Le avventure del topino Desperaux
4 libri
1 topo
1 ratto
1 principessa
1 personaggio indefinibile…
luce e buio
Questo è Le avventure del topino Desperaux di Kate di Camillo edito da Il castoro, il libro esce sulla scorta del cartone animato trattone ma il testo originale è del 2003. La traduzione di Angela Ragusa.
Desperaux è di fatto l’eroe, topo, molto più piccolo della media, condannato prima per destino e poi per processo alla morte, scampatovi per assolvere al suo ruolo di salvatore della principessa (umana)Pri. Chiaroscuro è il ratto antagonista, destinato a vivere nel buio ma innamorato della luce, ed ordisce terribili trame per portare la luce nel buio delle segrete del castello. Poi c’è Costoletta Oink che ha questo nome perché il padre, che se la vende per una gallina e una tovaglia rossa, non aveva altre idee di nomi… Costoletta Oink, per tutti Ola, è praticamente sorda da tutti i ceffoni che ha ricevuto sulle orecchie ed il suo unico desiderio è quello di diventare principessa…
Questi direi i protagonisti principali di questa messa in scena che sembra proprio una piece teatrale, che ha dei tratti decisamente divertenti anche là dove la narrazione si fa più tragica per gli avvenimenti. Anzi, più il racconto si fa tragico più la lettura si fa comica.
Come è possibile?
Grazie alla funzione principale di questo romanzo che è quella del narratore onnisciente che gioca il tutto e per tutto della riuscita narrativa con una metalessi iperesercitata (se non vi ricordate che cosa sia la metalessi potete 1- andare a vedere il video di venerdì scorso ad essa dedicato, sul canale YouTube, 2- seguire il corso di Narratologia :)). Questo narratore, che scopriamo ad un certo punto essere una narratrice, il che agevola ancora di più il gioco narrativo per cui tendiamo a far coincidere narratore ed autore, non ci molla un secondo, spiega, anticipa, ritorna indietro e soprattutto esprime giudizi e i giudizi sono probabilmente la parte che più scatena l’ironia narrativa… oltre alla costruzione dei personaggi davvero improbabili.
Al castello, per la prima volta in vita sua, Ola ebbe abbastanza da mangiare. E ne approfittò, eccome se ne approfittò. Non ci mise molto a irrobustirsi… eccome s’irrobustì. Diventò tonda, grossa e grassa. Solo la testa rimase piccina.
Lettore, nella veste di narratrice di questa storia, è mio dovere enunciare talvolta talune tristi, perfino sgradevoli, verità. Per onestà devo comunque informarti che Ola era un pochino indolente. E neppure la si poteva definire astuta come una volpe. Anzi, a dirla tutta, era un po’ tonta.
Avete sentito come l’intervento del narratore, ovvero la metalessi di cui sopra, contribuisce a formare e deformare il personaggio e a costruire l’effetto ironico? Potremmo fare decine di esempi come questi perché questo tipo di scrittura è proprio la cifra stilistica e narrativa de Le avventure del topino Desperaux. Per altro una scelta narrativa consona con l’ambientazione che è implicitamente quella fiabesca. Siamo in un castello tra re e regine e principesse e segrete e sguattere, ed in queste narrazioni è tradizionalmente presente il narratore onnisciente ed è anche tradizionalmente ammesso che esso intervenga. Il come intervenga è ciò che definisce il divario, secondo me, tra uno stile narrativo “classico” ed uno ipermoderno che gioca tutto sull’ironia e sulla dissociazione del modello di riferimento, un po’ come faceva il postmoderno ma in forma più positiva. E qui vi rimando ad un video che feci riguardo il postmoderno, oltre al video di venerdì scorso, come già detto, e ci lascio all’incipit che spero vi convincerà a correre alla ricerca del piccolo Desperaux cavaliere senza macchia e senza paura.