Veglia su di me

Veglia su di me di Matteo Corradini illustrazioni di Lucia Scuderi musiche di Orazio Sciortino, voce di Amanda Sandrelli edito dall’Accademia di Santa Cecilia in coedizione con Curci non è il libro che vi aspettereste… forse…

E’ molto ma molto meglio!

Ci sono autori che hanno il loro punto di forza nel ritmo narrativo, quelli che lo hanno nella costruzione dei personaggi, quelli che lo hanno nella focalizzazione e… quelli che lo hanno nell’idea narrativa.

Esiste l’idea narrativa? L’invenzione narrativa?

Ecco, se dovessi proprio costretta a forza, direi qual è secondo me il punto di forza della scrittura di Matteo Corradini è l’invenzione narrativa.

Intendiamoci bene: un autore vero, un autore bravo, sa governare al meglio tutti gli aspetti della comunicazione narrativa, e tuttavia in alcuni forse eccelle o su alcuni punta, consciamente o inconsciamente più di altri…

Ecco, secondo me l’aspetto che lascia sempre sorpresi e felici della scrittura di Matteo Corradini è quello dell’invenzione, dell’idea…. una vera lampadina che si accende.

Veglia su di me non fa eccezione, anzi!

Abbiamo in mano un piccolo, curatissimo, libro edito dall’Accademia di Santa Cecilia insieme a Curci, una casa editrice che si occupa per definizione di musica, che ha un supporto audio importante per musica e narrazione ed è corredato da una bellissima piccola appendice su cosa sia e come funzioni e come sia nato il pianoforte.

Cosa fate, vi aspettate una storia sul pianoforte o su un pianista o che so io?

No! Avete tra le mani un piccolo racconto molto molto ben fatto, con la storia di una mini famiglia, Dora (la ragazzina protagonista) il papà e la mamma (che non c’è) e dei pochi altri personaggi che le ronzano attorno, in cui nulla è ciò che sembra.

Nulla eccetto Dora. Tutti gli altri personaggi riservano a noi, come a Dora, sorprese che di primo acchito non ci piaceranno… Nulla, ad un certo punto, sarà più come ci appariva, almeno fino a quando non comprenderemo, come fa Dora attraversando il dolore della scoperta della – anzi delle – menzogna, che l’identità è un’altra cosa: non è ciò che si è davvero ma ciò che si desidera essere e che si prova con tutto il proprio essere ad essere.

E siccome poi le associazioni mentali vanno a ruota libera e il pensiero e la riflessione sull’identità portano lontano a me, leggendo Dora, è tornato subito alla mente il verso di Romeo e Giulietta “Quella che chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo”. Il papà di Dora forse non è un jazzista vero ma è ciò che vorrebbe e potrebbe essere, la mamma di Dora forse non è una cantante in tourneè ma è ciò che vorrebbe e potrebbe essere, e via così, per tutti. Per tutti tranne che per Dora che immagina la vita come un pianoforte e con un pianoforte sblocca la situazione; con un pianoforte capisce la verità, e con le melodie sperimentali, non sempre melodiche, del vecchietto vicino di casa grande pianista (ammesso che sia vero) costruisce la propria idea di famiglia ma anche di verità e… di musica.

Tutto ruota attorno al pianoforte ma non è lui il protagonista del racconto ed è questo che non ne fa un racconto posticcio per mediare una divulgazione, ma ne fa un vero racconto che i lettori possono amare a priori, senza sovrastrutture, con l’ingenuità che il lettore deve avere.

Farò finta in chiusura di non notare che il nome di Dora assomiglia molto alle prime due note musicali, giochi da burlone come a Corradini piace fare ed essere, o forse anche no.

Non è la prima volta che Matteo Corradini mette insieme scrittura e musica e non penso solo ai tanti belli spettacoli che porta in giro per l’Italia e che speriamo tornerà a portare in giro dopo questa maledetta pandemia; penso anche al bel romanzo che è Improvviso scherzo notturno edito da Rue Ballu, un espediente narrativo, di genere un po’ giallo un po’ noir, per raccontare la musica e la vita di Chopin prendendola in diagonale.

Ecco, la scrittura di Matteo Corradini sa che si può raccontare qualsiasi cosa, e credo nessuno come lui sappia davvero dato tutto il lavoro immenso sulla Shoah, purché si scelga una diagonale da cui approcciare la narrazione. Una breccia, una soglia, un qualcosa di inatteso che accende la curiosità del lettore e dell’ascoltatore perché non è cosa racconti ma è come lo racconti che fa la differenza, ma questo voi, teste fiorite che mi seguite da così lungo tempo con infinita pazienza, lo sapete già!

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