The lost witch. L’evocatrice di mondi

Ci sono gli autori bravi (altrimenti non li chiamerei nemmeno autori)

e poi ci sono i fuoriclasse, i geni assoluti, i “meno male che esistono loro”.

Melvin Burgess è uno di questi pochissimissimi, roba da contarli sulle dita di forse una sola mano, a quei livelli.

The lost witch è, credo l’ultimo almeno edito in Italia, se non vado errata con le date, romanzo di Burgess, edito, come il meraviglioso Grido del lupo da Equilibri.

Un romanzo diviso in tre parti in cui, forse per definizione e per testarda e caparbia scelta dell’autore, non accade mai, ma proprio mai, quello che ti aspetteresti. Se dalla prima parte “Un altro mondo” arrivi a metà libro, credo potremmo proprio contare le pagine, convinta che la narrazione stia prendendo una piega, devo dire restandoci anche un pochino sorpresa perchè quella piega non è proprio una piega alla Burgess, va verso il già visto, il realistico, il “saggio”, il posato; quando si entra nella seconda parte “La casa verde” la sterzata che il racconto prende è pari a quella di un testacoda. La terza parte poi, “L’assassina” lascia di stucco e conduce il gioco verso una fine rapidissima.

La storia di Bea, tredicenne (all’inizio della narrazione) che si scopre strega evocatrice (con un potere che non si vedeva da secoli), è la storia di chi scopre che il suo mondo, quello che ha creduto essere IL mondo reale, non è che apparenza, gli occhi da strega le svelano spiriti vitali in ogni angolo di esistente e forze magiche, anche molto maligne, pronte ad appropriarsi degli spiriti anche umani lasciando in vita solo golem di carne governati da spiriti di rane, topi, cani… Tutto si ribalta, il magico, l’irrazionale, il selvaggio, persino il ferino irrompono in una narrazione che ha dell’incredibile per ciò che accade, certo, ma soprattutto per come si evolve sotto le mani dello scrittore. Pura creta che man mano che prende forma muta e diventa sempre più bella.

Bea verrà molte volte ingannata dalla più potente delle streghe, Lok, passato dalla parte dei Cacciatori di streghe per diventare più potente e fingendosi amico, demiurgo, persino amante per molto tempo, il tempo di fare di Bea una vera strega in grado di controllare ed usare i propri poteri, ma anche una vera assassina…. E’ così, con la scoperta dell’inganno (e di moltissime altre cose) che si apre la terza e ultima parte del romanzo che di fatto ne occupa circa un quarto, quella intitolata, appunto, “L’assassina”. Bea torna alle streghe, subisce un processo, viene condannata e cerca di porre rimedio ai danni involontariamente fatti. Accanto avrà solo una ragazzina il cui potere sembra più inutile che raro (e che poi si scoprirà che così non è affatto), una strega vecchissima, Odi, che vive in tutti i mondi possibili contemporaneamente, un padre in piena depressione che si sforza di fare il padre, non proprio con grandissimo successo e…. Lok arrivato sotto mentite spoglie per distruggerla e incastrarla ancora una volta.

Inutile entrare nei meandri di un intreccio complesso e, letteralmente, magico, inutile anche provare a riportare alcune descrizioni o passaggi fulminanti, il libro va letto e nessuna parola sarebbe sufficiente ad evocarne nemmeno lontanamente la potenza.

Però qualcosa ancora sulla struttura vale la pena notarla, innanzitutto il ritmo narrativo che dopo un crescendo perfettamente calibrato di cambi di rotta e ritorni porta a chiusura e conclusione di tutto questo caos di fili, con una perfezione che lascia a bocca aperta in, letteralmente, 1 pagina, ancora meno, 4 ultime righe a cui non serve aggiungere altro.

E poi i livelli di interpretazione metaforica del testo che, anche solo a volersi sforzare poco, travolgono letteralmente l’adolescenza, i suoi dubbi, le sue rotture con il mondo noto ed esterno e familiare, la ridefinizione di identità, spazi, tempi….

Mentre la narrazione mi tratteneva a sé senza mollarmi, nemmeno nei sogni, quando non incubi, per molti giorni, mi sono domandata per chi fosse un libro del genere.

Questo libro è per un lettore che vuole o ha bisogno di essere scosso, di provare emozioni e tensioni e paure e ansie tangibili, reali pur restando nel mondo del soprannaturale, del magico, del, per definizione, irreale. Perché questo i romanzi sanno fare: fare irrompere l’irrazionale nel reale e viceversa, farci attraversare mondi altri che, li crediamo veri o meno, parlano sempre di noi e di ciò che ci sta attorno.

E se pensate che si possa chiudere The lost witch nella finizione di un genere, magari il fantasy o il fantastico, sappiate che qualsiasi definizione non gli andrà perchè, proprio come Lok, lo spirito mutevole, tanto mutevole da esser passato da strega a cacciatore di streghe (le streghe in questa narrazione sono “i buoni” per intenderci), l’identità di questo romanzo vi sfuggirà dalle mani in ogni momento.

D’altra parte, sono fortemente persuasa, parere e interpretazione puramente personali, che la Lost Witch del titolo non sia affatto la protagonista, o presunta tale, Bea, ma Lok! E’ lui che si perde e si è perso e che nulla potrà ritrovare!

Bea invece scopre piano piano, con dolore, chi è ed è una discover, fouded, witch, insomma Bea è tutto tranne che lost, a meno di non considerare la sua confusione mentale nel turbinio che la travolge tra i 13 e 15 anni, e l’età non passi inosservata.

Care teste fiorite, qui vi lascio e non posso che dirvi: leggete Burgess, portatelo a scuola, fatelo conoscere perchè a questi livelli ci si arriva davvero di rado!

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