Gossamer
Gossamer è un aggettivo inglese che vuol dire impalpabile.
Un aggettivo che bene si accosta alla piccola creatura donatrice di sogni protagonista di Gossamer, il piccolo romanzo di Lois Lowry edito da 21 Lettere con la traduzione di Enrico Santachiara.
Gossamer ci porta nel mondo dei sogni, o meglio ci porta in quel luogo a metà tra sogno e realtà in cui i protagonisti sono minuscoli esseri che portano agli umani (ma anche agli animali) i sogni ma i co-protagonisti sono, appunto, le persone che senza saperlo subiscono il dono del sogno notturno. Dono quando a dare i sogni sono i piccolissimi donatori, punizione quando al loro posto arrivano i cattivissimi Sinistrieri. L’occasione narrativa che la Lowry sceglie per raccontarci questo microscopico paramondo che accompagna il “nostro” mondo è quella dell’arrivo di un bambino in affido a casa di una anziana signora, un tempo una maestra, che vive da sola col suo cane e che decide di mettersi a disposizione dei servizi sociali per accogliere per un periodo di tempo un bambino allontanato dalla sua famiglia d’origine per poi prepararlo al ritorno dalla mamma dopo che lei avrà a sua volta affrontato un periodo di rieducazione affettiva.
Sullo sfondo quindi del racconto di questo mondo di sogni in cui si intravedono in nuce alcuni elementi che ritroveremo in The giver (innanzitutto quella di qualcuno che possa trasmettere agli altri, donare, sogni pensieri ecc), c’è una condizione d’infanzia disagiata, maltrattata, che i piccolissimi donatori di sogni, nella battaglia con i Sinistrieri cercano di contribuire a sanare raccogliendo da tutti gli oggetti possibili e immaginabili ricordi e sensazioni positive da donare al bambino e anche alla donna che ha deciso di prendersene momentaneamente cura.
La costruzione del romanzo è interessante ed il ritmo mi pare spezzato, ad una prima parte piuttosto lunga e dal ritmo più lento che funge da creazione di quel contesto e ambientazione che permettono al lettore di insinuarsi nella storia e comprendere in che tipo di mondo sta entrando, segue una seconda parte dal ritmo più sostenuto in di fatto si svolge praticamente l’intero intreccio del racconto. E’ come se la Lowry ci avesse preparato il terreno per poter poi meglio seguire e reggere al racconto vero e proprio. In effetti il mondo dei piccoli donatori ha delle caratteristiche e regole particolari e del tutto sconosciute al lettore che l’autrice ha deciso di introdurre con un lavoro di preparazione del suolo di aspettative di ciò che il racconto porterà.
Devo dire che come leggerezza di scrittura e anche come vivacità narrativa la serie di Anastasia, edita anch’essa da 21 lettere, resta insuperata nella scrittura della Lowry, ad eccezione naturalmente di The giver che resta il suo capolavoro, ma il libro è più che piacevole alla lettura e per chi si appassiona agli autori è bellissimo poterli vedere crescere e sperimentare nella scrittura anche al di fuori ed oltre (e prima cronologicamente) ai titoli più noti.