Il buco

Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.

Il buco

Età: dai 6 anni
Pagine: 88
Formato: 23x28cm
 Anno: 2016
Editore: Gribaudo
Autore: Anna Llenas

Il libro in cartella di oggi è in prestito

Ultimamente i libri arrivano a scuola… nella cartella di qualcun altro.
In particolare di qualche alunno… stanno un po’ in “quarantena” e poi… si intrufolano nel mio zaino.

Stavamo leggendo con il KamishibaiI colori delle emozioni” di Anna Llenas (ma di questo vi narrerò prossimamente) quando una mia alunna si avvicina e dice: «Secondo me l’illustratore è lo stesso di “Il buco”».
Le rispondo: «Che occhio, hai proprio ragione!»
Mi risponde: «Ce l’ho a casa, è tra i miei preferiti, se vuoi lo porto così lo leggiamo insieme».
E così è stato.

Una lettura fuori programma

Decisamente fuori programma, che si è rivelata una piacevole scoperta: ha dato voce a numerosi buchi. Spontaneamente. Come un innesco naturale. E ha poi suggerito nuove possibili tecniche di illustrazione, semplici ed efficaci.

Prendo il libro, lo sollevo in modo che tutti possano vederlo e inizio a leggere.

Leggere con la mascherina devo dire che è un vero supplizio. Per me poi, che ho una mimica labiale marcata, è proprio una penitenza. Mi sembra di non riuscire a comunicare. Sforzo un sacco gli occhi per renderli più attenti. Così poi mi viene il mal di testa.


Per non parlare dell’ascolto. In classe spesso tra le finestre semiaperte, il vociare dei bimbi in giardino [dovendo utilizzare a turno l’unico spazio all’aperto fuori c’è sempre qualcuno NdR] e il brusio costante all’interno, di fatto c’è sempre un rumore di fondo.
I bambini indossano tutti la mascherina, qualcuno parla sottovoce perché timido, qualcuno rauco, qualcuno si mangia le parole, così quando intervengono fatico a capirli.
Sembra davvero la guerra alle relazioni, un vero e proprio complotto.

Ma noi, imperterriti, continuiamo… per fortuna!

E, la magia dell’albo, funziona… anche con le mascherine!
Inizio a leggere e cala il silenzio.
Occhi attenti che sbucano da dietro mascherine troppo grandi per quei piccoli faccini.

In una piccola casa, in un villaggio di media grandezza,
sopra una grande collina viveva Giulia con la sua famiglia.

Giulia era una bambina normale, come ogni altra.
La sua vita era felice e serena.

Ma un giorno, all’improvviso, tutto questo finì
e lei si ritrovò con un grande buco nella pancia.

Questo buco è davvero grande, persino il freddo ci passa attraverso. Da questo buco esce di tutto… addirittura mostri.
Allora Giulia cerca di colmarlo in tutti i modi, ma con scarso successo.
La ricerca non è semplice.

Il buco di Anna Llenas

I testi sono brevi e incisivi. Sfondo bianco. Le illustrazioni molto esplicite e definite, dai tratti quasi infantili. La tecnica usata è quella del collage con carta di diverso tipo (cartone, cartoncino, carta ondulata). C’è un uso mirato del colore. Oltre al bianco e al nero grafite delle parti disegnate, spesso viene inserito un solo altro colore per volta, in modo da valorizzarlo e renderlo protagonista.
L’intero albo accompagna Giulia in questa ricerca prima esteriore poi interiore, attraversando emozioni di colori e intensità diverse sino a raggiungere, in un graduale crescendo, la scoperta del proprio mondo interiore.
Inversamente proporzionale alla ricerca la dimensione del buco: inizialmente una vera e propria voragine; poi, a mano a mano Giulia ne prende consapevolezza, si ridimensiona.

Molto interessante la ricerca del tappo giusto per tappare il buco

Esistono tappi buoni, tappi apparentemente buoni e tappi pericolosi.

In questo silenzio udì una voce
proveniente da terra
che le diceva
“Smetti di cercare fuori, cerca dentro di te…”

Ho notato come questo albo, pur offrendo interessanti spunti, per certi aspetti non sia accessibile a tutti.

Secondo Piaget i bambini tra i 6/7 e gli 11/12 anni si trovano nello stadio di crescita definito “operatorio-concreto”, per cui tutto quanto ha a che fare con il metaforico-astratto risulta comprensibile ma non ancora interiorizzabile.
Ai bambini si può parlare di tutto, ma va tenuto conto che non ragionano come un adulto, non hanno ancora raggiunto quello stadio, non hanno ancora una maturità cognitiva tale da permettergli il ragionamento astratto. Il loro stadio di crescita implica il legame a un fatto concreto. Ciò avviene all’inizio del libro, ma poi si perde completamente ed è ciò che è avvenuto per alcuni miei alunni.

Commenti a caldo

“Bello Chiara, ma a un certo punto mi sono perso”
“Sì, anche per me, troppo lungo, dopo un po’ ti stufi”
“A me è piaciuto moltissimo!”

Chiedo:

“Scusate, ma voi avete capito cosa è successo? Perché ha il buco?”

“No, non lo dice…”
“Io conoscevo già questo libro perché mia mamma ha fatto la tesi sulla morte e tra i libri che ha usato c’era anche questo…”
“Per me ha un buco perché le hanno sparato in pancia…”
“Ma va… è tipo quando sei triste che ti senti così triste che ti sembra di avere un buco e provi un sacco di emozioni…”
“A me è capitato di sentirmi così quando i miei genitori litigavano prima di separarsi…”
“Vero, anche a me, uguale”
“Io mi sento un buco nella pancia quando dico le bugie…”
“Io ho provato questa sensazione quando sono stata ricoverata qualche giorno in ospedale perché ero tanto preoccupata”
“A me una volta è capitato di vedere mia mamma piangere perché era morta la sua nonna e io sono stata male per lei”
“Io ho sentito un buco nella pancia quando è morto il mio cagnone”
“Il buco rappresenta tutte le emozioni che puoi provare…”

“Il buco è la tua fantasia”
“Per vedere il buco devi guardare dentro di te, non fuori”
“Il buco è quello che pensi con la testa e provi col cuore, un miscuglio”
“Guarda… sbaglio o il buco si sta rimpicciolendo?”
“Ah, tutti in realtà hanno un buco… forte…”
“Maestra posso dire una cosa…? Io ho provato questa cosa anche un’altra volta oltre a quella dei litigi tra i miei genitori che ho raccontato prima…”

Temevo il peggio…

…perché lo conosco bene, è un bambino dall’intelletto acuto, ma un altrettanto buon gustaio e dato che l’ora della merenda si stava avvicinando e il pranzo era stato piuttosto leggerino, pensavo la sua voragine dipendesse da una gran fame… un buco enorme, di quelli che annebbiano la vista…

Mi guarda, mi sorride e mi dice
“Nooo, non è quello che pensi tu – (aveva capito al volo…) – Volevo solo dire che io ho provato questa sensazione del buco in un’altra occasione, cioè quando ho provato una grande felicità”

“Chiara ora dicci tu…”

“Io?!? Beh se potessi dirvelo tramite un oggetto… sarei uno scolapasta”

Ridono…

“Piena di buchi?”
“Allora sei come me… troppo sensibile”


“Se uno sta male anch’io sto male e mi dispiace per lui… non posso parlare di buchi quando perdo oggetti perché perdo sempre un sacco di cose. Momentaneamente. Poi le ritrovo… ma dopo un bel po’… anche a distanza di un anno”

Ridono!

Capita spesso, e non ne colgo il motivo, che ridano quando racconto qualcosa di me…

“Se però dovessi dire il buco più grande è quando è morta mia nonna… Però più che un buco è stata una porta, cioè sapevo sarebbe successo… una porta pronta ad aprirsi… però logicamente comunque si sta male, è successo tanti anni fa”

“Ti capisco… è come quando è morto il mio topolino”

“Al mattino non sapevano chi mi avrebbe dato la notizia perché era una cosa difficile da dire… così me l’hanno detto insieme e poi mi hanno abbracciato forte”

Concludendo

I bambini hanno raccontato e disegnato il loro buco sul quaderno.

Il giorno seguente son però tornati sulla questione dei tappi:
tappi buoni, tappi apparentemente buoni, tappi pericolosi… e ne è scaturita un’interessante conversazione, sulle loro richieste, sui capricci, sull’uso dei videogiochi e dei social, sulle possibili dipendenze da TV, Tablet. Su ciò che si può fare con mamma e ciò che si può fare con papà e non sempre chi compra tutto colma i buchi, anzi, a volte un po’ di tempo assieme vale più di mille regali.

“…come fare i pancake insieme…”

Sono rimasta colpita

Mi hanno stupito i loro racconti, come si sono aperti, come si sono ascoltati, come hanno messo in relazione i loro buchi…


Mi ha colpito scoprire che il buco che più temono è quando i genitori litigano…

Mi ha rassicurato scoprire che, malgrado i buchi e le distanze, il gruppo come un ragno buono sa tessere fili invisibili e indispensabili

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