Sulla vita sfortunata dei vermi
Chi mi segue sa che adoro i libri come Sulla vita sfortunata dei vermi di Noemi Vola edito da Corraini.
Si perché Sulla vita sfortunata dei vermi, sottotitolo “Trattato abbastanza breve di storia naturale” mi pare si inserisca nel solco di quella meraviglia che è Sulla vita dei lemuri di Andrea Antinori e che avevo adorato. Ma qual è il grande pregio di questi libri e di Sulla sfortunata vita dei vermi in particolare in questo caso?
Posto che basterebbe questo rosa shocking del libro e palette dei colori interni o l’ironia del titolo e del sottotitolo, in realtà la cosa che mi piace e convince di più di questo approccio è il gioco che si crea tra l’invenzione pura al limite direi dell’assurdo, e la divulgazione.
D’accordo, Sulla vita sfortunata dei vermi, a differenza di Sulla vita dei lemuri non si chiude con un apparato di informazioni “vere” e scientifiche, e tuttavia è innegabile che il libro parta dall’osservazione di questi animali, i lombrichi, ovvero i vermi che nulla hanno a che vedere con i bruchi, come viene ben spiegato nelle prime pagine di questo trattato che di breve non ha proprio nulla.
Insomma, se uniamo l’osservazione dei vermi, alcune deduzioni logiche a cui possiamo arrivare dall’osservazione applicando il metodo empirico, l’arte di usare l’illustrazione a scopo più ironico che dimostrativo, e la fantasia sfrenata che porta la Vola ad immaginarsi i vermi nelle situazioni più disparate, ecco che Sulla sfortunata vita dei vermi non potrà che apparirci in tutta la sua bellezza…
Aggiungiamo un ulteriore elemento di interesse, curiosità e ammirazione: i due aggettivi presenti nel titolo e sottotitolo: “sfortunata” e “breve” il primo riferito alla vita dei vermi e il secondo al trattato; la stazza di questo libro vi farà capire all’istante il carattere ironico del secondo aggettivo, quanto al primo invece, “sfortunata”, potrebbe sembrarci riferito al fatto che queste bestie non vengono calcolate da nessuno, non sono bruchi e quindi non saranno mai farfalle, e collezionano situazioni in cui nessuno si vorrebbe mai trovare… In questo senso “sfortunata” apparirebbe aggettivo appropriato, c’è qualcuno più sfortunato di un verme? Potrebbe venirci spontaneo chiudere.
E invece forse non è proprio così, intanto quello “sfortunata” io lo trovo poco consono alla vivacità di colori e forme che il libro sprigiona e già qui ci potrebbe essere un primo livello ironico dell’aggettivo, inoltre come vedrete leggendo e osservando il libro apparirà chiaro che non c’è fortuna o sfortuna nella vita dei vermi essendo animali con delle caratteristiche naturali e legate ad un ambiente di un certo tipo. La parola fortuna, piuttosto, qui potrebbe essere utilizzata nel suo senso originario di vox media: né buona né cattiva, quella che Sulla vita sfortunata dei vermi ci mette letteralmente in mostra è la fortuna, la sorte, dei vermi per come di fatto è, qualche volta buona e qualche volta decisamente no.
Ulteriore elemento che potrebbe farci fare qualche domanda interessante su questo libro è la premessa dell’autrice e ancora di più l’epigrafe il ringraziamento finale rivolto a Tove Jansson e al suo “Trattato dei vermi che si spezzano in due” de Il libro dell’estate. Che questo sia una specie di libro nel libro a distanza di decenni e decenni e di generazioni e generazioni?
A questo punto, se davvero siete riusciti a seguire questa follia di recensione sin qui immagino che la domanda in moltissimi di voi sia sorta spontanea, e che ancora di più sorga a qualcuno a cui capiti in mano questo libro senza seguire teste fiorite: ma a che serve un libro come questo?
Eccola qui, la domanda di senso su cui da sempre, e speriamo non per sempre, ci si incastra lavorando con la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza.
Ed ecco la mia risposta: ci sono libri, questo è uno di quelli, per fortuna, che esistono per loro stessi e per i lettori e le lettrici senza una spinta “esplicita”, il senso profondo di questi libri è una specie di principio metodologico secondo il quale si può sperimentare la commistione di tipologie narrative, la manipolazione a scopo quasi puramente creativo dei contenuti più vari, il gioco tra verità e invenzione, tra testo e immagine e chi più ne ha più ne metta.
Se lo guardo in quest’ottica, e non in quella del suo contenuto, ecco che Sulla vita sfortunata dei vermi mi appare come un libro utilissimo e mosso dal più alto degli scopi educativi: liberare la relazione con il libro, con il suo contenuto e con le sue modalità narrative, vi pare poco?