La capra canta
La capra canta di Giusi Quarenghi e Lucio Schiavon edito da Topipittori nella collana “Parola magica”, un libro che aspettavo da mesi e che finalmente ho, con tutti i suoi colori fisici e metafisici, tra le mani!
77, no dico, 77 sono le poesie di questa raccolta che si divide in due parti: “La capra sopra e sotto la panca” e
“La capra canta e bene campa anche senza una panca”.
Ecco, potrebbe bastare questa suddivisione, questo gioco palinodico con il popolarissimo scioglilingua per sapere esattamente cosa c’è, anzi che cosa è, questa raccolta di poesie. La capra, sopra o sotto la panca, o persino senza la panca, e giocate voi a immaginare di quante cose la panca può essere correlativo oggettivo, vive e se la canta, a volte vive meglio, altre peggio ma mai mai mai muore.
I colori del libro, i colori delle poesie di Giusi Quarenghi, intendo, sono netti ed estremamente variabili, ci sono toni tormentosi e bui, ci sono toni gioiosi e allegri, ci sono toni dubitosi, toni di relazioni familiari ed affettive variabili e stabili allo stesso tempo. I colori sono netti, e se state aspettando che dica la parola emotivi legata ai colori non ve la darò vinta, perché nette sono le visioni e i vissuti dei bambini e delle bambine, ma è la realtà ad avere sfumature indefinibili, ad esempio ed in primis, quelle tra bene e male. Al primo aspetto e al secondo insieme danno suono (e senso), nella forma del verso libero, le 77 poesie della raccolta.
Avevo paura quando avevo paura
della crosta sulla bocca
e dei quindici uomini sulla barca
del morto con la bottiglia di rum.
Avevo paura quando avevo paura
della macchia nera e del diavolo
che mi aspettava rosso
nell’angolo buio per portarmi su
e farmi cadere giù. Avevo paura
delle voci arrabbiate
delle scale di notte e che
non mi volevano bene. Così paura
avevo che certe volte era vero
nessuno mi amava. Io morivo e gridavo
sono morta sono morta sono morta.
E perché gridi allora?
Avevo ragione
nessuno mi amava
quella volta lì.
Lo vedete come questa poesia che racconta di un cadere verso il buio, è tutta fatta di enjambement ovvero di quella figura retorica della poesia che fa letteralmente cadere il verso giù a quello successivo?
La sentite l’angoscia che cresce e la certezza inamovibile che viene sfumata dall’ultimo verso, relativizzando, ma che non viene mai negata? Mi sembra qui di sentire il suono e il senso ma soprattutto il piglio di alcuni Salmi per voci piccole quel senso del tempo e della parola che Giusi racconta da par suo in relazione a questa raccolta in un post dal blog dei tipipittori che non potete assolutamente non leggere
Ma La capra canta si apre e si puntella con poesie di assoluta esplosione di gioia e vitalità che senza soluzione di continuità si alterna agli altri toni, alle altre situazioni magari più dolorose o spaventose. Anzi, correggo, non è vero che non c’è una soluzione di continuità perché si sente uno scarto tra la prima e la seconda parte della raccolta e vi invito ad aguzzare l’orecchio e a sentirlo, questo cambiamento, questo piccolo scalino che ci conferma che, sebbene la poesia possa essere letta senza continuità, a spizzichi, una ogni tanto saltando a piacimento, quando si costruisce una raccolta una volontà di senso nella costruzione c’è sempre.
Radice, che segue nell’immagine, è forse la mia poesia preferita e condensa, secondo me, quanto ho provato a dirvi finora di questa capra che canta e vive alla facciaccia della panca.
Ma veniamo al gioco compensativo, anzi interpretativo delle illustrazioni di Lucio Schiavon. Dare forma di figura alla poesia non è cosa né semplice né da tutti, non semplice quindi non da tutti, raramente, a parte anche una possibile accuratezza e bellezza delle illustrazioni, le illustrazioni si amalgamano e compensano con i testi. Qui, secondo me, accade, innanzitutto nelle scelte cromatiche forti, nette, direi luminose che portano luce anche nel buio perché il buio lo insegna la luce e il nero lo insegnano i colori, prendendomi la libertà di calcare la Dickinson quando dice che l’acqua la insegna la sete… Ma anche in questa capacità di interpretare e dilatare il senso del suono delle parole oltre i centimetri della pagina, come scrive Giusi Quarenghi nell’articolo citato.
Mi è piaciuto anche ritrovare alcuni temi, iconografici e narrativi, di Lucio Schiavon, tra queste poesie, un modo bello per sentire la sua voce insieme a quella dell’autrice a cui stava dando una amplificazione di voce. Accade, per esempio, esplicitamente e spiccatamente, secondo me, quando incontriamo le skatista tra i taxi (di New York), una passione, quella per i taxi (di New York) che Lucio Schiavon ha già raccontato in Come diventare tassista a New York e guadagnare 300 dollari al giorno, peccato che l’edizione non rendesse merito, come invece fa questa de La capra canta ai colori e illustrazioni bellissimi di Schiavon.
In altri casi il gioco narrativo di rimando tra figura e testo è esplicito come in “Cade, cade cade tanto” che vedete qui di seguito in cui è la tavola bianca con il piccolo scalatore nell’angolo in basso a destra a chiudere, letteralmente, la poesia.
E se programmaticità c’è sempre nell’architettura di una raccolta poetica, insieme all’incipit è l’explicit ad essere significativo sopra tutto per lasciarci con un qualcosa che ci accompagni oltre il libro, chiusa la copertina. Una poesia che è un inno non alle bambine e ai bambini di tutte le età, patrimoni dell’umanità, bensì al loro coraggio nello stare e resistere al mondo. Ed è un inno scritto dall’interno, da chi a questo popolo bambino sente di appartenere, ancora, non è un “siete voi il patrimonio dell’umanità” ma un “siamo noi”!
E allora con questa chiusa potente vi lascio anche io, per oggi, vi invito tanto, vi spingo proprio, senza pudore, ad avere La capra canta nella vostra biblioteca personale o scolastica, ancora meglio.
Bambine e bambini di tutte le età
siamo noi il patrimonio dell’umanità
bambine e bambini di tutti i pianeti
con molte domande e molti segreti
bambine e bambini nella rosa dei venti
che attraversano muri boschi e spaventi
bambine e bambini appena nati
che ancora non sanno dove sono capitati
bambine e bambini che guardano il mondo
e vedono spigoli anche se è tondo
bambine e bambini che stanno nel mucchio
fratelli e sorelle di un certo pinocchio