Il solitario di Rodriguez

Il solitario di Rodriguez di Alice Keller edito dalla nuovissima Risma edizioni, è un romanzo che non ti aspetti.

Io adoro i libri che non mi aspetto, che mi sorprendono, che mentre li leggi dici wow, questo autore ha osato, ha provato ha sperimentato, in forma e contenuto e mi ha sorpresa!

In questo caso si tratta di un’autrice, Alice Keller, che la sua bravura nella scrittura l’ha dimostrata diverse volte. Tuttavia mi pare che qui si tratti di un respiro narrativo e di una prova di scrittura diversa dal suo solito, intanto abbiamo a che fare con un romanzo corposo, per pagine e intreccio e poi abbiamo a che fare con qualcosa che sfiora e intreccia il fantastico al realistico (cosa che accade anche, ma in maniera estremamente diversa indirizzandosi anche a pubblici diversi in Caro signor F edito da Camelozampa).

Nina è una ragazza come moltissime altre sballottata da genitori separati che si dividono alla meno peggio, in base a necessità lavorative, le vacanze della figlia. A dire la verità non sembra che il padre di Nina la veda o la senta tanto spesso, Nina di lui ha ricordi di narrazioni prima di addormentarsi, aveva 4 anni, il ricordo è sfumato e decisamente più caldo della relazione reale col padre.

Per le vacanze di Natale Nina viene mandata dalla madre nel paesino di origine del padre, in mezzo ai colli toscani e lì Nina non ritroverà subito suo padre ma scoprirà che le strie del ricordo d’infanzia non erano “storie”, che è tutto vero, che esiste una immensa serra nel bosco e che c’è un personaggio strano e dei rumori strani che la abitano. Quanto tutto questo sia più che strano non ve lo dico, non svelerò mai cosa e come accade perché dovete restare a bocca aperta come me. Sappiate solo che c’è un colpo di scena che fa salire il romanzo 10 piani più su e che gli uccelli hanno una parte importantissima nella storia…

Invece vi svelerò il finale, quasi, perché in questo finale non si chiude niente e questa scelta è, credo, la migliore che l’autrice potesse fare. Come chiudere una storia come questa e soprattutto perché chiuderla?

Il finale aperto, quando è costruito a regola d’arte, permette al lettore di avere spazio per immaginare cosa accadrà dopo, non c’è catarsi ma se volete potrete immaginarla, non c’è soluzione, ma se volete potrete provare a cercarne una.

Umani e animali, presente e passato (praticamente niente futuro se non alla fine), reale e surreale mescolano i piani e le carte in gioco, a volte ci perdiamo alla ricerca della rotta ma la scrittura tiene bene il focus sulla protagonista che narra in prima persona e che seguiamo fiduciosi fino alla fine sperando che sia lei a condurci fuori dalla matassa che si fa sempre più intrigante.

Anche i “temi”, se proprio volete cercarli, si affastellano in questo romanzo, in primis, ma solo a voler restare alla superficie e perdendovi direi il meglio che il romanzo può dare, questa relazione padre-figlia che non si scioglie non si risolve. Che mette in scena senza edulcorare né fingere, la difficoltà di parlarsi, di guardarsi, di abbracciarsi dopo che è passato del tempo e nel tempo il silenzio. Una condizione dolorosa che moltissimi figli di genitori separati conoscono sin troppo bene. Nina però cresce e quei giorni che erano iniziati come un incubo finiranno con dispiacere perché a quell’età è vero che le situazioni e il modo di starci dentro si possono ribaltare in un battibaleno, basta una relazione che si allaccia, una curiosità che si libera, un scoperta che sorprende e il tempo perde ogni oggettività e diventa completamente soggettivo. Ve lo ricorderete anche voi quando da ragazze e ragazzi, molto ma molto più che da “grandi”, il tempo poteva essere lunghissimo o brevissimo per un nonnulla.

Forse è questa la cosa più riuscita del romanzo, la gestione del tempo e del ritmo che regge l’intreccio e che, grazie al colpo di scena, collassa verso il finale per velocizzarsi come è giusto che sia una volta che la tensione deve tornare a quote più normali.

Chiudo con la preghiera che si recita alla Locanda de Beccuto che mi ha colpita subito convincendomi una volta per tutte che non stavo leggendo quello che stavo pensando di leggere.

Per l’airone

il moriglione

il cormorano

per la cicogna

l’alzavola

il germano

per il beccaccino

il tarabuso

l’oca reale

per il gruccione

la ghiandaia

il solitaio

Caspita, ora, trascrivendola, mi accorgo che manca il picchio… non preoccupatevi lo ritroverete nel racconto, eccome se lo ritroverete!

p.s. l’edizione, parlo proprio della carta, della copertina ecc è davvero molto ma molto bella!

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