Petunia

ovvero a cosa serve un libro….chiuso?

Ho amato Petunia al primo incontro, mi stanno simpatiche le oche e anche lo stereotipo che le circonda di essere un po’…. sciocche… e Petunia non fa eccezione, viene costruita esattamente secondo questo stereotipo però….

Petunia di Roger Duvosin edito da Marameo con la traduzione di Chiara Carminati è un testo del 1950 che forse un pochino la sua età, se stiamo molto attenti in alcuni punti narrativi e anche figurativi, la potrebbe anche svelare, ma regge benissimo al confronto di lettura con i suoi piccoli lettori e lettrici.

Petunia è una oca sciocca – veniamo avvisati sin dalla prima riga, non le diamo nemmeno il beneficio del dubbio povera Petunia – che un giorno trova sul prato un oggetto strano che ricorda aver già visto e riscotruisce con la memoria (Petunia sarà pure sciocca ma la memoria ce l’ha buona): ha visto quell’oggetto in mano al bambino della fattoria, si chiama libro e il fattore dice che

Colui che possiede dei Libri e li ama è una persona intelligente.

Che sia il giorno fortunato di Petunia per svoltare le sue sorti e farla passare da sciocca a intelligente?

Petunia ne è assolutamente sicura e non molla mai il libro nemmeno quando si tuffa in acqua. E’ così fiera del suo libro che il collo le si allunga sempre di più e non solo gli altri animali se ne accorgono ma anche loro credono che Petunia sia diventata intelligente e le chiedono consiglio ogni piè sospinto. Petunia è felice di aiutare i suoi compagni, è un’oca generosa lei (anche se un po’ sciocca, forse), tuttavia i suoi consigli sono uno più allampanato dell’altro. Uno dopo l’altro Petunia riesce a mandare in crisi un’intera fattoria, la Gallina si convince di avere persino 3 pulcini in più perché sapeva di averne 6 mentre Petunia ne ha contati ben 9….

La situazione precipita, diventa letteralmente esplosiva quando Petunia finge di leggere la parola caramelle su un cartone che contiene petardi…

Diciamocelo pure, Petunia ha combinato un bel disastro, possiamo pensare che abbia peccato di presunzione?

Non lo so, io non lo penserei, Petunia agisce in buona fede, sciocca ma in buona fede e davvero pensa che basti tenere il libro sotto l’ala per diventare intelligente, non le era nemmeno mai passato per la testa che dentro il libro ci potesse essere qualcosa prima che l’esplosione…

E’ solo a quel punto che il libro si squaderna e lascia intravvedere le pagine e le parole che Petunia ovviamente non era in grado di leggere.

Petunia si sedette e pensò, pensò, pensò, e infine concluse con un sospiro:

“Adesso ho capito. Non basta portare l’intelligenza sotto l’ala.

Devo metterla nella testa e nel cuore. E per farlo, devo imparare a leggere”.

Et voilà, con una metonímia interessante che muta la “parola libro” nella parola “intelligenza”, spiegato il mistero di Petunia che riconosce di essere stata sciocca davvero e si prepara a riparare…

Che sia un testo un po’ didascalico?

Sì, lo è, ma regge molto bene al confronto con il piccolo lettore e quello che ci era apparso sin dall’inizio uno stereotipo messo in scena e pronto a svelare un punto di debolezza della storia, alla fine si ribalta. Petunia sa porsi delle domande su di sé, fa una buona autocritica e decide la strada da prendere per ribaltare la situazione, se non è intelligenza questa ditemi che cos’è.

Morale della favola?

Chi legge diventa intelligente?

Sì, un po’ manichea ed anche un po’ scontata forse, ma non è qui il valore del libro: il suo valore sta secondo me nella costruzione narrativa, in quel gioco tra libro chiuso e libro aperto, in quel climax di danni che Petunia e il suo collo sempre più lungo provocano e nello scoppio finale che crea la condizione per creare un nuovo “ordine”, una nuova possibilità per Petunia e per tutti.

Se siamo pronti a “giudicare” Petunia l’oca sciocca allora proviamo a domandarci quanti esseri umani avrebbero la capacità di analisi di Petunia.

Dedicato a chi di libri fa sfoggio tenendoseli sotto il braccio o sotto l’ala e gira con il collo lungo e il petto in fuori!

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