Un angelo nel taschino di David Almond

Non so a voi ma a me la prima parola che viene in mente al nome di Davide Almond è ANGELO.

E se state pensando a Skellig vi capisco ma questa volta il genio di Almond crea per noi un angelo del tutto diverso… questa è la storia di Un angelo nel taschino edita da Salani con le illustrazioni di Alex T. Smith e la traduzione di Giuseppe Iacobacci.

Angelino è, nomen omen, un piccolissimo angelo bambino con minuscole alucce e piccolissima voce che un giorno compare, senza apparente motivo, nella tasca del burberissimo autista di autobus Bert. Non si sa da dove arrivi, non si sa il perché Angelino sia su questa terra, lui stesso impara piano piano a parlare per dire che “gnon so gnente” ma quel che è certo è che Angelino viene accolto da Bert che si rivela essere molto meno burbero di quanto l’incipit ci faccia immaginare, dalla sempre gioiosa moglie Betty e dai bambini della scuola dove Betty fa la cuoca, Nancy in primis. Nancy è una bambina che prende ogni mattina l’autobus di Bert e che appartiene a quella categoria, di bambini appunto, che Bert sopporta sempre meno sul proprio autobus.

La comparsa, l’epifania vera e propria, di Angelino cambia tutto nella vita di chi lo incontra e mano a mano che le persone, grandi e piccoli con lui si apriranno e lo accoglieranno, le sue dimensioni crescono (tanto che Betty gli fa sempre nuovi vestitini con i buchi per le alucce e dalla scatolina in cui dorme la prima notte arriva a metterlo a dormire nel letto e nella stanza del figlio morto). Quando invece Angelino incontra qualche forza del male, più o meno reale, più o meno accentuata, ecco che torna a rimpicciolirsi…

Angelino si nutre solo di dolciumi e e qualsiasi azione faccia o parola dica è accompagnata da mii puzzette esilaranti. Il mondo di esseri umani in cui Angelino si imbatte si divide in 3 gruppi:

  • coloro che lo accolgono e più o meno consapevolmente rendono grazie alla vita per l’opportunità di aver incontrato un angelo (per quanto decisamente molto ma molto lontano dagli angeli ieratici della tradizione ecclesiastica)
  • coloro che sembrano non rendersi conto dell’eccezionalità di Angelino e si occupano solo di cercare tracce di regolamento che vietano la presenza di angeli, ad esempio, nelle aule scolastiche
  • ed infine coloro che da Angelino cercano di trarre un profitto rapendolo e tentando di rivenderlo al migliore offerente, trafficante di reliquie o vescovo che sia.

In mezzo a tutto questo c’è una trama articolata che, come sempre, non starò qui a sciogliere né a narrare. Mi preme invece fare qualche considerazione sulla struttura narrativa e la scrittura di Almond.

Siamo innanzitutto in un romanzo che si rivolge ad una fascia d’età più bassa rispetto al suo solito. Questo è un libro godibilissimo e anche a tratti divertente che può essere con soddisfazione letto ad alta voce in classe ma anche letto in maniera autonoma sin dagli 8 anni per chi inizia a bazzicare la lettura con una qualche sicurezza.

Poi siamo in un romanzo che lavora sulla possibilità di redenzione in una maniera unica. Tutto e tutti sono recuperabili e migliorabili, chi si condanna lo fa da solo ma se decide di riscattarsi è sempre accolto. Cadono gli stereotipi, si ricostruiscono le idee, nello specifico si rinsaldano e ridefiniscono le idee di famiglia, di scuola e, di più, di Bontà e di Cattiveria.

Almond si spinge a sondare narrativamente (e qualche riflessione interessante sull’uso dei nomi e delle maiuscole avrebbe senso farlo) territori propri dell’etica solo apparentemente rasentando l’insegnamento morale e invece restando sempre libero da ogni vincolo etico, morale o didascalico che sia giocando al meglio, e lo sa fare alla grandissima, i potentissimi mezzi della narrazione, della narrazione e dell’umanità. Quella umanità che porta gli angeli sulla terra e che poi non trasforma i bambini e gli umani in angeli bensì, al contrario, gli angeli in umani bambini!

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