Dark web
La trama non è ciò che fa la differenza in un libro, mai.
Non mi stancherò mai di ripeterlo.
Tuttavia a fronte di una qualità narrativa l’originalità della trama (l’intreccio si valuta nella qualità narrativa) può essere un dato interessante.
Per Dark web di Sara Magnoli edito da Pelledoca accade questo, infatti.
Eva ha 14 anni ed il corpo già di una donna o quasi, il suo sogno è quello di diventare un’influencer di moda tramite Instagram ed è così che viene adescata da Lui che la spinge prima a farsi delle foto sempre un po’ meno ingenue, diciamo così, e poi con il ricatto di diffondere le immagini la ricatta spingendosi sempre più in là e spingendo Eva, Vesna avatar in “arte”, verso la decisione di suicidarsi, ed infatti quando il romanzo si apre la troviamo al parco pronta a tagliarsi le vene. Da qui in poi il romanzo procede come un flashback ma con un struttura narrativa un po’ articolata e tra un attimo ci torno. Rispetto all’originalità della trama però non può non colpire che abbiamo tra le mani, anzi il potenziale lettore coetaneo della protagonista e del suo amico Pio ha tra le mani di fatto un romanzo in cui viene raccontata una storia di pedopornografia che si sviluppa su Dark web ovvero quella parte sommersa del web in cui si consumano i crimini più vari, da questo, appunto, alla vendita di armi, di organi, di droga e chi più schifezze ha in mente più ne metta.
Eva finisce nella rete di questa schifezza, naturalmente non è consapevole all’inizio e spesso prova a raccontarsi anche dopo che così non è, tenta con tutte le sue forse di credere che non si è fatta irretire e poi, una volta accettata la realtà che diventa sempre più angosciante, passa al passo successivo che prende tutte le vittime di questo tipo di violenza, specie se vittime: la convinzione che sia stata colpa sua perché, in fondo, “se l’è cercata”, non si dice così? Fa anche questo parte della ragnatela in cui Eva viene invischiata.
I fili si intrecciano sempre di più mettendo insieme elementi familiari e narrativi che di sicuro non vi racconterò, vi assicuro però che tutto finisce bene, come deve essere in questo libro e come invece non sempre accade nella realtà, ma finisce bene perché, come vi accennavo, i piani narrativi si complicano permettendo alla narrazione di Eva in prima persona di affiancarsi quella in terza persona che ci mostra l’indagine parallela della polizia che sta indagando sul un giro pedopornografico.
Accanto alla rete che si intesse intorno a Eva per mangiarla c’è un’altra rete che si intesse e si va sempre più stringendo attorno al colpevole del crimine e tenendo conto che ci troviamo di fatto nel web, nella net virtuale per eccellenza, diciamo che tanto la metafora del ragno quanto quella dei pesci regge alla perfezione sia per l’intreccio che per la trama del romanzo.
La lettura vale perché il libro è ben costruito, i fili che si tendono fanno aumentare il ritmo narrativo, i falsi indizi lo fanno rallentare, come in una specie di romanzo giallo di cui sembra di capirci qualcosa ma così non è. La lettura vale anche perché, come deve essere, parla di una quotidianità in cui i ragazzi e le ragazze sguazzano e lo fa standoci dentro senza mai demonizzare il mezzo del social media né internet ma non risparmiando, al lettore e a Eva, nulla di ciò che può accadere, stando però sempre al sicuro dentro la lettura di un libro.
La letteratura è quel luogo in cui, in ogni senso, nel bene e nel male, nel realistico e nel fantastico, il lettore e la lettrice possono sperimentare qualsiasi sensazione ed esperienza (complici i neuroni specchio e tutta quella parte di corteccia cerebrale che si illumina di fronte ad una buona narrazione) in assoluta sicurezza e, oltre il piacere e l’importanza di questa funzione di per sé, chissà che non possa anche essere utile a prevenire esperienze reali decisamente meno sicure di un libro.
Adesso ci è chiaro perché è cosa buona e giusta che in un libro per ragazzi ci deve essere proprio, ma proprio tutto?