L’uomo del Kamishibai

Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.

“L’uomo del Kamishibai”

Età: dai 4 anni
Pagine: 32
Formato Albo: 27,5×24,5cm
Formato Kamishibai: 30x42cm
Anno: 2019
Editore: Artebambini
Autore: Allen Say

Mmm…

…questo “libro in cartella” non ci sta molto nello zaino… e non è neanche “solo” un libro.

Ho approfittato delle vacanze di Natale per scrivere questo post principalmente per due motivi:
1) riposarmi un po’
2) mettere insieme tutti i tasselli e raccontarvi una lettura che è durata decisamente più del solito.

Oggi vi narrerò la lettura de “L’uomo del Kamishibai”.

Una lettura lunga un intero anno.

Ho letto questa storia per la prima volta, in classe, lo scorso anno, a gennaio.
Avevo preso l’albo in prestito, in biblioteca.

Quando lo lessi ricordo che era piaciuto molto ai miei alunni (che allora frequentavano la seconda).
Era seguito al periodo in cui avevano sperimentato il teatro dei burattini.

Immancabili i loro commenti…

“Maestra, il Kamishibai è un altro modo per leggere e raccontare le storie…”
“È una specie di teatro delle storie…”
“Potremmo provare a costruirne uno anche noi con gli scatoloni”
“Chiara… hai sentito che ha nominato la storia di Issun Boshi? È la stessa che avevi letto a noi, vero?!? Quella del bambino minuscolo…”

Tutto ciò avveniva prima del lockdown di primavera…

…che inevitabilmente scombinò un po’ i piani… ma io il Kamishibai non l’ho dimenticato.
Me ne innamorai la prima volta, quando lo vidi in esposizione alla “Bologna Children Book’s Fair” nel lontano 2017. Ma si sa, in fiera, a Bologna, colpisce tutto. Così, onde evitare la folgorazione temporanea, sono andata oltre.

Malgrado il passare degli anni il tarlo è rimasto.

A settembre ho frequentato il corso di formazione per Kamishibai, organizzato da Testefiorite in collaborazione con Artebambini e grazie ai racconti di Paola M. Ciarcià, co-fondatrice di Artebambini, ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze e iniziare a sperimentare sul campo.

Nel corso di quest’anno poi…

…ho compiuto quarant’anni e ho ricevuto un regalo che tanto desideravo: un Kamishibai tutto mio! Fatto costruire a un falegname da mio marito appositamente per me: una piccola valigia in legno, con tanto di manico in pelle.
Fatalità, poi, i miei Amici mi hanno regalato la versione per kamishibai de “L’uomo del Kamishibai”.
Due belle e inaspettate sorprese!

Veniamo dunque alla lettura vera e propria

Perché grazie alla lettura infatti potrete cogliere alcuni elementi indispensabili, elementi identificativi e buone prassi.

Non molto tempo fa in Giappone, in una piccola casa sulla collina,
vivevano un anziano signore e sua moglie.
Sebbene non avessero figli, si chiamavano
l’un l’altra “Jiichan” e “Baachan”.
Jiichan vuol dire nonno, Baachan significa nonna.
Un giorno, Baachan disse: “Jiichan è da tre giorni che non apri bocca.”
“Uhm, pensavo a quanto mi manchino
I miei giri in biciletta”, disse lui.
Baachan lo fissò. “Quanti anni sono passati?”, chiese.
“Eh sì. Abbastanza… ma le mie gambe sono ancora forti.
E la bicicletta va bene.”
“…Non so. Andare, per un giorno, non ti farà male.
Ti preparo un po’ di dolcetti?”
“Sarebbe molto carino da parte tua”, disse Jiichan.

Così il giorno successivo partì in direzione della città, ma la trovò molto cambiata, quasi irriconoscibile. Il centro pieno di traffico e grattacieli.

Dal primo cassetto tirò fuori due blocchi di legno
e, tenendoli in mano, cominciò a batterli.

L’uomo del Kamishibai

L’uomo del Kamishibai così radunava chiunque volesse prendere un dolcetto e ascoltare una storia. All’epoca tutti i giorni arrivava in città per raccontare le storie (il “Ragazzo Pesca”, “La principessa splendente del bambù”, “Il vecchio che fece fiorire i ciliegi”), poi però fu inventata la televisione e la gente la preferiva alle sue storie, così lui si ritirò.
Ora era tornato.
Ed era tornato anche il suo pubblico, ormai cresciuto che lo aveva riconosciuto.

Una storia nella storia. Una storia vera.

Cosa serve per questa lettura?

  1. Lo hyoshigi (strumento per richiamare l’attenzione dei bambini)
  2. Il biglietto per ascoltare la storia
  3. Dei dolcetti
  4. Un Kamishibai
  5. Una storia da narrare
Da qui ho iniziato a usare spesso il Kamishibai…

…per la lettura ad alta voce, nella didattica e come proposta laboratoriale per l’apprendimento attivo.

Geniale la durata della storia direttamente proporzionale alla durata del dolcetto, da succhiare e gustare. Elogio alla calma e all’apprezzare i piccoli gesti. Spesso, sembra che i bambini d’oggi non sappiano più stupirsi e non si accontentino con niente. D’altronde, sono abituati ad avere tutto e subito. Per fortuna l’educazione è uno spiraglio di speranza. Infatti, si può educare al senso di marcia inverso, ossia… la capacità di ringraziare, di stupirsi e godere del poco, come ad esempio una caramella…

In classe si è creata una bella atmosfera… il prepararsi i biglietti, il passare ad obliterarli con una piccola fustella a forma di stella…

Fantastico il passaggio dal rumore, al brusio, al silenzio, alla storia.

Ovviamente dal racconto ne sono scaturiti numerosi “potremo…”

Il “nostro” Kamishibai ha già ospitato due storie di classe “home made”: una in occasione della ricorrenza della Dichiarazione dei diritti dell’infanzia e una sui dinosauri in concomitanza con un approfondimento di storia.
Partendo dalla lettura dell’albo di Gek TessaroPrima c’erano i Dinosauri”, ciascun bambino ha preparato il proprio foglio A3 con tecnica del collage e testo in rima. Ne è scaturito un bell’albo:

“I dinosauri della 3^B”

Ciascun lavoro richiede molto tempo, per l’ideazione e la successiva realizzazione, ma a mio avviso è un buon metodo in quanto mescola in maniera equilibrata teoria e pratica. Un vero e proprio compito di realtà, laboratorio di scrittura e lettura. Riesce a valorizzare gli stili cognitivi di ciascun bambino, rispettando i suoi tempi. Un alunno vivace che a volte fatica a stare attento e a sentirsi adeguato ha trovato il suo ruolo: organizzare le illustrazioni, inserirle nel Kamishibai e scalarle di volta in volta. Io credo che quando un bambino sperimenta il proprio senso di autoefficacia oltre ad essere un’esperienza estremamente positiva per il bambino lo è anche per il gruppo classe.

Dobbiamo ancora lavorare un po’ sul meccanismo testo/illustrazione. Infatti i testi dovrebbero essere incollati in ordine inverso nel retro dei disegni, ma al momento vengono solo letti in corrispondenza corretta, però già che si sia arrivati a numerare i disegni seguendo l’ordine alfabetico, oltre che una buona attività interdisciplinare mi sembra un buon traguardo.

Alcune brevi riflessioni

Albo e illustrazioni per Kamishibai a confronto. A mio avviso funzionano molto meglio le singole illustrazioni del Kamishibai accompagnate dal testo orale. Nell’albo infatti seppur parole e immagini si completino a vicenda, l’affiancamento di due pagine un po’ confonde. Durante il racconto con il Kamishibai l’immagine di grande formato resta invece completamente a disposizione del lettore per più tempo. È come se gli fosse data la possibilità di fruirne utilizzando contemporaneamente i sensi ma per conoscere attraverso canali diversi: la vista e l’ascolto.

Paradossalmente si potrebbe capire la storia dalle sole illustrazioni tappandosi le orecchie, come anche ascoltando la storia tappandosi gli occhi e immaginando le scene, ma con udito e vista insieme l’esperienza è completa.
Anzi, a dirla tutta, l’esperienza diventa completa con l’aggiunta di un terzo senso: il gusto.

Ogni storia un dolcetto.

Direi che il Kamishibai è un’esperienza di senso nel significato più completo del termine, dal dare senso alle cose all’uso dei sensi per conoscerle.

Quest’albo mi piace perché riconduce all’essenziale e anche nella storia vengono rispettati i tempi di ciascuno per maturare (i bambini diventati adulti) e giungere alla conclusione, senza negare il progresso e il cambiamento, ma prendendone un’indispensabile consapevolezza.

Dai “potremo” dei miei alunni è venuto fuori anche l’idea di condividere questa esperienza con gli altri alunni della scuola, perché fare teatro, anche nel piccolo, è una preziosa occasione per conoscere meglio se stessi. Ascoltare storie fa bene all’attenzione e all’anima perché è un piccolo gesto di cura, un ritaglio di tempo da condividere.

Oggi tornerò a scuola, in classe e… rileggerò l’uomo del Kamishibai.

Forse qualcuno dirà “Ancoraaa…”
Sicuramento qualcuno dirà “Che bello che ce lo rileggi…”

Ripenso alla frase di Jiichan:

Al posto di tutti quei begli alberi ora è pieno di negozi e ristoranti. Chi ha bisogno di comprare così tante cose e di mangiare così tanti cibi diversi?

Anch’io me lo chiedo… e ripenso a questo periodo inaspettato dove a causa della pandemia Covid-19 molte cose sono cambiate.
Nella difficoltà del momento ci viene data l’opportunità di rivedere le priorità e di riflettere sul senso delle cose, del tempo, sull’importanza delle relazioni, sull’effettivo bisogno di beni materiali.
Queste festività fatte di restrizioni credo siano state l’esempio vivente della differenza che intercorre tra un bisogno percepito (beni materiali) e un bisogno reale (cura, amore, relazioni). Sarebbe da stupidi lasciare passare questo periodo senza cambiare qualcosa, senza migliorarsi almeno un po’. Credo sia un’occasione da non sprecare.

Sarà bizzarro offrire loro un dolcetto proprio il giorno dopo l’arrivo delle calze della befana eppure sono certa che questo dolcetto avrà un sapore diverso perché… sarà uno solo.

Bonus track: “I dinosauri della 3’B”

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