Irma Kohn è stata qui
Lei non c’è
Irma Kohn è stata qui di Matteo Corradini edito da Rizzoli inizia così.
(vai alla fine del post per poterlo ascoltare in podcast)
Irma lascia traccia scritta e fisica di sé ovunque passi, e tuttavia i lettori e buona parte dei protagonisti del romanzo trascorrono l’intero spazio-tempo della narrazione a cercarla. Ma che cos’è e come è fatto questo particolare romanzo di Corradini?
Innanzitutto Irma Kohn è stata qui ci propone una storia ambientata a Praga dal 21 marzo 1945 al 10 aprile 1945, ovvero nelle settimane immediatamente precedenti la disfatta nazista e l’entrata dei Russi in città. Siamo all’ultimo atto, la soluzione finale cerca di accelerare il più possibile e al centro del complesso intreccio narrativo c’è un personaggio dello Judenradt, ovvero di quell’organo ebraico che collaborava con i nazisti per stilare le liste di nomi delle persone che ogni giorno dovevano essere prese da casa e fatte sparire.
L’intreccio, davvero complesso, si muove sostanzialmente tra 3 personaggi e 2 ambientazioni: Irma, ovviamente; Wolf, il comandante nazista che ha la responsabilità dell’eliminazione degli ebrei di Praga e a cui proprio Irma sfugge; Katchinski, il membro dello Judenradt che nell’ultima lista aveva inserito Irma che però i nazisti non hanno trovato in casa. Le 2 ambientazioni sono invece la città di Praga, con i suoi boschi e dintorni e soprattutto la casa di prostituzione della Nonna dove Irma (come già altri prima di lei) troverà nascondiglio e salvezza travestita da prostituta.
Il romanzo è scritto in terza persona con moltissimi dialoghi il che contribuisce a rafforzare da un lato la sensazione di un andamento molto movimentato della narrazione, dall’altro la scrittura di Corradini al servizio di questo intreccio difficile e frammentato. La struttura sembra quella del romanzo corale e tuttavia non ci sono soggettive né focalizzazioni interne ma solo esterne che si alternano con il narratore.
Ma qui mi fermo nell’abbozzo di analisi e vado lì dove so che volete che vada: cosa ha di così interessante questo romanzo nel panorama dei fin troppi libri e romanzi legati alla Shoah?
Di doti questo libro ne ha tante – la prima ovviamente la qualità di scrittura – ma se dovessi scegliere e riassumere direi questo: Irma Kohn è stata qui ha la capacità di creare una storia scomoda, con tutti i lati negativi e positivi che si intrecciano e si scambiano; spessissimo abbiamo la sensazione di avere qualche dubbio su cosa sia il bene e il male. Posto che il male assoluto è quello di Wolf e dei nazisti… come Corradini sa fare tra pochi, la narrazione, storicamente saldissima, si muove in un equilibrio vertiginoso attraverso le stereotipie, le nostre stereotipie, insinuando ombre là dove non ne immagineremmo, o peggio non ne vorremmo; e portando luce nei luoghi dove meno ce la saremmo aspettati.
Il tutto è accompagnato, alleggerito – incredibilmente data la storia narrata – da un’ironia sottile e persistente che si esprime tanto a livello di storia narrata quanto di linguaggio. Solo il modo in cui parla Irma meriterebbe un ragionamento a parte (che non farò qui non vi preoccupate :)), la musica di Pierino e il lupo che accompagna come una colonna sonora l’atto di chiusura del tragico dominio nazista e prelude all’entrata dei russi sembra aggiungere all’intreccio un ulteriore elemento tra l’ironico e il metaforico che attraversa l’intero romanzo come un tema musicale portante.
Nella costruzione dei personaggi c’è da dire che secondo me Wolf sovrasta tutti, la sua potenza narrativa è forse accostabile solo alla grandezza della Nonna, la proprietaria della casa di prostituzione. Katchinski è un personaggio inafferrabile, scivola un po’ come la sua moralità, un uomo la cui figura lascia perplessi, ma i personaggi secondari sono davvero bellissimi e vi consiglio di prestar loro particolare attenzione.
In tutto questo Irma ci sfugge, appare e scompare ma al tempo stesso si impone con la sua freschezza, con il suo essere improbabile persino al livello linguistico.
Irma Kohn è stata qui è un romanzo che merita attenzione e non perché siamo a gennaio e l’ambientazione è quella della Shoah, ma perché è una prova di scrittura interessantissima da provare a proporre a ragazzi e ragazze in maniera “ingenua”, senza motivazioni, senza temi, senza “occasioni”. Come sempre dovrebbe accadere.
p.s. Io mi riterrei il libro degno di essere letto anche solo per il divertimento e l’ironia del lessico della casa di prostituzione in cui la filosofia Kantiana viene usata per nominare e significare amplessi, posizioni e chi più ne ha più ne metta. So che starete pensando: ma i ragazzi e le ragazze capirebbero questa “finezza” di gioco tra Kant e sesso? Non credo ma innanzitutto il gioco linguistico stesso viene esplicitato dalla narrazione nel momento in cui le prostitute lo spiegano a Irma, in secondo luogo… perché non cogliere la palla al balzo per far balenare nell’orizzonte di conoscenza dei lettori e delle lettrici anche il grandissimo Kant?