Tana Hoban e i libri per i più piccoli

Ho sempre l’impressione che i piccolissimi piccolissimi siano sempre un po’ trascurati da teste fiorite ma anche in generale che abbiano sempre troppe poche proposte di alta qualità per le loro prime esperienze di lettura.

Questa volta invece sono proprio ma proprio felice di proporvi ben 2 libri meravigliosi per i piccolissimissimi, lei è Tana Hoban, la più grande fotografa per la prima infanzia, e i libri sono Giallo, rosso, blu e Che cos’è entrambi editi da Camelozampa.

Il primo impatto con l’opera di Tana Hoban, immagino un giovane genitore o comunque un adulto non addentro al magico mondo dei libri per bambini, può essere per diversi aspetti spiazzante quasi deludente: ma come, tutto qui?

Cosa c’è di speciale nei libri e nell’occhio di questa autrice? Tutto sembra così semplice che si fa fatica a vedere e riconoscere il senso ed il valore assoluto dei suoi libri per i più piccoli.

E invece proviamo un attimo a soffermarci su alcuni aspetti che fanno la differenza tra i libri di Tana Hoban e la maggior parte della produzione per piccolissimi:

Iniziamo da un dato necessario ed importantissimo: Tana Hoban incarna quella differenza di sostanza, e intendo anche sostanza etica, tra semplice e banale. I libri per i piccoli devono essere semplici ma non banalali, ridotti al minimo come testi ed immagini ma mai semplificati. Non stiamo abbassando il livello ed adattando qualcosa di più complesso, cosa che comunque anche quando si fa non deve mai cedere alla semplificazione banalizzante, no, stiamo creando qualcosa di adatto e pensato a partire dallo sguardo e dal cervello e dalla curiosità dei cuccioli di uomo.

Nei passaggi tra le immagini dei libri di Tana Hoban, anche là dove sembra che non ci sia alcun nesso, c’è sempre una implicazione, un legame che lega in qualche modo ciò che ci scorre davanti agli occhi e che col passare del tempo può creare dei legami prima deduttivi poi causali.

Prendiamo ad esempio queste due doppie pagine di Che cos’è tanto l’ombrello quanto la paperella possono richiamare il mondo esterno, l’acqua, il movimento e chissà quante altre cose che poi si legano nella memoria esperienziale del bambino col passare dei mesi e degli anni.

Allo stesso modo il ciuccio e il coniglio di peluche afferiscono alla sfera del relax, della calma, della casa, del momento forse della nanna o della coccola o, ancora una volta, tutto ciò che il vissuto legato a questi oggetti richiama o più che altro costruisce a livello di memoria primitiva.

E non ha alcuna importanza che il bambino abbia un peluche a forma di coniglio o di orso o di altro, è il simbolo che conta e che il bambino riuscirà comunque a riconoscere aiutandolo così a strutturare una funzione fondamentale che è quella del riconoscimento del simbolo al posto dell’oggetto. Anche l’altro libro fatto di silhouette, Bianco e nero, proponeva questo tipo di andamento in cui gli oggetti tra loro slegati potevano trovare un filo logico nella memoria a posteriori, anche solo per il loro esser stati giustapposti davanti all’occhio del neonato, e giocava con il bianco e nero che sono colori molto utili all’approccio con i piccolissimi che non hanno ancora la vista perfettamente formata.

Il gioco invece che ci propone Giallo, rosso, blu è un gioco diverso, dove i colori la fanno da padrone, evidentemente, ma il punto lì non è giocato tanto sulla suggestione quanto sul realismo delle immagini che sono fotografiche. Gli oggetti e le gli elementi naturali che si susseguono tra le pagine sono caratterizzati sì per il colore ma anche dal loro essere fotografati e non disegnati,

Potremmo legittimamente chiederci: cambia qualcosa?

Direi proprio di sì, cambia molto sia da illustrazione ad illustrazione, ovvero la qualità estetica dell’immagine proposta ma anche, trattandosi di piccolissimi, la verosimiglianza del disegno e la scelta di cosa riprodurre che spazi tra cosa note e non note ma “raggiungibili” col pensiero; e quando si tratta di fotografia ci avviciniamo ancora di più ad una forma di conoscenza e di appagamento della curiosità privilegiato dai piccoli. Il linguaggio fotografico, per quanto ancora non molto presente nell’editoria italiana, è molto amato dai piccolissimi che incontrano così la realtà come più vicina al loro mondo anche là dove si decide di rappresentare qualcosa non fa parte del vissuto quotidiano del piccolissimo lettore.

Anche cosa e come si decide di fotografare fa la differenza!

Gli oggetti ed anche gli animali e gli elementi naturali presenti in Giallo, rosso blu danno materia al colore, in qualche modo, l’arancione rappresentato dall’arancia è un colore che si può toccare, non come arancia ma come arancione!

Il nero come gattino può essere accarezzato, il blu come guanto può essere indossato e il grigio come piuma può essere maneggiato.

La scarpina gialla può essere indossata o messa in bocca o maneggiata.

I colori quindi diventano materia e questo è dovuto non solo alla scelta di cosa fotografare in riferimento a quale colore, ma anche il fatto che viene eliminato il termine di paragone che non si esplicita mai nel testo e lascia alla relazione una eventuale esplicitazione: non è viola come la viola, giallo come una scarpa, verde come una foglia ecc. No, c’è la foto e il colore, e basta, e questa è una scelta interessante per raccontare e mediare non solo i colori ma il mondo che ci circonda.

Insomma, entrare nel mondo di Tana Hoban ci permette in maniera diretta ed immediata di entrare in contatto con un modo specifico e competente e mai semplicistico né banalizzante con il mondo dei piccolissimi a cui questi libri cartonati sono dedicati!

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