Mule Boy e il Troll dal cuore strappato

Mule Boy e il Troll dal cuore strappato di Øyvind Torseter con la traduzione di Alice Tonzig edito da Beisler è un fumetto fantastico e originalissimo in cui il bene stravince.

Beh, scusate, mi rendo conto, è un po’ poco sia per iniziare una recensione, o quello che è, sia per dire l’originalità e la bellezza di questo libro…

Ricomincio da capo, ok?

Mule Boy e il Troll dal cuore strappato di Øyvind Torseter è un libro geniale e perfetto, il primo, se non vado errata, fumetto edito da Beisler che già da anni fa centro con narrativa ed albi illustrati e se questo è l’inizio del filone a fumetti sono proprio curiosa di vedere il seguito e se invece sarà un unicum ce lo godremo così com’è a priori perché ne vale assolutamente la pena!

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Come abbiamo detto tante volte l’originalità non è sempre un valore in letteratura, e lo confermo, anche in Mule boy, se vogliamo vederla e dirla tutta, non c’è una originalità di trama, e in questo caso nemmeno troppo di intreccio che resta piuttosto lineare nel suo spazio-tempo narrativo così come per lo più richiesto dal modulo narrativo del fumetto così come dell’albo. No, l’originalità di Mule Boy sta, a mio parere, innanzitutto nell’illustrazione, nella costruzioni delle tavole che tra tecniche diverse e segmentazione in vignette che però molto devono al linguaggio dell’albo illustrato, offrono al lettore una proposta visiva nuova, particolare, direi anche molto impressionistica senza timore.

Mule boy è l’ultimo di 7 figli del re, l’unico rimasto a casa mentre gli altri erano andati per il mondo in cerca di principesse da sposare (naturalmente avrebbero dovuto portare indietro una moglie anche per il fratello più piccolo rimasto a fare compagnia al padre), solo che un Troll pietrifica i fratelli e le loro promesse spose e nessuno torna indietro. Mule Boy finalmente ottiene il permesso di andare a cercare e, perché no, lui che è il più piccolo, a salvarli. Si scopre che il responsabile del maleficio è il Troll, orrendo e orripilante, senza cuore che tiene prigioniera una principessa. Mule Boy sulla strada verso la tana del Troll libera un elefante, trova un sassofono, cena con un lupo, ignora i saggi consigli del suo saggio destriero e grazie all’astuzia della principessa prigioniera del Troll trova e frantuma il cuore del Troll. Tutti vengono liberati dal maleficio, Mule Boy trova la principessa del suo cuore da solo, e “vissero per sempre per lo più felici e contenti”.

Come avrete intuito gli elementi tipici della fiaba classica ci sono tutti: la magia, le prove, il figlio piccolo che risolve la situazione, le famigerate funzioni di propp, ci sono tutte ma proprio tutte. Ma il punto è che questa non è una fiaba classica, sta solo sfruttando i suoi stilemi narrativi per costruire una narrazione del tutto originale in cui l’originalità sta, oltre che nell’aspetto figurativo, come accennavo, nella costruzione del personaggio principale ed anche della principessa e del Troll, nella potenza metanarrativa di alcuni elementi della storia, nella visionarietà dell’elemento magico che è sì quello a cui ci hanno abituato le fiabe ma “riveduto e corretto” in un ottica ipermoderna e fantastica più che fiabesca.

Mule Boy ha tutte le doti dell’antieroe inetto, non dell’eroe protagonista. Dalla sua c’è solo la caparbietà, così come la principessa invece le doti dell’eroina le ha tutte ad iniziare da una furbizia degna di un suo compare maschio delle fiabe “classiche”. E il Troll? Il Troll è il corrispondente nordico dell’orco e così brutto e spaventevole credo lo si sia visto ben poche volte, altro che espressionismo! In lui i tratti a matita che definiscono tutti i personaggi sembrano diventare indefiniti, non si riesce ad afferrarla del tutto questa bruttezza, c’è una sorta di non finito nei disegni del troll che mette inquietudine.

Anche sull’uso del colore e delle sovrapposizioni di immagini si potrebbe dire e analizzare a lungo questo libro ma non è ovviamente questa la sede adatta, spero ne avremo modo in incontri ad hoc in cui varrà la pena ragionare sulla proposta di un linguaggio figurativo e anche testuale come quello proposto da Mule Boy. Un libro perfettamente riuscito e che inizia a significare (e non finisce di raccontare) dai risguardi a cui è sempre bene prestare estrema attenzione quando ci sono!

Credo proprio che Mule Boy piacerà tanto, tantissimo, e senza alcuna indicazione o limite di età o altro; piacerà soprattutto per il coraggio di osare nel buio, nel brutto, nel cattivo senza alcuna benché minima forma di edulcorazione e con una catarsi finale totale ma imperfetta che risuona in quel “per lo più” del classico felici e contenti. Cosa può fare una parola, un avverbio, un nonnulla che da solo basta a cambiare di segno ad una comunicazione e!?

Il problema, come sempre, sta nel farli arrivare questi libri ai lettori, nel creare un’occasione di incontro e poi lui, Mule Boy così come i tanti libri di estrema qualità con cui lavoro quotidianamente, la strada per il cuore del singolo lettore la trovano da soli. Ma questo è compito nostro, di adulti, educatori, divulgatori, formatori, genitori, creare occasioni di incontro e poi accada quel che accada

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