via, questo è uno di quegli albi in cui il grande autore ha deciso di mantenere la forma umana ma la sua poetica resta intatta e si conferma e rafforza nella costruzione di intreccio e personaggi.

Se Nel bosco l’intuizione e la ricerca di tutti gli oggetti delle fiabe era lasciata al buon occhio del lettore, ed era più che sufficiente tanto forte era la marcatura simbolica di quel bosco, qui invece alla fine del libro troviamo qualche indizio: avete trovato tutti i dettagli?

Beh, superata l’ansia della perdizione, godutosi il doppio ritrovamento il lettore può finalmente rilassarsi e tornare e ritornare sul libro non solo per rileggerlo e riprovare le emozioni ma anche per testare la propria capacità di attenzione!

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