La mela di Magritte
Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.
“La mela di Magritte”
Età: da 5 anni
Pagine: 40
Formato: 23,7×30,2cm
Anno: 2017
Editore: Fatatrac
Autore: Klaas Verplancke
Il libro in cartella di oggi si intitola “La mela di Magritte”
Un bell’albo. Grande. Copertina rigida.
Sfondo azzurro, qualche nuvola, la scritta del titolo in bianco, color nuvola e poi, un piccolo cappello a bombetta, nero, sospeso sopra la “e” di mela e, sotto al titolo, una grande mela verde.
Poi sbuca una mano sinistra [la mano degli artisti] che impugna un pennello.
Seguendo il braccio si scopre nel retro di copertina che appartiene a un pittore, anch’esso sospeso, in equilibrio su una nuvoletta, come fosse una piccola piattaforma. Nella mano destra sorregge una tavoletta di legno con diverse tonalità di verde e degli altri pennelli. Sullo sfondo una finestra nel cielo che si apre su un muro di mattoni [curioso, di solito avviene il contrario] e nel muro un mattone mancante che dà spazio a uno spiraglio di… evasione.
Già dalla copertina ci si accosta in tutto e per tutto al tema del Surrealismo.
Già dalla copertina si entra nella dimensione del sogno.
Ma, per la fantasia di un bambino, in tutto ciò non c’è nulla di strano.
Due rapidissimi flashback a cui attinge la mia mente nel momento in cui penso a “Magritte”.
Quando si nomina l’autore, chi non pensa al suo famoso dipinto “Il figlio dell’uomo”?!?
Io, dal lockdown di marzo scorso, inevitabilmente penso al mio di figlio il quale, per una “challenge da lockdown” dovette personificare un’opera d’arte e lui scelse proprio quest’opera (in cui è protagonista la mela di Magritte):
“Bello! Ho una mela al posto della faccia…”
Il secondo dipinto che sicuramente viene in mente a tutti è “L’impero della luce”.
Era il 21 novembre 2019, festa della Madonna della Salute a Venezia e… non si va a scuola. Così, dopo la tradizionale visita alla Basilica votiva e all’immancabile ciambella fritta, assieme al mio amico Francesco e ai nostri rispettivi figli, abbiamo colto l’occasione per visitare la Guggenheim. Dinnanzi all’opera “L’impero della luce” ci siamo inevitabilmente soffermati.
“Che bello questo quadro…”
“Io l’ho già visto…”
“Cosa c’è di strano” – chiede Francesco…
I “grandi” di 9 e 11 anni cominciano a elencare vari particolari, ma la risposta giusta arriva da Mattia, il più piccolo, con i suoi 5 anni…
“La strada è scura come se fosse notte, ma in cielo c’è la luce”
Incredibile!
Nel quadro, infatti, non c’è nessun elemento fantastico se non la combinazione paradossale del giorno e della notte, questa è la fondamentale regola della realtà ribaltata da Renè Magritte. La luce del sole che di solito suscita tranquillità, in quest’opera, accostata in modo surreale al buio, genera un senso di inquietudine.
Veniamo ora alla lettura in classe
Lettura ad alta voce, ai miei alunni, classe terza, scuola primaria.
Prendo il libro…
“Maestra ce lo leggi?”
“Adesso?!?”
“Ma non dovevamo fare arte…?!?”
“Forse è un libro che parla di arte…”
René era un pittore,
ma René non riusciva a dipingere.
Sapeva come, ma non sapeva cosa.
Poiché non poteva dipingere,
René non riusciva a dormire.
La sua tela malgrado tutte le sue idee era sempre bianca perché non sapeva da dove iniziare.
Il libro racconta di un uomo chiamato Renè che vaga nel mondo dei suoi sogni, realizzando il proprio desiderio di diventare pittore, di mele, cappelli e melecappelli. Ispirandosi alle opere di Renè Magritte, permette con semplicità, ma altrettanta fedeltà, di accostarsi a questo artista e al movimento di cui si fa portavoce.
Commenti a caldo…
“Ma io questo pittore lo conosco, mia mamma ha il poster in studio…”
“I miei nonni hanno il quadro o una stampa di quello col buio e il lampione”
“Che strani disegni però per essere un pittore…”
“È vero, un po’ strani…”
“A me piacciono…”
“Sì, anche a me, ho solo detto strani… non brutti”
Le illustrazioni a vignetta rendono tangibile la difficoltà di René a esprimere le proprie idee.
Quante volte capita anche ai bambini o ai ragazzi di bloccarsi davanti a un foglio bianco?
“Non so cosa scrivere”
“Non so cosa disegnare”
In realtà tali affermazioni non rendono giustizia alla verità dei fatti.
Il più delle volte chi non sa cosa scrivere non significa non abbia idee, anzi. Semplicemente non sa da che parte cominciare. Nessuna idea sembra buona. Lo stesso vale per il disegno dove la rappresentazione grafica mentale è difficilmente realizzabile o almeno sembra tale.
Renè era un pittore, ma Renè non riusciva a dipingere. Sapeva come, ma non sapeva cosa.
Sapeva come, ma non sapeva cosa.
In classe con i miei alunni sperimento spesso l’esatto opposto.
Sanno cosa vorrebbero dipingere, ma non sanno come. Dall’astratto al concreto. Dal concreto all’astratto. Non è semplice per loro e spesso approdano a conclusioni sbagliate come “Non sono capace” o “Non mi viene in mente niente”.
È incredibile come ai bambini venga spontaneo, nel gioco simbolico, trasformare qualsiasi cosa in qualcos’altro. Un ritaglio di cartone diventa una pistola, un tubo di cartone diventa una spada, uno scatolone una nave… è il gioco del “far finta”, il gioco più creativo in assoluto.
Se però si propone la stessa identica attività come “compito” scoppia il finimondo, si genera panico. E il foglio resta bianco.
Viene facile staccarsi dalla realtà attraverso il gioco.
Altrettanto vero che, essendo ancora completamente immersi nello stadio che Piaget definiva operatorio-concreto, sono così legati alla realtà che faticano a immaginare l’astratto. Paradossale. Eppure tra le due forme ci può essere una forma di comunicazione capace di tradurle, anche se non immediata. Attraverso la scrittura o l’illustrazione. Attraverso l’arte.
A me piace l’arte perché è uno dei possibili modi di esprimersi.
Mi piace la capacità di stupirsi di fronte al bello.
All’universalmente bello.
Mi piace la possibilità di creare per esprimersi, il dare forma e colore alle proprie idee.
Ecco allora la proposta…
“Vi piacerebbe sperimentare l’arte come Magritte?”
“Sìììììì….” Coro diffuso…
Dall’ultimo banco una variante…
“Magari potremo provare usando le arance anziché le mele”
“E perché no?!?”
Si comincia con un primo lavoro di bozze e di progetti…
“Posso disegnare l’arancia aperta a metà? Le due metà sembrano ruote”
“Per me è un sole al tramonto”
“Per me una palla da basket”
“Per me la Terra primordiale quando era ancora materia incandescente…”
“Potrebbe essere un orologio?
“Anche un ombrello… un aranciombrello…”
“O un pesce… un pescearancia”
“O un pupazzo d’anarancianeve…”
Dalla teoria alla pratica
La proposta diviene sensoriale e multidisciplinare, inserendosi tra il testo descrittivo (in italiano e poi anche in inglese) e il surrealismo (in arte). La capacità di osservazione della realtà è il punto di partenza, per poi fare un tentativo di astrazione e immaginare cose altre che vadano oltre la realtà.
Tutto parte dall’osservazione della realtà. Un’attenta osservazione avviene tramite i cinque sensi.
Un viaggio sensoriale, partendo dal concreto, dal reale per poi astrarre e approdare forse al surreale.
Per cominciare una bella arancia grande, arancione, con le foglie da guardare attentamente, toccare, annusare.
Poi una spremuta per assaggiare, solleticare il gusto e l’olfatto, ricordi, idee, pensieri ad essa connessi.
Infine la produzione vera e propria, il racconto attraverso le parole e le immagini e la possibilità di trasformare una semplice arancia in qualcos’altro che mantenga la forma, ma non il colore, che mantenga il colore, ma non la forma o addirittura che suggerisca possibili altre relazioni o interpretazioni.
È stato un esercizio divertente, una sperimentazione artistica interessante, reale, a tratti surreale!
La mela di Magritte
Magritte combinava il mondo reale con quello della fantasia, sfidando gli osservatori a indovinare il significato dei suoi dipinti: “Tutto quello che vediamo – diceva – nasconde qualcos’altro”.
Il movimento Surrealista è nato dopo la Prima Guerra Mondiale, in un periodo in cui tutto sembrava non seguire la logica. Anche noi in questo periodo dominato dal Covid 19 facciamo un po’ fatica a trovare una logica. Forse non ci deve per forza essere, ma lo sforzo di sperimentare l’arte sì perché essa può fornire strumenti utili ad interpretare la realtà o a superarla anche quando una logica non sembra esserci.
La mela di Magritte