Nessuno sa

Nessuno sa di Arianna Papini edito da Uovonero è un albo illustrato, un libro a figure, che mi pare perfetto per iniziare l’anno.

Da cosa ripartiamo?

Ripartiamo dalla domanda socratica, anzi dalla risposta socratica, ricordiamoci di ciò che non sappiamo, o meglio ancora, ricordiamoci di non sapere.

Certo i libri aiutano nella conoscenza e questo libro ci aiuta a dare forma interessante a questo processo conoscitivo e di crescita della consapevolezza, come tutti i buoni libri, per altro, ma al fondo deve restare la spinta al conoscere che si alimenta solo quando il sapere di non sapere è più forte del sapere di sapere.

Ok, abbiamo iniziato l’anno in maniera filosofica, mi rendo conto, ma vedrete che sfogliando questo bell’albo tutto vi apparirà chiaro e privo di astrazioni anzi, molto ma molto concreto.

Il libro si apre in verticale pur mantenendo un formato orizzontale e si costruisce su un ritmo binario: una doppia pagina con illustrazione e testo di ciò che tutti sanno, e una doppia pagina con testo di ciò che nessuno sa e illustrazione.

Il gioco narrativo prosegue così per ben nove animali per poi chiudersi su due ultime doppie pagine in cui la contrapposizione tra molti che pensano di sapere tutto e pochi sanno di non sapere niente diventa esplicitamente, ma solo nel testo iconografico, contrapposizione tra elemento antropico ed elemento naturale, tra un paesaggio urbano, astratto ma molto ben riconoscibile, e uno naturale.

E solo a questo punto ci accorgiamo che il gioco che la Papini ci ha portato a fare sin qui è stato questo sin dall’inizio: il non sapere è tutto dalla parte degli animali, della componente naturale, e si definisce non per assenza di conoscenza bensì per mancanza di supponenza! Dall’altra parte, delle pagine in questo caso, ma anche degli esseri viventi, ci siamo noi, creature supponenti che si credono superiori a tutte le altre perché pensano di sapere tutto e invece…

Dunque dunque, quanti livelli di lettura possiamo trovare in Nessuno sa? Tantissimi, tantissimi e tali da rendere questo libro adattissimo anche a lettori e lettrici molto piccole, tali da permettere una lettura anche solo divulgativa di questa storia narrata in un battere e un levare che ci svela alcune cose sugli animali che davvero, con tutta probabilità, non sapevamo e che sapremo dopo aver letto il libro. E poi ci sono tutti i livelli ermeneutici, quelli intrinseci e quelli estrinseci, quelli impliciti e quelli impliciti e lì sta ad ogni lettore andarli a scoprire e sviscerare fino a dove e quando gli piacerà attraversare questo libro.

Sono anni che si parla dell’utilità se non della necessità di portare la filosofia tra i bambini, alla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria, non tutti i progetti o le linee di pensiero a riguardo mi convincono, ma mi convince sempre il fatto che con un buon libro si possa arrivare praticamente dappertutto, anche a fare filosofia ovvero ad esercitare il pensiero critico che si nutre di domane e non di risposte.

Mi piace pensare che tra troppi adulti che pensano di sapere tutto, anche rispetto ai bambini e alle bambine e ai loro movimenti interiori, possiamo contare sui bambini e le bambine che continuano a fare domande, almeno fino a quando non vengono fatti tacere dall’abitudine a non seguire i processi di conoscenza per domande che mettono in moto. Non vorrei tornare al mito del buon selvaggio o scomodare Rousseau ma qualcosa mi fa pensare che la contrapposizione essere umano-natura qualcosa abbia a che fare con quella adulto-bambino …

Voi cosa ne pensate?

Buon 2023 di buone letture e soprattutto di domande e pensieri.

Molti pensano di sapere tutto.

Pochi sanno di non sapere niente.

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