100 Noccioline: si può sapere TROPPO di fumetti?

La rubrica “Noccioline” esce l’ultimo martedì del mese, è dedicata al fumetto e al graphic novel ed è a cura di Benedetta Morandini testa fiorita.

Mi sono trovata recentemente ad aggiornare il curriculum e mi sono accorta che scrivo Noccioline dal 2017. Mi sono accorta che questo è il post numero 100 e quindi ho pensato che sia necessario fare qualcosa di speciale (in breve tempo perchè l’articolo esce domani)!
Quindi come potete immaginare questo è un post che penso da tempo, pianificato con largo anticipo per celebrare questo momento… non proprio!

Preparatevi che oggi non ci sono vere recensioni

A dirla tutta però mi pare un buon momento per esplicitare un’idea che mi frulla in testa da un po’. Preparatevi perchè oggi vi calo un ammasso di riflessioni, se avete voglia siete liberi di dire la vostra (o di scappare), del resto siamo qua anche per questo.
Cominciamo dal principio, se no non si capisce nulla (come se fin ora…). Da Ottobre seguo un corso di fumetto e non c’è che dire, sto imparando un bel po’ e ho scoperto un amore per i pennelli che non sapevo di avere, ma ho aperto anche un vaso di pandora di cui non ero troppo a conoscenza. Ho cominciato a seguire autori, blog e pagine facebook e instagram varie sul tema fumetto. Il classico effetto a catena dei social che ti continuano a suggerire roba più o meno di qualità.

Quello che ho trovato in questo vaso di pandora è un mucchio di gente, spesso di una certa età (ma non solo eh!) a cui non va più bene nulla. Come se ci fosse fumetto lecito e fumetto non fumetto: un eterno confronto con i grandi del passato, che non concede errore o ingenuità all’autore e al lettore del presente.
Possiamo tutti concordare sul fatto che viviamo nell’epoca del trita e ritrita: sempre più spesso vediamo autori nascere dalla popolarità sui social invece che passare direttamente per la casa editrice. E’ in un certo senso più facile, il mondo li conosce già, quindi hanno più probabilità di vendere. Questo chiaramente può portare ad un appiattimento dei contenuti, che vengono scelti a priori in base a cosa può acchiappare più linke. Ma è davvero sempre così? Non penso proprio, credo non basti fermarsi alla prima apparenza.

La sindrome del “ma come? Non l’hai ancora letto?”

Quando leggo cose tipo “ma come? non hai mai letto X? Pensi davvero di saperne di fumetto?”, mi esplode il cervello! E’ come se si dovesse nascere avendo già letto e conosciuto ogni classico, ma poi cosa ci rimane?
Qualche giorno fa sono uscita con un’amica che da poco ha iniziato a leggere fumetti. Ha proposto di passare in fumetteria e io non me lo sono fatto ripetere due volte. Però mi sono accorta di una cosa: ogni volta che lei tirava fuori un libro dallo scaffale e me lo mostrava con entusiasmo la mia reazione era tipo: “bello, già letto”; “ho tutto il cofanetto”; “ah , sì era uscito l’anno scorso”.
Mi sono fermata, mi sono per un attimo “guardata dall’esterno” e ho detto “Ew, è questo che sono diventata?” (immaginatevela un po’ tipo Yzma che dice “è questa la mia voce?” quando si trasforma in gatto).
Allora ho cominciato a scorrere tra i manga per trovarmi un bello shonen nuovo, mai letto e sentirmi meno una saccente pallosa. Ho deciso per lo shonen per avere un vero e proprio ritorno alle origini, considerato che mi sono appassionata al fumetto grazie ai classici manga per ragazzi.
E così sono uscita dalla fumetteria con Chainsaw man. Sì, un tizio che si può trasformare in uomo motosega.
Giuro che è molto meno peggio di quanto non sembri!

Certo, non sarà mai il mio titolo preferito. Spesso questi fumetti rimangono nei cuori dei lettori proprio perchè letti da giovani, perchè associati alla scoperta di un genere, non necessariamente per la storia in sè. Però ho provato a spogliarmi di quell’idea sviluppata negli anni che “il manga shonen sia tutto uguale”. Un po’ è vero, un po’ non è vero. Questo genere ha delle caratteristiche precise, che portano quindi a ritrovare spesso dei topos che si ripetono, ma alla fine, come per qualunque forma di narrazione, tutto sta nel come le cose vengono raccontate. Alla fine lui capirà il valore dell’amicizia, si metterà con la tipa coprotagonista e tutto il resto, ma come ci arriverà? Quali sfide dovrà affrontare? Arriverà alla fine della storia o gli caleranno una morte eroica a fine serie?
Non potremo mai saperlo se vi fermiamo alla trama o al primo volume della serie. Le cose cambiano e possono avere sviluppi inaspettati anche nella serie dall’aria più banale.
Prendiamo Soul Eater, uno dei manga pilastri della mia passione per i fumetti (il famoso manga letto in adolescenza, che sembra un capolavoro assoluto). Nei primi due volumi le illustrazioni sono piuttosto bruttine e c’è tanto di quel fanservice (per capirsi, tante tette) che si fa fatica a seguire la storia. Io ho avuto la fortuna di prendere in mano per primo il volume 17, quindi a storia già bello che avviata e ho conosciuto un Astushi Okubo (l’autore) più maturo, una storia interessante e complessa basata su luci e ombre. E ora sono qua a consigliarlo ogni volta che ne ho occasione.

Il fumetto è cambiato e cambierà, cerchiamo di conoscerlo, non di giudicarlo

La verità è che il fumetto è un campo incredibilmente vasto, che crescendo a vista d’occhio ogni giorno! Viene considerato sempre meno un genere e sempre più un linguaggio esattamente come i romanzi di solo testo. Quindi quello che mi chiedo a questo punto è: pretenderesti mai che una persona che scrive libri di cucina abbia letto shakespeare o guerra e pace? Direi proprio di no.

Quello che penso è che il fumetto con il tempo sia uscito dalle sole categorie “strisce umoristiche”, “superereoi” e “linea chiara” . Il fumetto è uscito (nel bene e nel male) dalla sua nicchia di estimatori e ora sta parlando ad un pubblico molto più vasto. E’ un modo per esprimere i concetti in modo rapido ed essenziale, che alle persone arriva di più. Si potrebbe parlare per ore dell’efficacia dell’immagine abbinata al testo, della possibilità di esprimere concetti attraverso una sequenza di illustrazioni, e ancora del fatto che ci è molto più facile empatizzare con un’immagine (soprattutto se stilizzata).

Nella medicina grafica per esempio, non ci sono sempre grandi illustratori, ma il fumetto diventa il mezzo di comunicazione per raccontare la propria storia e condividere il proprio punto di vista.
Mi ero già trovata a parlare dei ” fumetti brutti” tempo fa, perchè effettivamente anche io vivo spesso il pregiudizio che se il disegno non è perfetto allora non vale la pena leggere il libro. Però con il tempo ho maturato l’idea che ogni storia abbia bisogno del suo stile, e che a volte il “disegno brutto” può raccontare molto più di un disegno perfetto, ma senz’anima. La questione sta soprattutto nel connubio tra parole e immagini.
Detto questo ci tengo anche a precisare che secondo me per essere pubblicati come fumetti, sotto una certa soglia di scarabocchio non si possa scendere. Però non bisogna dimenticare che uno scarabocchio, con il tempo e un po’ di allenamento può diventare una grande illustrazione.

Allo stesso tempo, un fumettista che si sta formando non può conoscere tutto subito. Non è che esistano i 10 fumetti imprescindibili, perchè secondo me se si provasse a chiedere a veri esperti, ognuno avrebbe la sua lista. Ed è giusto così: se tutti avessimo gli stessi gusti e leggessimo le stesse cose, la narrazione per immagini non evolverebbe mai. Ne avevo già parlato a dicembre: spero di non smettere mai di trovare fumetti che mi stupiscono, classici che non conoscevo e nuovi autori emergenti che portano novità nel fumetto.

Paradossalmente con il tempo do sempre meno peso alle etichette. Sarà o non sarà un graphic novel? si dice il o “la” graphic novel (ho letto lunghi dibattiti a riguardo)?
La verità a cui sono giunta in tutti questi anni di letture è: se ti piace, leggilo. Anche se è un clichè, anche se gli altri dicono che prima dovresti leggere chissà quale grande autore. Fa bene leggere i classici, sono la storia, sono il percorso che ha portato il fumetto ad essere quello che è, ma non dimentichiamo che prima di tutto la lettura dev’essere benessere e piacere per chi legge (e anche la scrittura per chi scrive).
Dopo 100 Noccioline mi sento di poter lasciare questa riflessione con un minimo di esperienza e competenza acquista negli anni. Spero sia stato uno spunto di riflessione utile per qualcuno e accetto volentieri spunti da voi che leggete.

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