La casa del contrabbandiere

Dunque dunque, diciamo che per quel che mi pare di capire uno dei punti di forza della scrittura della Huizing, e ovviamente ma non stonatamente della traduzione di Anna Patrucco Becchi, è l’incipit.

La casa del contrabbandiere, di Annet Huizing, tradotto da Anna Patrucco Becchi per La nuova frontiera Junior, esattamente come Come ho scritto un libro per caso ha un incipit che appiccica il lettore e non lo molla più.

Mio padre sa andare in bicicletta con una gamba sola. Del resto ne ha una sola. Una e mezza, per la precisione. Sa andare in bicicletta con una gamba sola indossando un marsupio sul davanti con un bebè dentro con le stampelle sul manubrio.

Et voilà, i due personaggi presentati: chi dice “io”, e che deve essere parecchio cresciuto dal quando il padre se lo portava in giro nel marsupio inbicicletta con una gamba sola, e suo padre.

Saranno loro a dominare l’intera narrazione sullo sfondo di una condizione familiare particolare e di una location decisamente insolita e così importante per la trama da trovare spazio sin dal titolo.

In 2 parole 2 vi raconto la storia per poi tornare al libro 🙂

Ole è il narratore, ed è il figlio dell’uomo con una gamba e mezza che ci viene presentato nell’incipit, e di una mamma molto dolce, attenta e presente… fino a quando non decide di andare 100 giorni in Tibet per prendersi del tempo per sé lasciando figlio e marito a gestire una situazione familiare a dir poco complessa. Il marito infatti riceve un’eredità dal padre che non ha nemmeno mai detto al figlio di aver conosciuto, un uomo dal qual è scappato e col quale non ha mai più voluto a che fare e di cui tuttavia si trova ad ereditare la casa. Visti una serie di sfortunati eventi economici la famiglia decide di trasferirsi temporaneamente in questa casa, sul confine col Belgio, e qui prenderà piede di fatto l’intera narrazione.

Si inseriranno alcuni bellissimi personaggi secondari e soprattutto questa figura del nonno che impariamo a conoscere insieme alla casa… un nonno fuorilegge ma non di quei fuorilegge romantici in cui si può trovare il lato positivo, no no proprio fuorilegge e pessimo da qualsiasi punto di vista lo vogliamo vedere.

Ovviamente qui mi fermo e vi lascio in pace scoprire la storia del contrabbando tra Olanda e Belgio, la complessità dei protagonisti e tutto ciò che di bello ha la trama, o meglio l’intreccio, di questo libro.

Se invece torniamo sulla scrittura, naturalmente facendo la tara e sempre ricordandoci che abbiamo di mezzo una traduzione, i romanzi della Huizing scivolano via che è un piacere con questa focalizzazione interna che ci dà uno spaccato specifico della narrazione, prendiamo parte alla vicenda e prendiamo la parte di Ole assumendo il suo punto di vista che spesso viene lasciato perplesso dal comportamento adulto, come dargli torto dopotutto. E’ proprio a Ole che dobbiamo tuti gli scatti di variazione della narrazione, più il padre gli dice di non immischiarsi più lui riesce a insinuarsi con il suo essere ragazzo in cerca di domande prima, e di risposte poi.

In tutto questo domina la narrazione, anche in questo romanzo, un’ironia sottile ma permanente e pervasiva che ci fa sorridere più di qualche volta e che alleggerisce l’insieme della narrazione dandole quel tono un po’ frizzante che ci fa scivolare ancora meglio le pagine tra le dita.

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p.s. Bella anche la postfazione che inquadra storicamente la storia nella Storia e ci dà dei segnali interessanti per comprendere come ha funzionato l’officina della scrittura tra spunti cronachistici e invenzione letteraria!

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