Bello è buono

ovvero il brutto è cattivo

Care teste fiorite,

a questo punto non mi resta che dirvelo apertamente: questo è un post-icino teorico dedicato a come viene presentata la poesia per bambini nei sussidiari di scuola.

Sono tornata qualche volta già sulla questione delle delle antologie scolastiche e mi perdonerete se ci ritorno in questo contesto specifico legato a due ambiti precisi: come viene presentata e “usata” la poesia e quale spazio e valore diamo alla cura estetica nei libri di scuola.

Premessa doverosa: passi avanti sono stati fatti non solo nella selezione ma anche sotto altri aspetti tuttavia la maggioranza del mercato scolastico ha ancora moltissimo su cui lavorare, volendo farlo.

Pronti, avvisati, consapevoli, via!

Antologia, nel suo senso originale, è una raccolta di fiori ed in effetti il termine veniva usato dagli antichi per indicare quelle raccolte poetiche miste in cui si mettevano insieme ciò che erano considerati i “fiori” le parti migliori, della produzione poetica di riferimento. Chissà cosa e quanto è rimasto di questo concetto nei nostri libri di antologia scolastica dove i testi spesso vengono impunemente mutilati e direi seviziati da esercizi correlati di pura applicazione nozionistica.

Nel caso della poesia fortunatamente la mutilazione non è un rischio reale ma accade qualcosa di interessante da notare vi racconto così come mi è capitato di veder accadere in diversi sussidiari (le foto seguenti sono di uno specifico ma tanti altri se ne potrebbero prendere ad esempio in tal senso): da un lato l’apparato di esercizi che legano la poesia alla didattica in maniera didascalica che nulla ha di creativo ed immaginifico e con il senso reale della poesia; dall’altro l’apparato grafico e iconografico che accompagna i testi.

Entriamo nel primo ambito: gli esercizi proposti sono di tale natura mortificano non solo la poesia, che per fortuna non può lamentarsi a viva voce, ma soprattutto il lettore che tenderà a vedere la lettura dei testi come un compito, se tutto va bene… Aggiungo, a margine ma non tanto, che, ad esempio nel bellissimo Fare poesia di Chiara Carminati di “esercizi” e giochi linguistici per allenare la mente alla nascita della parola nel suo farsi suono e senso ce ne sono tanti e ci si può attingere a piene mani restando in un contesto di creatività, bellezza e, letteralmente, poesia.

Sotto gli esercizi trovo questo riquadro dal titolo francamente curioso “i miei gusti di lettura” e la domanda “miei di chi?” io me la sono posta … comunque va tutto bene, ci sono i riferimenti agli autori così da poter approfondire…e a fianco compare un qrcode di approfondimento e allora non resisto, lo inquadro e…

Eccomi atterrata in un video in cui con uno sfondo siderale ed una voce femminile cordiale e robotica che potrebbe essere quella di Alexa mi viene spiegato gentilmente che la poesia è un genere che serve a emozionare, comunicare, insegnare e, dulcis in fundo, persino divertire…

Ma allora, gli altri testi, di natura non poetica non fanno la stessa cosa?

Tranquilli, procedendo nel video la simil Alexa robotica vi renderà edotti con delle spiegazioni tecniche sulle specificità della poesia capaci di annichilire il più ben disposto lettore.

Ma arriviamo al secondo punto: l’accompagnamento grafico-iconografico e torniamo al titolo di questo post: se il bello è buono, e questi libri di bello estetico davvero hanno davvero poco, il brutto è cattivo?

Secondo me, e mi assumo in toto la responsabilità di ciò che scrivo, come sempre, sì.

Ma perché i bambini e i ragazzi non hanno diritto ad una estetica elevata? Ad un lavoro sulla componente visiva eticamente fondante? L’occhio va educato, il senso del bello si costruisce, e in questa costruzione credo risieda non solo uno dei compiti dell’educare ma anche uno dei doveri sociali.

Credo siano ormai innumerevoli gli studi riguardo quanto e come influisca sotto ogni aspetto la qualità del bello in cui si abita, del bello che si guarda, del bello che si gode persino facendo scuola, perché a scuola si può godere!

Perché la scuola non può essere bella e i libri devono essere brutti?

Una mamma mi domanda, con sintesi perfetta:

Ma la ricerca del bello dove rimane? Se non permettiamo ai bambini di sgranare gli occhi, di riempirli di meraviglia, se non gli diamo l ‘opportunità di guardare oltre, di domandarsi di perdersi di rimuginare in silenzio su ciò che vedono o leggono, come possiamo pretendere che in loro nasca la passione per quello che fanno?

Allora ci sono due aspetti che ruotano attorno a questi argomenti e sono uno relativo alla percezione del bello ed alla percezione del brutto: ovvero, ma le case editrici lo sanno che l’apparato iconografico è esteticamente indegno nella stragrande maggioranza dei casi?

Non ho dati alla mano né risposte certe ma mi viene da pensare che se così non fosse si tratterebbe, da parte di queste case editrici che per altro macinano un mercato non indifferente lavorando con la scolastica, di una ingenuità persino colpevole.

Come dice il topo Federico di Lionni “Ognuno in fondo fa il proprio lavoro” e questo lavoro deve essere fatto ad arte e questo così com’è non lo è proprio. E, ancor di più, se l’ispirazione, come dice la Szymborska sta nella passione per il proprio lavoro e la cura per le persone verso cui lo si rivolge, e quindi può riguardare in pari modo l’imbianchino che imbianca le pareti così come l’autista di autobus esattamente come il poeta che scrive versi, perché lo stesso non può valere per chi fa i libri scolastici?

Dov’è l’ispirazione e, se non volete arrivare a tanto va bene, abbasso (si fa per dire) dov’è l’etica di un lavoro che per altro si rivolge ai bambini? Dov’è l’esempio di quel bello e buono che muove la cultura occidentale da millenni e a cui sembra che i cuccioli d’uomo sui banchi di scuola non abbiano diritto?

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