Cose così cose cosà
Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.
“Cose Così Cose Cosà”
Età: dai 3 anni
Pagine: 64
Formato: 27.5 x 37.5
Anno: 2021
Editore: Ippocampo
Autore: Bernadette Gervais
L’albo di oggi, in cartella… non ci stava.
Grande formato. Copertina cartonata. Colorata. Ordinata. “Magnetica”, cattura lo sguardo.
Più di qualcuno mi ha chiesto:
– Insomma alla fine sei riuscita ad andare a Bologna? [Bologna Children’s Book Fair]
– [“Ebbene sì!” Assento silenziosa e soddisfatta].
– E cosa hai preso di bello?
– Cose così, cose cosà…
Mi guardano di traverso come per dire: “Rispondi seriamente”.
Ma è vero. È proprio così!
“Cose così cose cosà” è proprio il titolo del libro (uno dei libri) a figure che ho preso.
E che ho subito portato in classe.
Forse, in questo caso, più che un “albo illustrato”, potremmo definirlo un “illustrato con parole”. Infatti prevalgono di gran lunga le immagini rispetto al testo. Non c’è una vera e propria trama, una storia. Si tratta più di una serie di quesiti, provocazioni, temi. A cui seguono risposte o possibili interpretazioni. Alcune immagini sono decisamente didascaliche, altre appartengono a uno sguardo frutto di un pensiero più divergente.
La grafica è efficace, chiara e pulita.
Ho acquistato in Fiera quest’albo perché per me gli albi di grande formato sono I R R E S I S T I B I L I !
E questa volta in classe ho deciso di azzardare una proposta “al contrario”.
Solitamente prima leggiamo poi scriviamo. Questa volta, invece, prima scriveremo, poi leggeremo.
Una scelta di questo tipo è dettata, a monte, dalla volontà di non influenzare o incanalare il pensiero dei bambini.
Prima di raccontare i dettagli dell’esperienza di lettura in classe vorrei però soffermarmi sul titolo:
“COSE COSÌ COSE COSÀ”
Lo trovo spettacolare.
Dice tanto, ma non dice tutto. Fa intuire ciò di cui parla, ma al contempo lascia spazio all’immaginazione. Il lettore può fermarsi, perdersi, pensare, ritornare.
Cose così cose cosà mi fa pensare al mio comodino.
A volte, un po’ assonnata, lo apro, con gli occhi semichiusi per cercare un fazzoletto, senza affacciarmi. Entro nel comodino cautamente con la mano, non con gli occhi. Ebbene, per cercare il fazzoletto uso quindi principalmente il tatto, ma, nel cercarlo, incontro cose altre, insomma… cose così cose cosà.
Così mi distraggo cercando poi qualcosa… a caso.
Tocco, tasto, penso e di nuovo tocco, tasto, penso.
Cerco di indovinare cos’è.
Nel mio comodino c’è un po’ di tutto e mi diverto a indovinare ogni oggetto che tocco.
Spesso accade che alla fine il fazzoletto nemmeno ci sia, ma magari ho trovato qualcosa di appiccicoso… tipo un post it, qualcosa di pungente… tipo una forcina per capelli, qualcosa di morbido… tipo il vecchio portachiavi di peluche. Insomma tante cose_così_cose_cosà che dicono molto di me.
Entro in classe.
“Maestra cosa prendiamo? Quaderno? Libro?”
“Niente di tutto ciò… questa mattina facciamo un gioco”
“Un gioco, che bello!”
La parola gioco è una parola magica. Si può usare in qualsiasi situazione, a una sola condizione, cioè che sia vero.
Quali caratteristiche deve avere un gioco per esser definito tale?
1) Ci si deve divertire
2) Ci devono essere delle regole
3) Ci deve essere un obiettivo finale
Gioco e…
Forse ogni cosa può esser fatta per gioco, ma ciò non significa farla con leggerezza. Anzi, se si gioca lo si fa seriamente, mettendosi in gioco, ossia partecipando con tutto se stessi. Il gioco deve essere libero e creativo. Poi, può seguire un’attività correlata, ma questa non lo deve condizionare. Il termine “attività ludica” provoca in me una sensazione di insofferenza… o si gioca o si fa attività, entrambe le cose contemporaneamente non è fattibile. Anzi, si può fare ma il rischio è quello che io chiamo “effetto combinato”.
Ricordo quando dovevo acquistare il forno e il microonde o la lavatrice e l’asciugatrice. Il primo commesso propose un “combinato”, il secondo lo sconsigliò. Perché? Certo ci possono essere dei vantaggi economici e di spazio, ma a lungo andare se uno ha problemi essendo il macchinario lo stesso, non si può recuperare nemmeno quello che funziona. L’attività ludica è lo stesso. Mescolare due cose per farne una nuova più funzionale alla didattica ha in sé il pregio di risparmiare tempo ma anche il rischio di risultare noiosa come una lezione frontale. Ecco perché a me piace giocare e piace fare attività, senza la pretesa che un’attività sia un gioco o viceversa.
“Ciascuno deve avere a disposizione due fogli bianchi e astuccio”
Così comincio come la migliore trasmissione-tutorial: mostro, eseguo, spiego. “Fatto?!”
Prendo il foglio, lo piego a metà in orizzontale, poi ancora a metà in verticale, poi di nuovo a metà in orizzontale.
“Mi raccomando, i piegamenti devono essere precisi e definiti, aiutatevi premendo con i polpastrelli e la punta dell’unghia”
“Io non riesco”
“A me non viene la metà”
Ah… la manualità fine, questa grande sconosciuta. I bambini di oggi, i cosiddetti “nativi digitali”, hanno bisogno più che mai della Scuola del Fare tanto cara a Dewey e, a mio avviso, è un’attenzione indispensabile da avere come insegnanti ed educatori.
Le Indicazioni Nazionali lo dicono chiaramente che le competenze sono il connubio di abilità e conoscenze, ma troppo spesso ci si lascia sopraffare dal mero nozionismo che, se fine a se stesso, è forse utile solo a completare il programma.
“Con calma tutti possono riuscirci e il secondo foglio verrà meglio del primo. Ora spezzate il foglio con le mani seguendo le linee tracciate. Solo l’ultimo non va spezzato che fungerà da copertina. Oggi creeremo un minibook. Finito il primo foglio, procediamo con il secondo”.
Poi abbiamo numerato le pagine fronte retro. Scritto l’argomento in ogni pagina. Infine le indicazioni per l’avvio del gioco. Preceduto dall’immancabile esempio.
“Se dicessi COSE CHE SI APRONO cosa direste? 3… 2… 1… via!”
“Armadio”
“Porta”
“Finestra”
“Bocca”
“Lettera”
“Occhi”
Sorridono.
Il gioco piace!
“Ora avete tempo per scrivere cose di ogni genere che vi vengono in mente. Potete scrivere la parola in penna, matita, pennarello. Potete fare i disegni e non scrivere oppure potete sia scrivere che disegnare l’immagine. Non c’è un giusto o uno sbagliato. Ci siete solo voi e ciò che la vostra mente può pensare. Divertitevi!” [Questa la consegna. Dopodiché sono partiti].
Silenzio e tante idee.
Ovviamente anch’io ho giocato per me, indisturbata… o quasi (c’è sempre l’insicuro che pur non essendoci giusto o sbagliato ha bisogno di conferme).
Questo gioco può esser fatto anche con bambini più piccoli, oralmente. Se invece si vuol proporre a bambini del primo ciclo primaria, si può fare, ma bisogna ridurre il numero delle “Cose” e predisporre prima il minibook.
Il tempo è volato e hanno insistito per sforare e concludere.
Mi piace quando c’è un coinvolgimento globale equamente distribuito, significa che la proposta funzione ed è efficace per l’apprendimento.
Poi è giunto il momento della lettura vera e propria e dalla mia borsa di stoffa di grande formato ho sfilato “Cose così cose cosà”.
Occhi attenti e brillanti di sorpresa!
“Nooooo… ma c’è il libro vero?!?”
Questa volta ho colto tutti con stupore, anche il mio alunno scettico vicino al termosifone che solitamente ci vede lungo. 😉
“Ma Chiara, poi leggiamo anche i nostri?”
“Certo!”
Inizio a leggere.
Cala il silenzio.
“Cose così cose cosà di Bernardette Gervais, Ippocampo Edizioni”.
Cose che si aprono
Cerniera lampo
Pigna
Bocciolo
Ombrello
Cose che profumano
Mughetto
Vaniglia
Rosa
Sapone
Torta di mele
Aghi di abete
Profumo
“Cose così cose cosà” continua così, conoscendo cose di ogni tipo e anche qualche cosa straordinaria.
Commenti a caldo
“Bellissimo questo libro Chiara, diverso, ma bello… va sfogliato con calma”
“Scegli sempre dei bei libri”
“A me sono piaciute un sacco le illustrazioni anche se non capivo bene se erano disegni o foto perché alcune volte mi sembravano disegni altre foto”
“A me è piaciuto perché è molto colorato”
“A me è piaciuta la Ferrari anche se è un modello un po’ vecchio quello”
“Ora diciamo le nostre cose così cose cosà?”
Alcune cose così cose cosà li hanno davvero stuzzicati e hanno pensato a cose di ogni genere, a volte non scontate.
Cose che si aprono: libri, zip, pc, ponte levatoio, astuccio, cassetto, banana, zaino, scatola, coperchio del water, fazzoletti…
Cose che profumano: frutta, fiore, profumo, vestiti puliti, sapone, gelato, torta, rosmarino, mamma…
Cose che si illuminano: torcia, candeline di compleanno, lucciola, occhi…
Cose che pizzicano: fascia di lana, collutorio, fratello, mani, peperoncino, meduse, schegge, formiche rosse, cactus, zanzara…
Cose a strisce: zebra, arcobaleno, magliette da calcio, bandiera, matita, gatto, ape, tigre, pigiama, xilofono
Cose veloci: ghepardo, bus, fulmine, elica, tappo di spumante quando lo apri, scale mobili, luce, vento, bici da corsa, i secondi, Babbo Natale
Cose che pungono: meduse, ape, alghe, ortica, filo spinato, forchetta, punta della penna, tavola del fachiro, arma medioevale, una sconfitta
Cosa straordinaria: il calcio, gli scacchi, un libro di Harry Potter, il Natale, andare in barca, avere una casa in montagna, vincere una gara
Cosa ancora più straordinaria: l’arcobaleno, la neve, che finisca il covid, che torni la pace, la mia famiglia
Infine il gioco al contrario.
Primi rudimenti di classificazione. Elenco cose con una caratteristica comune e i bambini devono indovinare di che “cose così cose cosà” si tratta.
Fragola, coccinella, pois [cose puntinate]
Polpetta, patata, paletta, pancia, palla [cose che iniziano per P e finiscono per A]
Gatto, luna, buco, carbone [cose nere]
The, tisana, acqua, latte, cioccolata [cose calde]
Caramella, cioccolatino, miele, zucchero filato [cose dolci]
E per finire…
Concludo la mia lettura personalizzata di “Cose così cose cosà” con delle categorie che coincidono con delle precise tipologie di bambini presenti nella classe [adorano quando parlo di loro].
Ci sono le “cose che cadono” (faccio l’elenco con nomi e cognomi) e ridono perché vi assicuro che inciampano davvero spesso e loro stessi si riconoscono all’istante nell’elenco/gruppo. La colpa senz’ombra di dubbio è sempre degli zaini che intralciano il passaggio, dei banchi che intralciano il passaggio, dei compagni che intralciano il passaggio… certo, certo…
Ci sono, poi, le “cose che fanno il paio” (faccio nomi e cognomi) e ridono. Sono quei compagni che viaggiano sempre in coppia e sono efficaci, nel bene e nel male, sempre quando sono in due. Nella mia classe ho almeno quattro coppie significative: le “amiche-amiche”, i “ridi-ridi”, i “sempre-insieme”, gli “sfibranti”.
“Cose che pizzicano” e qui (faccio sempre nomi e cognomi) durante la lezione sono sempre pronti a punzecchiare.
“Cose che illuminano” e nomino chi illumina le nostre lezioni con perle di saggezza.
“Cose che profumano” e nomino le profumatissime che usano uno shampoo zuccheroso o indossano maglioni appena lavati.
“Cose che brillano” e nomino tutte le bambine che amano indossare magliette con brillantini e paillettes.
“Cose che fanno un certo rumorino” e giunti a questo punto il mio “bambino-radio” preferito dice “Sono io, lo so”. [Sorrido. Ha indovinato].
Eh già…
A volte fare lezione con il brusio di sottofondo è difficile, ma senza tutti questi “bambini così, bambine cosà”… io non so come farei!