Jip e Janneke Amici per sempre
Jip e Janneke amici per sempre di Annie Schmidt e Fiep Westendorp, con la traduzione di Valentina Freschi atterra finalmente su suolo Italiano grazie alla proposta editoriale di Lupoguido.
Stiamo parlando di un testo e di illustrazioni che hanno molte decine di anni ma che mantengono intatta la loro freschezza narrativa, come sanno fare i classici che nei vari tempi e luoghi sanno raccontare al loro pubblico qualcosa di sè.
Jip e Janneke – una pertinente nota ci informa che i due nomi vanno letti entrambi come se la J fosse una Y – sono due bambini, una bambina e un bambino coetanei, vicini di casa e che in questo libro bellissimo si incontrano per la prima volta nel primo capitolo e non si lasciano più.
All’inizio la conoscenza non è semplicissima, Jip si incastra nella siepe mentre cerca di passare nel giardino a fianco inseguendo gli occhi della bambina dall’altra parte. D’altra parte nessuna conoscenza è mai semplice, il primo approccio è sempre il più complicato ma Jip se la cava metaforicamente bene. I genitori gli fanno presente che può andare a conoscere Janneke dal cancello e così sarà per tutta la loro amicizia, salvo sapere che c’è sempre il buco nella siepe per necessità importanti.
Da qui, dal primo capitolo, si sviluppano una serie di narrazioni, talvolta avventurose ma più spesso quotidiane, che ci fanno stare insieme a Jip e Janneke senza bisogno di sperimentare o vivere necessariamente situazioni avventurose.
Tra Jip e Janneke le cose non vanno sempre a gonfie vele, ci sono momenti di scontro, ci sono anche momenti di attrito con gli adulti, questa è la vita d’altronde. Questa è la vita dei bambini e delle bambine vere e Jip e Janneke hanno questo di eccezionale, o meglio la scrittura di questi autori ha questo di eccezionale, sono bambini veri. C’è la vita di tutti i giorni che scorre nel libro capitolo dopo capitolo e questo genera nel lettore, tra l’altro, un senso forte di identificazione.
Le illustrazioni tutte nere e bianche richiamano uno stile anni Settanta, senza dubbio, e tuttavia sono funzionali anche oggi a non definire la narrazione, a lasciare margini ed interstizi per il lettore, a non alimentare stereotipi di genere così come fa il testo.
Un bell’incontro quello con Jip e Janneke che così come incontriamo insieme a loro stessi nel primo incontro, così li lasciamo alla fine che escono dalla narrazione salutandoci, loro vanno a dormire da una zia e noi chiudiamo il libro. Ma insieme a questa chiusa arriva un intervento inaspettato degli autori, un’invito all’azione lo chiamerebbe qualcuno oggi…
Così partono. Rimarranno via per un bel po’.
E salutano tutti i bambini con la mano. Salutano anche voi.
Su, salutateli!
Ciao Jip!
Ciao Janneke!
Quindi loro hanno sempre saputo che c’eravamo noi qui fuori a guardarli e seguirli? Certo, perché i libri non sono fatti solo degli attori della comunicazione narrativa ma anche di persone in carne ed ossa e, alla fine della “filiera” ci siamo noi, i lettori reali, i bambini, lettori reali ed è proprio loro che Jip e Janneke, bambini reali quasi quanto i lettori, si rivolgono grazie al narratore che forse in questo caso coincide anche un pochino con l’autore reale, non vi pare?
Una bella prova narrativa, una bella possibilità di lettura che regge benissimo la lettura ad alta voce ma anche la lettura autonoma dei bambini che iniziano a leggere speditamente.