Harold nello spazio

In principio Harold trovò una matita viola, poi scoprì che grazie ad essa poteva non solo andarsene in giro per le pagine del mondo, ma anche entrare nelle fiabe; adesso, Harold, con la sua matita viola parte per lo spazio…

Harold nello spazio di Crocket Johnson edito da Camelozampa.

Quando Harold arriva a casa, ovvero tra le mani del lettore, ci si può rilassare grazie alla certezza di avere tra le mani al tempo stesso un gran libro e qualcosa che già conosciamo, come un amico che non tradisce. Questo fanno i grandi libri e questo fanno i grandi personaggi seriali e Harold, a suo modo, in maniera del tutto originale, lo è. Harold nello spazio è il terzo albo con questo protagonista (il primo era stato Harold e la matita viola e La fiaba di Harold) ed altri ancora speriamo arrivino in Italia grazie a Camelozampa.

Questa volta Harold non fa i conti con la realtà del suo tempo quotidiano, né con il tempo delle storie, bensì con lo spazio tempo dello spazio interstellare. Ci porta letteralmente tra le stelle e proviamo a seguirlo.

L’incipit è il seguente, ho fotografato solo la tavola di destra, l’unica disegnata, ed ho sbagliato, perché qui c’è la prima differenza significativa, metanarrativa, tra questo e i libri precedenti: mentre gli altri 2 libri si aprivano con una doppia tavola con Harold in quella di destra e i segni della matita che attraversano liberamente le due tavole unite, qui la tavola di sinistra è tutta nera e quella di sinistra vede Harold che disegna una luna.

Ecco: in questo libro al bianco dominante, che così tanto ha dato da pensare a critici e creatori rispetto al lavoro di Johnson, si accosta il nero: quando Harold va in orbita sopraggiunge il buio e le pagine, sempre e solo dominate dal bambino e dai segni della matita viola, non sono più interamente bianche bensì interamente nere.

Ma Harold non disegna una luna con l’intenzione di andare sulla luna, non sempre si sa dapprima che strada la nostra vita prenderà, no, Harold disegna una luna per esser sicuro di vedere al buio mentre cerca un bicchier d’acqua solo che, a ben vedere, al chiaro di luna non si vede granché ed Harold pensa di trovarsi in mezzo ad un deserto vuoto….Vuoto fino a quando non arriva la matita viola, naturalmente, ed ecco che dal deserto invece del nulla prende il via la narrazione, innanzitutto un’oasi per bere perché le necessità materiali impellenti vengono sempre prima, e poi un pensiero che mi ha colpito moltissimo: la cronaca entra nella immaginazione di Harold: “gli venne in mente che il governo si divertiva un sacco nel deserto. Lanciava i razzi”.

Questo libro è del 1957….

Eccola lì l’idea, e non è un’idea “originale” di Harold ma a ben pensarci nessuno ha idee originali davvero. Disegnare un razzo e lanciarsi sulla luna salvo poi sbagliar qualcosa e finire, come vede scritto sul cartello del luogo dove atterra, su Marte, là dove nemmeno oggi, nessuno è ancora mai arrivato.

A ben guardare lo spaesamento (sempre momentaneo) di Harold e le leggi della fisica che governano i suoi movimenti in questo libro, non sono dissimili da quelli degli altri 2 libri dei viaggi del bambino con la matita viola perché la logica che governa non è quella del luogo dove si finisce ma quella di ciò che Harold sa del posto dove via via finisce grazie al suo disegno. Ovvero è sempre il pensiero di Harold che governa producendo e attraversando tra le pagine non la realtà di ciò che sta narrando ma la realtà per come è nella sua mente.

La logica di Harold, e di conseguenza quella dei libri a lui dedicati, è ferrea, sa modularsi me non si tradisce mai, sa contraddirsi ma anche nella contraddizione resta fedele a se stessa ed al proprio punto di vista. Una logica binaria, c’è o non c’è, che corrisponde esattamente alla logica binaria del bianco o nero. Nessuna sfumatura né di colore né di interpretazione è data nella mente di Harold e tra le pagine. Come siamo passati dal nero assoluto al bianco della pagina appena aperto il libro, così torniamo dal nero al bianco quando Harold si accorge che il tempo è trascorso e che dunque il sole deve sorgere, in perfetto orario.

Siamo nello spazio cosmico con questo Harold, ma siamo anche nello spazio del libro e lo spazio del libro, con il suo voltar pagina e con il camminare incessante di Harold vuol dire essere anche nel tempo, nel tempo della storia ed anche in quello reale della scrittura. Questo è un aspetto che resta e si conferma dominante nei libri di Harold dove forse non sembra immediatamente ma la componente metanarrativa gioca un ruolo fondamentale a favore del racconto.

Io vi lascio qui e continuo da sola le mie elucubrazioni sullo spazio e sul tempo ma spero che voi andrete in orbita con Harold quanto prima.

Buon viaggio!

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