Winnie the Pooh. Quando eravamo davvero giovani
Bisognerebbe scrivere, forse qualcuno l’ha fatto, verificherò, un elogio dell’ignoranza per ringraziarla delle nuove scoperte, della spinta a conoscere.
Ringrazio dunque la mia ignoranza per essere finalmente arrivata ad incontrare questo librone: Winnie the Pooh. Quando eravamo davvero giovani una racconta di poesie di A. A. Milne accompagnate dalle illustrazioni di Shepard, edita in Italia da Electa Kids , con protagonista Christopher Robin nel suo mondo “reale” ed in cui, verso la fine, compare anche un orso, che qui ancora un nome non ha, che impareremo a conoscere molto bene….
L’edizione è grande, proprio fisicamente, e preziosa, con la copertina cartonata e tutti i crismi per diventare un libro della memoria per chi avrà la fortuna di vederlo girare per casa nella sua infanzia.
La prima cosa che colpisce aprendo il libro, e che di solito non si legge ad alta voce al nostro picco lettore ma che credo meriterebbe essere letto, specie questa volta, è la dedica con cui l’autore, papà per altro del protagonista, offre (come si soleva fare proprio con poemi e raccolte poetiche in epoche lontane ai gran signori committenti) a Christopher Robin, o come preferisce farsi chiamare lui Billy Moon, questo libro con UMILTÀ.

Ecco, a volte, anzi sempre, dovremmo rivolgerci ai bambini (e io credo anche agli altri membri del genere umano e forse non solo) con umiltà, quel sentimento che ci ricorda e quasi ci garantisce di non essere superiori, a priori, a nessuno anche se si è dei grandi di fronte a dei “piccoli”.

Ma andiamo avanti e scopriamo questo libro che ha preceduto il famigeratissimo Winnie the Pooh e che l’ha forse offuscato o fatto passare in secondo piano al grande pubblico. È in questa raccolta di avventure quotidiane in versi che per la prima volta compare l’orso che diventerà paladino del romanzo successivo e poi di tutto l’indotto di mercato derivato. Non si chiama ancora Winnie ma è proprio lui; ed è proprio a lui, orso basso e panciuto che non si vergogna di comparire nemmeno davanti al re, che è dedicato, verso la fine della raccolta, non una poesia ma un vero e proprio racconto.

Ma veniamo al resto della raccolta che colpisce da un lato per la varietà di forme verificate e di occasioni scatenanti, dall’altro invece per una omogeneità di tono di voce e punto di vista. Christopher Robin esce sempre vincitore nel confronto con il mondo adulto, Milne gli dà voce interpretando il punto di vista bambino e creando poesie e narrazioni fin quasi al disdicevole e sul limite del nonsense perfettamente in sintonia con il bambino, non come il bambino è visto, e voluto, dall’adulto (e siamo nel 1924…).
Christopher Robin, cerca il gioco in ogni occasione, una bella poesia è anche decata a quel gioco di camminare dentro le righe delle pietre dei marciapiedi che ogni bambino di sempre conosce, esprime la propria perplessità e insofferenza verso le attese adulte, la poesia “Buona educazione” è solo uno dei tanti esempi in tal senso.

E sempre sempre sempre non omette la ricerca e la necessità di indipendenza del protagonista bambino. Una indipendenza che è fisica, ma soprattutto immaginifica e rivendicatrice di una parità di relazione.
Non mi è mai, mai, mai, piaciuto il loro: “Attento, caro!)
Non ho mai, mai, mai voluto il loro:” Tienimi la mano “.
Non no mai, mai, mai ascoltato il loro:” Scendi, caro! “
No. Sono cose belle da dire. Ma non capiscono, è strano.

La dicotomia è chiara, io/noi-loro dove “loro” sono “i grandi”. Milne è un grande che ricorda e ritrova nell’osservazione, la sensazione di quando si è “piccoli” e, fatti salvi i riferimenti che fanno sentire forse una datazione della raccolta, penso alla poesia finale sulle preghiere serali, e poco altro, questo volume ha davvero la statura del classico: della letteratura, della poesia in questo caso per lo più, capace di incontrare il proprio pubblico in epoche diverse.
Potremmo fermarci a lungo sulle poesie di Milne ed anche sull’uso del metro che ne fanno, ma non è questa la sede, chiudo però esprimendo un desiderio: quello di vedere qualcuna di queste poesie girare per le scuole a sostegno del punto di vista dei piccoli tenuti in considerazione con umiltà e parità senza cedere alla troppo facile equazione grande = migliore che insegna piccolo = inferiore che impara.
Tra 3 anni sarà passato un secolo dalla pubblicazione di queste poesie, qualche passetto in quella direzione siamo ancora in tempo per farlo!