Murdo
Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.
“Murdo”
Età: dai 6 anni
Pagine: 88
Formato: 21,2 x 17
Anno: 2021
Editore: L’Ippocampo
Autore: Alex Cousseau
Illustratore: Eva Offredo
Oggi in cartella il libro dei sogni impossibili.

Sulla scia del GGG, il Grande Gigante Gentile “soffia-sogni”, non potevo certo non leggere Murdo.
Un libro che per il suo stile, filosofico e fuori dagli schemi, per alcuni aspetti mi ha ricordato “Lettere dello scoiattolo alla formica”.
Ho deciso di leggerlo in classe, ad alta voce, a piccoli spot.
Sogni impossibili, una spicciolata al giorno.
I bambini d’oggi sono, per certi aspetti, troppo calati nel mondo reale e il loro mondo fantastico troppo spesso viene completamente assorbito o addirittura sostituito da quello virtuale. Ma i bambini hanno il bisogno e il dovere di fantasticare. È un’attività fondamentale per lo sviluppo delle loro sinapsi e per la crescita della loro persona.
Prendo il libro.
Cala il silenzio.
Inizio a leggere.

1. Dicono tutti che gli yeti non esistono. Eppure eccomi qui. Mi chiamo Murdo, sono uno yeti. Insistono che gli yeti esistono solo nelle storie. Nelle leggende. Tra le pagine dei libri. E allora, ecco la prima cosa impossibile che ho sempre sognato di fare: esistere fuori da un libro. Vivere su montagne che non siano di carta.
I sogni impossibili di Murdo…
Se nel primo sogna di esistere. Nel secondo di nascondersi in una scarpa di un gigante. Nel terzo di attraversare uno specchio e fare uno scherzo al primo che si specchia. Nel quarto di passare l’inverno sotto a un albero. Continuo leggendo i primi dieci. Sono numerati. In ordine. Uno o due per pagina, accompagnati spesso da un’illustrazione.
Poi chiedo: “Che ve ne pare di questo libro?”
Rispondono: “Bello…”
D’accordo può essere bello ma provate a identificare altri aggettivi qualificativi in grado di descriverlo.
Dopo qualche attimo di silenzio, iniziano ad alzarsi le prime mani…
“Strano, direi”
“Strampalato”
“Strambo”
Inizio a scrivere alla lavagna.

“Divertente”
“Fantastico”
“Fantasioso”
“Buffo”
“Straordinario”
“Riflessivo”
“Bizzarro”
Avete visto in quanti modi siamo riusciti a definirlo?
“Chiara, tanti di questi, fra loro sono sinonimi vero?”
“È stato bene scrivere sia fantastico che fantasioso perché non è la stessa cosa” aggiungono dall’ultima fila.
“Già non è né omonimo né sinonimo” precisa il compagno.
Poi abbiamo continuato la lettura.
“Fino ad ora quali sono i vostri sogni preferiti?”
“A me è piaciuto molto quello del nome, anche se non è un vero e proprio sogno” [Incredibile cosa notano i bambini. Vado a verificare e… ha ragione!]
“Anche a me”
“E a me”
“Potremmo farlo col nostro nome”
“Anche il sogno impossibile del panino mi è piaciuto”
“Potremmo fare un panino di classe e ci mettiamo dentro un po’ di tutto, anche oggetti ovviamente” propone Lena.
“Chiara molto belle anche le immagini”
Chiedo: “Riuscite a capire cosa vi colpisce delle immagini?”
Una mano destra un po’ timida e titubante si eleva e una vocina l’accompagna: “I colori. Per ciascun disegno, anche se l’immagine cambia, i colori usati sono sempre gli stessi”


“È vero…” dice più di qualcuno.
“Non avevo notato questa cosa”
“Forte…”
Forte sì, penso anch’io in riferimento al loro spirito d’osservazione.


A seguire l’immancabile e ormai spontaneo esercizio di scrittura.
Descrivere le lettere del proprio nome in maniera tale che descrivano la tua personalità, i tuoi interessi, il tuo essere. Ovviamente in stile Murdo.
“Come Chiara…?! Io non capisco tanto…”
Rileggo il sogno numero 6. Poi leggo il mio da esempio.
Nel mio nome, CHIARA, ci sono:
- Uno spicchio di luna (la C), solo uno spicchio, per non essere egoista e lasciarne un po’ anche agli altri
- Un ponte (la H), indispensabile per raggiungere luoghi e persone. Un ponte che, come la H, a volte non si sente e non si vede, eppure c’è.
- Un albero maestro (la I) per guardare lontano, alla soglia dell’orizzonte e avvicinarsi al cielo. Indispensabile per issare la vela e dare equilibrio.
- Una montagna con un sentiero (la A). Amo la montagna, ma ho bisogno del sentiero per poter azzardare qualche percorso alternativo.
- Infine un’altra montagna con un altro sentiero (la A) perché la montagna mi piace davvero molto… per il suo silenzio, per i suoi profumi, per il suo fresco.
- Con la R non so cosa farci. Ma non posso neanche non farci niente. Non ho nessuna voglia di chiamarmi CHIAA. La R dovrebbe essere una O a forma di ruota perché anche il suono rotola in bocca prima di uscire nella parola. È una lettera rombante, piena di energia e un po’ di rabbia.

“Che bello Chiara… e come è scritto bene”
Li rassicuro.
Iniziano a scrivere.
Presto sono soddisfatti di quanto scritto sui loro nomi:
“Nel mio nome c’è una rampa (la A) per scendere veloce con lo skate-board”
“Nel mio nome c’è un grosso cocomero (la O) per condividerlo con gli amici”
“Nel mio nome c’è un grappolo d’uva quasi finito (la J), l’ho sgranocchiato tutto guardando la TV”
“Nel mio nome c’è un fulmine (la N), per correre veloce a casa quando arriva il temporale”
“Nel mio nome c’è un martello (la T) anzi due perché a volte sono un po’ insistente… martellante”
“Nel mio nome c’è un tavolo lungo lungo (la E rovesciata) per metterci sopra tantissime pietanze”
“Nel mio nome c’è un cappello a punta (la A) e in mezzo una linea variopinta per dare un po’ di colore. I cappelli mi piacciono un sacco”
E ancora…
“Nel mio nome ci sono delle onde altissime (la M) perché io adoro andare su e giù, veloce, con la barca”
“Nel mio nome c’è il numero 5 (la S), perché mi piacciono le lettere, ma di più i numeri”
“Nel mio nome ci sono spalti dello stadio (la E), perché mi piace il calcio e vedere le partite dal vivo”
“Nel mio nome c’è l’Italia (la L) perché a me piace la geografia”
“Nel mio nome c’è una strada (la S), quella che percorro d’estate in macchina quando parto per le vacanze”
“Nel mio nome c’è una sedia (la L) per sedermi quando disegno e una matita (la I) altrimenti non potrei disegnare…”
“Nel mio nome c’è un pettine (la E) per pettinare i miei capelli color miele, dorati e lisci”

Quasi tutti…
“Chiara, io sto guardando il mio nome da tutti i lati, ma non riesco a vedere cosa è…”
Guarda, provo a mostrartelo io. E disegno. Aspetto che guardi.
“Nel mio nome c’è una libreria (la L) perché io adoro i libri e poi altri scaffali (la E) perché io ho davvero tanti libri! Grazie… come ho fatto a non vederli prima…”
E continuando…
“Nel mio nome c’è un bicchiere rovesciato (la A) per bere quando voglio”
“Nel mio nome c’è un lampione (la I) per illuminare tutto”
“Nel mio nome c’è un letto soffice (la H)”
“Nel mio nome c’è uno scoiattolo (la G) arrotolato nella sua tana”

“Nel mio nome c’è una ciotola vuota (la C) anche se dovrebbe esser piena, però dato che non mi piace mangiare non ci metto niente”
“Nel mio nome c’è un cappello (la C) perché a me piace il caldo”
“Nel mio nome c’è un goniometro (la O), utilissimo in matematica”
“Nel mio nome c’è un ponte (la C) e sotto c’è l’acqua e vedo molte cose”
Il giorno dopo riprendiamo la lettura di Murdo.
Arriviamo al sogno numero 14. Alla nuvola dei nomi.

“Chiara sembra la word cloud che abbiamo fatto ieri in inglese…”
“Cloud a me fa pensare cloudy quando scriviamo il tempo, cioè nuvoloso”.
“Io penso al cloud, dove salva le foto mia mamma”
“Sembra davvero una specie di nuvola”
“Uh… mi è venuta un’idea…” dico io.
“No Chiara, no…”
“Mi fanno paura le tue idee”
“Io ho già capito…”
“Cioè?” chiedo
“Visto che stiamo facendo l’analisi grammaticale dei nomi e in questa nuvola ci sono nomi per tutti i gusti anziché inventarne altri… analizziamo direttamente questi”
“Sei un genio dico o sai leggere nel pensiero?”
“Ti conosco” risponde.
Qualcuno sbuffa.
“Possiamo colorare le O come Murdo?”
“Certo”

I sogni di Murdo
Tra una lettura ad alta voce, un po’ di grammatica e una comprensione del testo, inevitabilmente abbiamo iniziato anche a scrivere i nostri sogni impossibili…. tuttora in fase di elaborazione. Ormai l’appuntamento con Murdo è divenuto uno dei nostri appuntamenti fissi, un incontro quotidiano. (Per i presenti e per gli assenti che ci seguono in modalità differita da remoto).

Qualcuno mi ha chiesto: ma non stai leggendo in classe libri di Natale?
Natale. Cosa è Natale? Per chi è Natale? Se Natale è la notte più bella dell’anno in cui si avverano le attese e i sogni dei bambini, allora credo che non ci sia libro da leggere più azzeccato di Murdo!
Indipendentemente dalla religione e dalla cultura di appartenenza. Credo che questo tempo possa essere un momento prezioso e, nell’attesa, si possano azzardare sogni impossibili. Il regalo più bello sarebbe renderne possibile almeno uno. E nel cuore di ciascuno questo c’è. Lo so.
