Alba
Ci sono esperienze che offrono occasioni straordinarie. Non è che se non si facciano accada qualcosa di terribile, tuttavia se si fanno può succedere qualcosa di magico.
E’ quello che mi pare venga narrato in Alba di Daniel Fehr con le illustrazioni di Elena Rotondo edito da Orecchio acerbo, un albo ed una narrazione, dal punto di vista testuale, tanto semplice quanto significante e dal punto di vista figurativo…. beh, ora ve lo racconto, seguitemi!
L’alba non è il nucleo tematico della narrazione, bensì la sua conclusione, quello che occupa invece la costruzione narrativa è l’attesa, anzi nemmeno l’attesa bensì lo spazio che intercorre tra la sveglia col buio e il sorgere del sole. Uno spazio che nel tempo viene riempito dalla passeggiata tra il bambino e il padre, e nello spazio è colmato dall’attraversamento nel bosco, prima al buio, squarciato di tanto in tanto dalla torcia del bambino che cerca il papà, poi da una luce che aumenta ed arriva talmente lentamente da manifestarsi solo alla fine come un’epifania.
Se vi viene voglia di conoscere per filo e per segno il territorio in cui padre e figlio vivono la loro piccola avventura basterà prestare attenzione ai risguardi che sono lì apposta a liberarci dal pensiero del tragitto per lasciarci invece concentrare, anzi, rilassare, sulla lettura della storia.
Una storia piccola piccola in cui non accade nulla di speciale, in fondo, un padre sveglia il figlio quando è ancora buio, si vestono, si mettono gli stivali e se ne vanno nel bosco fino a dove e a quale scopo non serve dirlo, nemmeno il bambino lo sa, lo svelamento è pulito e conclusivo e, attenzione, avviene in solitudine. Quando il bambino arriva nel punto in cui sorprende il sole, l’alba che illumina dove era buio (più e meglio della sua torcia) il papà non è con lui, è rimasto, immaginiamo, poco più in là.
Il papà che in Oggi, dello stesso autore, edito da Orecchio acerbo con le illustrazioni metafisiche di Simone Rea, era il grande assente ed il grande atteso, qui è ben presente, non si fa attendere però sa stare un passo indietro quando è il momento per farlo.
Ma non vi lascerò finché non avremo almeno dato insieme un occhio alla costruzione delle tavole perché siamo in un albo e nell’equilibrio e nell’identità narrativa il testo, per altro molto scarno, come sempre sono i testi di Fehr, non può stare senza immagini e viceversa.
Le tavole della giovanissima Elena Rotondo, qui alla sua prima opera libraria, lavorano per un po’ di tempo sul doppio registro di pagina piena a sinistra e quasi un ritaglio di immagine nella pagina di destra. Man mano che il ritmo aumenta – a seguire e suggerire l’attesa e la curiosità – le illustrazioni si fanno a tratti più segmentate ma anche più sincroniche, per poi distendersi nelle doppie tavole finali.
Ci sono esperienze che offrono occasioni straordinarie, non si tratta di bisogni primari ma forse di bisogni secondari sì, come la lettura, come l’affettività. Ed a ben vedere qui siamo in una narrazione densa di affettività, non espressa, non verbalizzata, ma reale. Affettività, diciamo pure amore che male non fa, tra padre e figlio, ma anche tra esseri viventi e la natura circostante.
E certo non possiamo dire che quindi uscirono a veder le stelle, però lasciatemi parafrasare…
E quindi uscì a veder la stella.