Di libri a figure e albi illustrati

Lettera aperta a Sergio Ruzzier sulla questione di lessico per definire i libri con le figure a seguito post che potete leggere qui.

Quando ho letto il post di Sergio Ruzzier e le sue perplessità rispetto all’uso del nome “albi illustrati”, o peggio ancora “album”, per definire i libri in cui testo e immagine narrano insieme, mi sono in parte ritrovata, in parte meno, ma la cosa importante, a prescindere da tutto, è che da quella riflessione ne sono derivate molte altre legate al lessico usato nell’ambito della cosiddetta letteratura per l’infanzia e l’adolescenza.

Ecco, dunque, partiamo dalla definizione del territorio e già inciampiamo in contraddizioni e riduzioni: parlare di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza vuol dire privilegiare un punto di vista ricezionista e sottintendere, dal punto di vista di chi studia letteratura, anche solo inconsciamente, una riduzione di valore, un abbassamento e degradazione di questa letteratura a letteratura minore, invisibile, come è stata chiamata. D’altra parte la definizione letteratura giovanile mi piace ancora meno poiché in italiano l’aggettivo giovanile porta con sé un significato non sempre positivo: non legato a chi è giovane ma a chi giovane non è più ma vuole sembrarlo. Insomma dire a un sessantenne che è giovanile non so se abbia lo stesso valore che dire di un testo di letteratura che è giovanile…

Dunque?

Tempo fa giocavo con le definizioni e proponevo quella di “letteratura prima“, in modo anche un po’ provocatorio.

Le definizioni inglesi, esattamente come nel caso di picture book, reggono meglio, e credo questo abbia diversi motivi tra i quali il fatto che, mi pare, nel mondo anglosassone la riflessione teorica intorno ai libri per bambini e ragazzi sia ben più matura e salda che da noi. Non ci sono elementi deteriori o degradanti nello scrivere o nello studiare libri che si rivolgono ad un pubblico di piccoli o giovani lettori.

Ma veniamo all’albo illustrato, termine che anche io uso spessissimo pur riconoscendone tutti i limiti, mentre non mi piace e non uso mai “album” che allo stesso tempo mi sembra sminuente e troppo forbito (lo so che le due cose si contraddicono ma questa è la sensazione che “album” mi dà).

Perché dunque lo uso?

Perché usare invece di albo illustrato libro con le figure implica un significato diverso: non è un libro che narra per testo e immagini bensì un libro con delle illustrazioni di semplice accompagnamento e decorazione. Quindi libro con le figure non ci sta, forse effettivamente libro A figure sarebbe di gran lunga preferibile e direi che lo userò da qui in poi al posto di albo illustrato.

E picture book?

Sicuramente rende molto meglio, la sintesi a cui tende l’inglese è davvero inarrivabile dal nostro italiano bellissimo in cui però sono spesso le preposizioni e gli aggettivi a complicare il tutto (Calvino diceva che gli aggettivi sono la peste del linguaggio, e aveva proprio ragione!). Esattamente come wordless book è molto più calzante di silent book (visto che non si tratta di libri silenziosi ma “solo” senza parole).

Dunque perché non usare picture book?

Beh, a parte che per quanto mi riguarda lo uso spesso nella definizione dei… libri A figure, credo ci sia una qualche ritrosia nell’uso di un termine di un’altra lingua, ritrosia più o meno giustificata, non entro nella questione e non giudico in nessun modo, e tuttavia mi pare di riscontrarla.

Noterò in chiusura, che il magnifico Stupido libro! di, appunto Sergio Ruzzier, che mi segue in ogni corso di formazione che conduco, aveva come titolo originale “This is not a picture book” il che, trattandosi invece esattamente di un picture book, aveva un super valore metanarrativo nonché ironico ecc. ecc. che il titolo italiano fa perdere….

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