Caro Mr. Henshaw

Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.

Caro Mr. Henshaw

Età: dai 10 anni
Pagine: 136
Formato: 14,6 x 21,5
Anno: 2021
Editore: il Barbagianni
Autore: Beverly Cleary
Illustratore di copertina: Maria Giròn
Illustrazioni interne: Vittoria Dalla Torre

È la prima volta che non do avvio all’anno scolastico leggendo un libro a figure.
Quest’anno, ho scelto di leggere un libro di narrativa.
Ci ho pensato su parecchio per decidere cosa mettere in cartella, ma poi… ho seguito il cuore e ho lasciato che fosse Leigh Botts ad accogliere i miei alunni.

Quest’anno iniziamo la classe quinta.

Caro Mr. Henshaw – copertina

Leigh è il protagonista di “Caro Mr Henshaw”, scritto da Beverly Cleary, edito da Il Barbagianni. Leigh è un bambino che sogna, da grande, di diventare uno scrittore famoso come il suo autore preferito: Mr. Henshaw, appunto. Con lui intrattiene una corrispondenza, più o meno corrisposta, ma che si rivelerà altamente formativa.

Perché questa scelta?

Almeno per tre buone ragioni:

La prima: mi piace cominciare da dove ho finito (e questo era uno dei libri suggeriti per le letture estive e di cui, a giugno, avevo letto l’incipit).

La seconda: mi aveva colpito la pagina in cui Leigh dice di essere in quinta, un dato di fatto, che coincidenza!, un buon punto di partenza. Credo sia indispensabile lasciar spazio ai bambini per i racconti dell’estate, per esprimere le aspettative verso il nuovo anno, per prepararsi a importanti cambiamenti del corpo e del pensiero. Quest’anno sarà per loro un anno particolare, la conclusione di un ciclo. Sarà un anno di crescita e per certi aspetti di inevitabile consapevolezza.

La terza: l’espediente narrativo. Questo libro è una via di mezzo tra una raccolta di lettere e un diario, un diario scritto sotto forma di lettera, una lettera che evolvendo si trasforma in diario e, nel momento in cui sembra non aver senso, porta il protagonista a una rinnovata coscienza e conoscenza di sé. Questa alternanza lettera-diario-lettera porta ad un intreccio che funge da filo conduttore e nel suo essere si evolve, cresce, proprio come accade anche a Leigh.

Caro Mr. Henshaw – classe quinta

I racconti di Leigh

I racconti di vita quotidiana di Leigh sono così realistici e autentici da raggiungere in maniera diretta i bambini lettori, permettendo loro di identificarsi.
Le illustrazioni che accompagnano i racconti sono disseminate qua e là, sempre efficaci ed estremamente incisive. Mantengono lo stesso stile, variano per dimensione e orientamento. A volte più grandi, altre piccole. A volte verticali, altre orizzontali. A volte occupano una pagina intera altre metà, ma entrambe le facciate. Tutte in bianco e nero, al tratto, in un gioco di chiaro scuri.

Le parole da sole non bastano

Preferisco l’esperienza alle parole. Le parole da sole non bastano. E così il primo giorno ho accolto i miei alunni con una lettera, a ciascuno la sua.

Quale miglior modo per proporre una didattica personalizzata?
E quale miglior modo per introdurre un nuovo testo narrativo se non facendone esperienza?

“Chiara, ma le hai scritte a mano una ad una… quanto ci hai impiegato?”
“Grazie, è davvero bello che tu abbia scritto a tutti una lettera”
“Che bella la busta chiusa con la ceralacca. Con una C perché ti chiami Chiara, che forte!”

Caro Mr. Henshaw – il libro

Per fortuna, malgrado siano cresciuti, mostrare il libro è ancora il sistema più efficace in classe per richiamare il silenzio a velocità della luce.

Il vociare si fa brusio
Il brusio si ammutolisce
Inizio a leggere

Occhi svegli
Orecchie attente
Ogni tanto qualche sorriso in risposta al testo

2 ottobre

Caro Mr. Henshaw,
sono in quinta adesso.
Ti farà piacere sapere
che ho fatto una presentazione di Come far
felice un cane
. Alla classe è piaciuto e abbiamo
riso tanto. La maestra mi ha messo A meno.
Il meno, ha detto, è perché dondolavo su
un piede solo.

Cordiali saluti,
Leigh Botts

E ancora…

Caro Mr. Henshaw, mamma ha trovato la tua lettera e la lista di domande che io sono stato così stupido da lasciare in giro. Abbiamo litigato parecchio. Lei dice che devo rispondere alle tue domande perché gli scrittori sono persone che lavorano come tutte le altre e se tu hai dedicato del tempo alle mie domande, io devo rispondere alle tue. Dice che non posso andare avanti nella vita aspettandomi che tutti facciano cose per me. Diceva le stesse cose a mio papà quando lasciava i calzini sul pavimento. Be’, adesso vado. È ora di andare a letto. Magari mi decido di rispondere alle tue domande, magari no. Non c’è nessuna legge che mi obblighi a farlo. Forse non leggerò più i tuoi libri.
Il tuo disgustato lettore Leigh Botts
P.S Se mio papà fosse qui, ti direbbe di andare a fare un giretto.

Caro Mr. Henshaw – pag. 16

E ancora…

Siediti, spremiti, sbrigati, spicciati.
Scrittore scelto, scrivi sciolto,
sarò salvo se sarai svelto
sennò sarò
sepolto.

Commenti a caldo

“Chiara, ma è una filastrocca?”
“No… so io come si chiama, è uno scioglilingua!”
“Leigh ha fatto la presentazione del libro come facciamo noi con i book-talk”
“E ridono un sacco in classe, come noi…”
“Ma questa è una storia vera? Cioè esiste davvero Leigh Botts e questo autore?”
“Possiamo leggere ancora un po’?”
“Chiara, continueremo, vero, a leggere il libro anche dopo aver finito di rispondere alle domande?”

I primi giorni pensavo mi chiedessero di leggere per evitare qualche altra attività. Con il passare dei giorni, mi sono resa conto che hanno proprio bisogno di questa lettura. Hanno bisogno che qualcuno legga loro ad alta voce come piccolo gesto di cura. Hanno bisogno di incontrare Leigh e di far un pezzo di strada assieme a lui. Hanno bisogno di staccarsi dalla realtà per approdare nella sfera dell’immaginifico che dà senso e significato alla realtà proprio perché da essa distaccato.

Scrivere non è cosa facile.

Per scrivere ci vuole disciplina.
Bisogna scrivere sistematicamente.
Bisogna leggere sistematicamente.
Non basta lasciarsi trasportare dall’impeto.
Bisogna pensare.
Riordinare le idee.
Abbozzare un testo.
Revisionarlo.
Ortografia e morfosintassi non sono un’opinione.
Uso corretto dei tempi dei verbi.
Uso corretto della punteggiatura.
Scrivere non è cosa facile.

Ma, seguendo alcune indicazioni, è cosa fattibile e divertente.

Da qui l’idea di un’attività di scrittura che ho svolto anch’io assieme a loro.

Dopo aver letto le prime pagine di “Caro Mr. Henshaw”, ho proposto loro di rispondere alle domande a cui ha dovuto rispondere, non senza fatica, Leigh Botts. Tre fogli A4, piegati a metà, uno dentro l’altro a formare una sorta di libretto, una domanda per pagina e, in “copertina”, un’immagine tratta da una delle più belle illustrazioni del libro.

Caro Mr. Henshaw – Io sono…
  1. Chi sei tu?
  2. Che aspetto hai?
  3. Com’è la tua famiglia?
  4. Dove vivi?
  5. Hai degli animali in casa?
  6. Ti piace la scuola?
  7. Chi sono i tuoi amici?
  8. Qual è il tuo professore preferito? (In ottica medie oppure maestro/a)
  9. Che cosa ti dà fastidio?
  10. Che cosa vorresti?

Se da un lato quando ho letto le bozze dei miei alunni mi son sentita un po’ abbattuta pensando all’efficacia del mio operato dal punto di vista dell’ortografia e della morfosintassi, dall’altro i contenuti mi hanno sorpreso positivamente, sempre. Mi hanno spiazzato. Mi hanno fatto pensare.
Questo lavoro di scrittura ci ha impegnato quasi tutti i giorni dall’inizio della scuola, preceduto da un momento di lettura ad alta voce del testo. (Il testo, tra l’altro, è scritto in carattere ad alta leggibilità per cui si presta anche facilmente ad una lettura individuale).
Li ho invitati a non rispondere in ordine delle domande, ma di seguire il proprio ordine, in base al flusso di idee.
Prima di dar inizio al momento di scrittura autonoma ho letto, come esempio, prima una risposta di Leigh e poi una delle mie risposte

1. Chi sei tu?

Come ti ho detto, sono Leigh Botts. Leigh Marcus Botts. Non mi piace il nome Leigh perché molta gente non sa come si pronuncia o pensa che sia un nome da ragazza. Mamma dice che con un cognome come Botts ci va un nome fantasioso ma non troppo. Il nome del mio papà è Bill e quello della mamma è Bonnie. Lei dice che Bill e Bonnie Botts sembrano usciti da un fumetto.
Sono un ragazzo di quelli normali. Nella mia scuola non dicono che sono “dotato” né “di talento”, e non mi piace il calcio come ci si aspetta da tutti in questa scuola. Non sono nemmeno stupido.”

9. Che cosa ti dà fastidio?

Mi danno fastidio molte cose, non so perché. Mi dà fastidio chi apre lo yogurt e lecca il tappo, mi dà fastidio chi succhia il tappo della maionese, mi dà fastidio chi lecca il cucchiaino, ma non ha finito di intingerlo nel vasetto di marmellata o cioccolata. Mi dà fastidio chi pulisce il piatto con il dito e poi lo succhia. Insomma mi dà fastidio tutto quel lecca, ciuccia, succhia, tocca… e il rischio poi di entrare in contatto con suddette cose. Mi dà ancor più fastidio che queste cose siano fatte da determinate persone.

Mi danno fastidio le schifezze in generale, chi si mette le dita nel naso e magai poi in bocca o al contrario. Chi si mangia costantemente le mani, le unghie, le pellicine o cose del genere. Mi dà fastidio chi è sporcaccione, chi ha una cosa tra i denti e se la toglie in pubblico, non curandosi degli altri, come fosse una scimmietta. Mi dà fastidio chi è falso e il fatto che io lo percepisca. Mi dà fastidio quando io rimango male per qualcosa e non dovrei”.

Incredibile come, offrendo un modello, la scrittura possa essere appresa più facilmente. La forza dell’esempio.
Interessante quanto emerso durante questa attività che, pur essendo impegnativa ha offerto loro la possibilità di esprimersi.

1. Chi sei tu?

Ho dieci anni, sono una bambina curiosa e vorrei sapere tutto. A volte chiedo ai miei genitori cose come «Quanto grande è il mondo?» oppure «Perché il cielo è azzurro? » o «Come si dice tigre in tedesco? », «E cane? ». Insomma, cose così […]

2. Che aspetto hai?

Dicono abbia il sorriso di mia mamma, anche se per me il suo è molto più bello […]

3. Com’è la tua famiglia?

La mia famiglia è numerosa e io sono il più grande quindi quello che ha meno attenzioni (cosa che non mi piace) […]

4. Dove vivi?

I miei genitori sono separati quindi diciamo che devo far su e giù per tre case. Non so il motivo per cui si sono lasciati, ero piccolo. Comunque voglio bene sia alla famiglia da parte di mio papà, sia alla famiglia da parte di mia mamma. Sono la mia famiglia […]

5. Hai degli animali in casa?

Purtroppo, no. Prima che nascessi mio fratello aveva un criceto. La zia poi lo dimenticò al sole e fece una brutta fine […]”

6. Ti piace la scuola?

La risposta mi sembra abbastanza ovvia. Per andare a scuola, la sveglia suona alle sette e questa cosa mi sembra già abbastanza orribile […]

9. Che cosa ti dà fastidio?

Mi dà fastidio chi mi finisce il discorso, chi mi parla sopra, mi dà fastidio le persone che sanno che mi dà fastidio qualcosa, ma la fanno comunque […]

10. Che cosa vorresti?

Vorrei che il mondo fosse giusto per tutti, senza guerra, senza problemi climatici né politici […]

Dopo giorni immersi nella scrittura abbiamo condiviso.

Condividere è un’opportunità, ma non un obbligo. A turno sono usciti (alcuni) e hanno letto alla classe la risposta di cui erano fieri. Il resto della classe ascoltava e poi poteva fare degli interventi pertinenti.
È stato interessante la scelta operata da ciascuno. Una sorta di involontaria metacognizione. Decisamente efficace. Di fatto hanno scelto il proprio brano “migliore”: punteggiatura adeguata, qualche espediente narrativo, un po’ di ironia.
I compagni hanno ascoltato con attenzione e hanno posto osservazioni interessanti, commentando in maniera opportuna, sottolineando gli aspetti positivi per cui il testo funzionava molto bene ed evidenziato aspetti migliorabili come, ad esempio, il volume della voce durante la lettura oppure l’intonazione nel rispetto della punteggiatura. Hanno colto quando le ripetizioni erano volute e quando gli aggettivi hanno reso la descrizione personale e coinvolgente.

Cosa mi è piaciuto dell’esperienza di lettura in classe di questo libro?

Molti aspetti… ma tre in particolare.

È vicino al pensiero e alle situazioni di vita di molti bambini. Essendo scritto come un diario e in stile epistolare offre loro la possibilità di leggerlo a piccole dosi e di prenderlo come spunto per scrivere ed esprimersi liberamente, esulando dal “compito” come “dovere”, dallo scrivere vincolato alla “prova di ingresso”.

Ci ha aiutato a riprendere la buona prassi della lettura quotidiana, abitudine acquisita gli anni scorsi grazie al progetto Lasciami Leggere. Un’attività così semplice e sana di cui in classe non si può più fare a meno. Ogni giorno, stessa ora, tutti, ma proprio tutti, ci si ferma e si legge, quello che più piace, per almeno un quarto d’ora. Piccoli semi per far crescere lettori di oggi e di domani.

Infine… la condivisione. Il condividere la lettura con i miei alunni. Perché una lettura condivisa è una lettura amplificata e il fatto che questa sia la prima lettura mi riempie di entusiasmo pensando già alle prossime letture.

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