Crack un anno in crisi!

Io: Questa settimana sarebbe dovuta iniziare diversamente, il mio programma di letture era già stabilito e poi… e poi ieri notte alle 12.30 ho finito Crack un anno in crisi di Marie Aude Murail edito da Giunti e non ho potuto fare a meno di rivedere il mio piano editoriale… (perché ho un piano editoriale? consiglio: seguire la playlist le fatiche della blogger e lo scoprirete se siete curiosi 🙂

Voi: Ma davvero finisci di leggere un libro e 5 ore dopo (di presunto sonno) ne scrivi?

Io: No, di solito no, lascio sedimentare, penso, ripenso, elaboro e poi decido.

Voi: E allora perché questa volta non l’hai fatto?

Io: Perché si tratta della Murail ed è un’autrice che non solo adoro, conosco bene e la cui analisi di lettura sta proprio ma proprio nelle mie corde, quindi eccomi qui a scrivere un post che è un pezzo di metalessi puro…

Voi: Metalessi? Ma come parli stamattina?

Io: scusate ho dormito poco pensando alle cose da raccontarvi, per la metalessi andate al video di venerdì di questa settimana – quindi se leggete questo post sapete anche in anticipo di cosa parleremo nel video di venerdì, più metalessi di così 🙂

Voi: insomma, finiscila con le tue pippe teoriche e dicci di Crack, un anno in crisi!

Io: Here we go!

Ci sono Charline, la figlia, che preferisce farsi chiamare Charlie (amante di manga con protagonisti androgini), Sebastien, il figlio piccolo che subisce in silenzio o quasi e cerca disperatamente di farsi un amico a scuola, Nadine, la moglie, molti dipendenti dell’azienda (uno più interessante dell’altro come tratti umani) e poi c’è lui, il salvatore del mondo, come viene definito sin dal titolo del primo capitolo: Marc Doinel.

Crack è un romanzo sulle fratture della vita, su quello che Marc Doinel arriverà a definire il cimitero degli elefanti, un romanzo in cui quello che sembra andare in pezzi è più o meno tutto, a partire dalle individualità e dalla loro aggregazione in componenti sociali, la famiglia, l’azienda che con il concetto di famiglia, almeno per Marc Doinel, ha molto a che fare.

Come spesso accade con la Murail assistiamo ad un addensarsi di nuvole in vista di un poderoso temporale, qui tuttavia il ritmo è meno sostenuto che altrove e le linee appaiono abbastanza ben delineate sin dall’inizio: l’intreccio e la crisi si sviluppano e travolgono, lasciano a terra, letteralmente, un dipendente suicida, un dipendente psichiatrico, un’idea di vita, un’idea di insegnamento, un’incertezza di genere ma passando al tempo stesso compattano la famiglia e i suoi componenti che dalla tempestano sembrano uscirne rinsaldati.

Come? Tutto merito di una Yurta, sì proprio una yurta mongola, di cui tutti i membri della famiglia leggono su una rivista presente in casa ed a cui ciascuno di essi affibbia il proprio sogno di evasione. Evasione da se stessi in primis e poi, perché no, dalla vita che ci si è costruiti e che forse è meglio che in qualche modo cambi. La yurta torna in continuazione e sembra avere un significato laterale ed invece diventa correlativo oggettivo al tempo stesso del cambiamento e del desiderio di cambiamento ed il fatto che tutti i membri della famiglia Doinel lo riconoscano, inconsapevolmente l’uno dall’altro, come tale, ce lo dimostra.

Il punto di forza del romanzo sta nella costruzione dei personaggi tutto di una complessità e psicologica impressionante estremamente definita dai tratteggi per aggettivi in cui la Murail, con la sua sempre perfetta focalizzazione zero onnisciente è maestra indiscussa.

Doinel, Marc, il padre di famiglia, il direttore d’azienda, il salvatore del mondo, è il centro di tutto questo facendo di Crack uno dei romanzi in cui l’autrice punta tutto sulla figura paterna. Senza tralasciare le altre, si badi bene, nessuno è abbandonato mai dalla Maurail, sono tutti scarrafoni belli alla loro mamma, e tuttavia Marc è lo scarrafone principe come Saveur nella saga inaugurata da Lupa bianca Lupo nero.

E siccome l’incipit in un romanzo è tutto, ecco come si apre questo romanzo…

Ascolta l’incipit

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