A proposito dei testi di Roald Dahl
Ci ho pensato davvero un sacco prima di decidere se scrivere o meno qualche pensiero riguardo la questione che si è scatenata in questi giorni intorno alla decisione della casa editrice inglese di Dahl, in accordo con la famiglia, di mettere mano agli originali dei testi dell’autore più amato da bambini e bambine, ragazzi e ragazze.
Poi però mi sono ricordata di quando qualche anno fa ho avuto la fortuna di visitare la casa di Dahl, di vedere gli originali esposti, le carte scritte a mano e mille volte a mano ritoccate in cerca della parola più “corretta” e ho deciso che questo post lo dovevo. A me innanzitutto per mettere ordine e a voi, teste fiorite, che a queste pagine virtuali date fiducia.

Ho letto moltissimi contributi a riguardo in questi giorni, e ve li lascio in conclusione di questo post per completezza e sostanzialmente dicono tutti la stessa cosa che posso dire, in sostanza di condividere: ovvero condannano l’operazione come censoria e lesiva dell’identità d’autore e dell’opera d’arte in vista di interessi commerciali improntati ad un falso quanto fantomatico concetto di politically correct.
Ho riassunto in maniera un po’ becera, scusate ma vorrei arrivare al punto che mi interessa: tutto vero, quello che si è scritto e davvero concordo in pieno con la faccenda MA non la liquiderei così facilmente e una volta per tutte. Se devo dirla tutta ho trovato estremamente interessante la posizione impopolare di Davide Morosinotto che ragiona sulla necessità che c’è a volte di rifocalizzare le storie perché possano ritrovare il loro pubblico sopravvivendo al tempo. Non credo sia questo il caso di Dahl e ancora più bello ho trovato lo scambio a proposito con Bruno Tognolini (del quale scambio sottolineo anche il rigore, l’educazione e l’affettuosità alla faccia degli incredibili e incredibilmente tranchant quanto maleducati commenti al post di Morosinotto), ma non sono tra coloro che pensano che i testi siano intoccabili.
Curioso, se consideriamo che passo la mia vita a cercare di spiegare che i testi valgono per la loro forma e non per il loro contenuto, ed è proprio così, i testi sono ciò che sono per come sono scritti, tuttavia nel resistere al tempo ci possono essere delle variazioni e questo processo avviene regolarmente con le traduzioni da altre lingue ma un forse un pochino ipocritamente non siamo disposti ad accettarlo nella nostra lingua madre. Se prendiamo una traduzione di qualche decennio fa di un libro qualsiasi e la confrontiamo con una attuale, senza entrare nel merito di quale sia migliore o peggiore, comunque vedremo che c’è una differenza e quella differenza sta nel tempo trascorso e dell’adattamento della lingua al trascorrere del tempo ma entrambe le traduzioni vengono dal medesimo originale. Questo processo, se volete di “ammodernamento” o ricollocamento della lingua, non avviene con le lingue madri dei testi però… però insomma non sarei pronta a giurare e mettere due mani sul fuoco che non avrebbe senso in alcuni casi farlo.
La questione per Dahl è diversa perché la sua lingua è moderna ed è in linea con il sentire dei suoi lettori e lettrici e perché il permesso di rimodernamento della stessa che si vuole intraprendere parte da un presupposto che, se buono sulla carta, non ha nulla a che vedere con l’arte, la creatività, il diritto dell’autore e chi più ne ha più ne metta. Non credo sia qualcosa di legato prevalentemente ai libri per l’infanzia, sicuramente c’è un intento falsamente edificatorio e educante in tutto questo, ma credo che sia un processo che ai giorni d’oggi (e non è la prima volta che accade nella storia recente) riguarda tutta la cultura “popolare”, se volete chiamarla “mainstream” chiamatela come volete, ma insomma non ci sono caduti in mezzo solo i capolavori di Dahl (che non si toccano) ma anche le riscritture delle fiabe classiche – e di ragionamenti a riguardo ce ne sono di molto interessanti, alcuni talmente estremisti da diventare più censori della censura stesse – e le canzoni che da sempre, almeno da quando esiste la musica leggera (ma credo qualcosa di simile sia accaduto anche per le opere liriche a fine ‘800), subiscono o c’è qualcuno che propone di far subire, delle variazioni ai testi.
Quando ho letto per la prima volta di questa questione legata ai testi di Dahl, devo dire la verità, mi è venuta alla mente la rubrica esilarante del Ruggito del coniglio (la trasmissione radiofonica di radio 2 di Dose e Presta) sulla riscrittura delle canzoni popolari in ottica di ripulitura da ogni stereotipo sul corpo, sulla femminilità, sulle relazioni ecc. ecc.
La sto tirando per le lunghe e non ne vale la pena, la questione mi pare chiara, la filologia del ‘900 non mi è del tutto estranea ed ogni parola di un testo è talmente voluta dal suo autore da aver diritto di esser lasciata lì dov’è, ma non mi è nemmeno del tutto estraneo il principio ricezionista per cui sono i lettori e le lettrici che fanno il libro e non il suo autore ma il caso di Dahl è eccezionale in questo senso: sia che lo prendiamo alla vecchia maniera filologica sia che lo prendiamo in ottica ricezionista la soluzione è la stessa perché i lettori e le lettrici da sempre adorano quei testi così come sono e sicuramente il linguaggio perfetto in essi utilizzato viene compreso e contestualizzato e modulato da bambini bambine ragazzi e ragazze (a patto che il falsissimo bigottismo adulto non abbia già avuto su di loro il sopravvento).

Certo provo a pormi la domanda in un’altra ottica, forse che le Streghe non sarebbero ugualmente amate da lettori e lettrici con l’incipit modificato?
No, credo sarebbero ugualmente amate tanto più che la consapevolezza del cambiamento ben pochi l’avrebbero e quindi in qualche modo, come dice Morosinotto se capisco bene il suo pensiero, l’integrità ma soprattutto la vitalità e longevità della storia non ne verrebbe a perdere.
E quindi?
E quindi vedete che non è poi così semplice prendere una posizione e portarla alle estreme conseguenze? E quindi non mi sentirei di difendere questa posizione a spada tratta in casi che non siano Dahl, per opere, per esempio, di altri tempi, di casi linguistici che necessitano davvero un’ammodernamento per non perdere di modernità….
Ma per Dahl si, sono disposta a farlo, la lingua di Dahl, per il momento, non si tocca, o almeno credo non si dovrebbe fare, e soprattutto non in questo modo e con questi presupposti dall’origine squisitamente commerciale, in futuro si vedrà e spero saremo ancora qui a discuterne.
Di seguito riporto alcuni contributi che ho trovato particolarmente interessanti a riguardo oltre quelli già citati e la petizione lanciata da Baccalario per salvaguardare gli ordinali del grandissimo Dahl.