L’ultimo orso
April si trovò faccia a faccia con l’orso polare esattamente tre settimane dopo il suo arrivo all’Isola degli Orsi. Prima però aveva dovuto arrivarci, e quel viaggio era iniziato da circa quattro mesi.
Dai, pensiamoci un attimo, quanti libri conoscete che nelle prime 4 righe svelano il clou della narrazione senza timore di bloccare la spinta alla lettura del lettore?
L’ultimo orso di Hanna Gold, alla sua prima prova (e se iniziamo così c’è di che sperare), edito da Salani con la traduzione di Cristina Brambilla e le magnifiche, ma davvero magnifiche, illustrazioni di Levi Pinfold, è questo tipo di libro: il libro che non ha bisogno di nascondere nulla, per tenere agganciato sin dalla prima pagina, anzi dalle prime righe, il suo lettore o la sua lettrice.
L’ultimo orso è un romanzo che ci porta al polo nord, nell’arcipelago delle Svalbard, sull’Isola degli Orsi per essere precisi, insieme a April Wood e suo padre. April ha 11 anni e diciamo che si deve arrangiare in tutto e per tutto perché da quando non c’è più la sua mamma e vive sola col papà ha dovuto gestire l’assenza, quando non fisica anche mentale, del papà. Un papà così concentrato sul suo lavoro da quasi dimenticare di vedere sua figlia, così concentrato nel suo dolore da non vedere quello della figlia. Un papà tanto bravo nel suo lavoro di ricerca scientifica da essere mandato dal governo Norvegese per 6 mesi a misurare le temperature al Polo Nord per portare avanti le ricerche e gli studi sul cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacci. E’ così che April e il padre finiscono per sull’Isola degli Orsi chiamata così perché una volta vi abitavano gli orsi polari che vi arrivavano attraverso la banchisa che collegava l’isola alle altre dell’arcipelago, ma sono ormai molti anni che sull’isola non esistono più orsi… o almeno così si pensava prima che arrivasse April.
Questo è il racconto di due solitudini che si incontrano, di una che si mette al servizio dell’altra perché ne sente la responsabilità; questo è il racconto di un’amicizia incredibile tra specie diverse in cui la comunicazione avviene per empatia e tanto la bambina quanto l’Orso arriveranno a mettere in pericolo la loro stessa vita per salvare quella dell’altro.
“Una storia indimenticabile”, recita la citazione di Michael Morpugo impressa in copertina ed è proprio così. Non credo dimenticheremo facilmente la storia di April e Orso, così diretta e viva e vivida nella narrazione in terza persona da schiacciarci al nostro posto di lettori e da commuoverci, ma anche da chiamarci in causa nel nostro ruolo di cittadini e di umani responsabili di una colpa condivisa verso il nostro Pianeta.
Più volte ho temuto che l’urgenza, assolutamente comprensibile e condivisibile, di portare avanti forte e chiaro il messaggio legato alla minaccia ambientale “rovinasse” la scrittura e la narrazione, la rendesse didascalica e facesse scadere la metafora letteraria in una similitudine con la realtà.
E invece no, la scrittura (che comunque leggiamo qui in traduzione), e soprattutto la costruzione narrativa reggono e ci regalano una storia che con la realtà ha molto a che fare ma ancora di più ha a che fare con ciò che è non irreale bensì fantastico, perché il rapporto che si crea tra April e Orso, le loro avvenute, afferiscono al campo del fantastico, nel senso più ampio e magnifico del termine, non dell’immaginario. Questa è una fantasia direi tangibile, un fantastico quanto mai reale e realistico, in cui trovano spazio, come sempre deve accadere in un’opera letteraria, molteplici livelli interpretativi e di lettura. Dal più semplice e diretto al più metaforico e introspettivo. Scegliete quale vi è più congeniale, quale sentite che meglio fa vibrare la vostra passione di lettori e lettrici e godetevi la lettura in pieno.
Ma soprattutto offrite questa lettura alle ragazzine e ai ragazzini che avete intorno, ne vale la pena sotto ogni aspetto!
Chiudo non potendo non richiamare l’attenzione sul grandissimo Levi Pinfold che qui ritroverete in tutta la sua potenza illustrativa nelle poche e magnifiche tavole che cadenzano la narrazione.