Ossaspasso

Conoscevo questo libro a memoria, era uno dei miei punti di riferimento da bambina. Si chiamava Giochi d’ossa e lo avevo nella versione della collana tascabile della Elle.

Oggi finalmente questo libro del cuore, del mio cuore di bambina, torna in libreria grazie a Camelozampa, più bello di prima per entrare nel cuore di tantissime bambine e bambini di…diciamo quasi quaranta anni dopo!

Oggi si chiama Ossaspasso, gli autori sono ovviamente sempre loro, Janet e Allan Ahlberg, e la traduzione a cui dobbiamo anche questo nuovo titolo decisamente più assonante e giocoso è di Chiara Carminati.

La storia è presto detta e la liquiderò come sempre faccio in poche righe perché non è questo che mi interessa: uno scheletro grande, uno piccolo e uno cane si svegliano e se ne vanno in giro per la città, ovviamente nottetempo perché quello è il momento degli scheletri, mica il giorno, divertendosi a giocare col cane e a fare/farsi paura prima di tornarsene a letto.

Ma credo che l’aspetto su cui sia più interessante soffermarsi in questo caso specifico è quello legato alla rinascita del testo dovuta alla nuova traduzione. Possiamo in questo senso porci una serie di domande che credo non oziose se consideriamo che ai libri può capitare, a differenza degli esseri viventi in carne ed ossa e non carta, di vivere una seconda volta e anche di più!

  1. Un libro con un testo diverso è lo stesso libro?
  2. Quanto e come interviene la scelta del traduttore sulla riuscita del libro?
  3. Ci sono dei “limiti” nell’opera di traduzione? Altrimenti detto: come è possibile che ci siano traduzioni che possono distanziarsi così tanto tra loro pur restando l’originale il medesimo?

Proviamo a rispondere provando a trovare sollecitazioni di risposte a partire dal caso di Ossaspasso che potete leggere nel testo originale qui.

Partiamo da titolo e copertina: quella dell’edizione Camelozampa è fedele all’orginale mentre non lo era la mia vecchia edizione, quanto al titolo, l’originale è Funnybones che non sarebbe così facilmente traducibile e che nella traduzione Ossaspasso cambia in riferimento al senso letterale ma conserva il gioco del lemma unico e sfrutta a suo vantaggio la sonorità della parola ossa in italiano. in pratica il nuovo titolo non traduce letteralmente ma rende in senso letterario il gioco linguistico ed anche il divertimento “osseo” se mi è concessa questa libertà d’espressione.

All’interno del testo invece prevale in questa traduzione una scelta che mi sembra decisamente più aderente al testo rispetto alla traduzione della vecchia edizione che, rileggendola oggi, appare decisamente meno aderente all’originale.

Da qui proviamo quindi a rispondere alle 3 domande che ci siamo posti:

1- un libro con un testo di traduzione diverso è sicuramente il medesimo libro anche se la qualità e le scelte di traduzione possono fare molto la differenza nella fruibilità del libro da parte del lettore

2- Io credo che intervenga moltissimo ma ce ne rendiamo sicuramente conto meglio quando abbiamo l’occasione di conoscere il testo originale e, come in questo caso, altri tipi di traduzioni del medesimo testo. In caso contrario potremmo non sospettare mai che ci siano distanze tra un testo e la sua traduzione e magari quella traduzione regge comunque bene la lettura, a quel punto diventa una questione filologica, di stile, di approccio professionale direi del traduttore, ognuno infatti ha le proprie preferenze di scrittura e, ad esempio, nel caso di Chiara Carminati, per il suo tipo di scrittura e di attenzione personale, possiamo immaginare che la cura al suono prima ancora che al senso di un testo benché narrativo possa avere un ruolo importante.

3- I limiti credo siano dati dalla conclusione della risposta precedente ovvero dallo stile e modalità di lavoro personali del traduttore. Ma a questo aggiungerei anche altri due elementi che ritengo importanti: innanzitutto il tipo di testo che si traduce, un testo poetico richiede delle cure di traduzione molto diverse da quelle di un testo narrativo e può decisamente influire molto sulla riuscita del testo in traduzione; in secondo luogo, ma non ultimo anzi per me di estremo interesse, l’epoca in cui la traduzione viene fatta. Abbiamo visto ed ancora vedremo periodi storici in cui prevale la scelta filologica più aderente al testo possibile, o in cui al contrario si tollera molto bene una libertà di traduzione attribuita ad una vivacità creativa del traduttore come autore in sé vicino all’autore originale, oppure in cui, e credo che in questa fase ci troviamo oggi a occhio e croce ma gli addetti ai lavoro potrebbero essere senz’altro più precisi, le due tendenze cercano un equilibrio sano e creativo in cui ogni lingua ed ogni autore e traduttore possano dare il loro contributo precipuo nel tempo e nello spazio in cui si collocano.

Tutto questo per dire, molto banalmente, che sono felice che questo libro sia tornato nella mia vita di adulta, il che mi fa ben sperare che arrivi nella vita di molti bambini che magari da adulti rivedranno una nuova edizione di questo stesso libro che a loro volta proporranno ai loro bambini e così via nel perpetuarsi della vitalità dei libri e dei testi!

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