Il desidero di Tricorno

Devo la felicità dell’incontro con Tricorno a Sergio Ruzzier, quando me ne parlò la prima volta non esistevano questi libri in Italia e recuperai il primo della serie The Shrinking of Treehorn in lingua originale e lo recensii solo per L’Innaffiatoio, poi finalmente Tricorno è approdato in Italia grazie a Bompiani con delle belle edizioni cartonate con la traduzione di Paolo Maria Bonora.

Ed ecco che dopo il Il tesoro di Tricorno adesso arriva Il desiderio di Tricorno di cui vorrei parlarvi oggi perché Tricorno sta crescendo, tra le nostre mani, lettura dopo lettura, e così la sua relazione, se così si può chiamare, con la famiglia e con la sua stessa esistenza a questo mondo,

Il desiderio di Tricorno si apre con una brevissima frase di contestualizzazione spazio temporale che già ci porta, direi, in medias res, nel mezzo dell’azione:

Era il compleanno di Tricorno.

Ora, non ci vuole una grande esperienza genitoriale o professionale per capire o anche solo ricordare quanto possa essere importante per un bambino o una bambina il giorno del compleanno, il giorno in cui si ricevono i regali, si spera tanti regali, in ogni caso ci si aspetta un’attenzione speciale tutta concentrata nei festeggiamenti per la nascita del festeggiato o festieggiata.

A Tricorno però le cose non vanno esattamente come sperava, per quanto lui faccia spazio nell’armadio per poter sistemare i tanti regali in arrivo, per quanto ne parli con il suo amico Moshie, per quanto espliciti il suo desiderio (quello implicito di essere al centro dell’attenzione) con la mamma e il papà, a Tricorno nessuno bada minimamente. Come già nei primi due capitoli della vita di Tricorno in cui i genitori, e non solo, non si accorgono che il figlio si restringe o che ha trovato un albero che fruttifica soldi, anche qui non c’è una sola figura adulta che esprima una qualche affettvità e cura o anche solo ascolto a Tricorno che tuttavia parla senza lasciarsi troppo deprimere. Dopotutto questi sono la mamma e il papà che gli sono capitati, siamo in una famiglia borghese americana degli anni ’80, concentrati l’una sulla cucina e l’abbigliamento coordinato e l’altro sui conti da onorare e il lavoro da mettere al centro di tutto, non c’è granché che Tricorno possa fare per cambiare questo stato di fatto oserei dire sociale che naturalmente sottende una molteplicità di livelli metaforici interpretabili, ma su questo magari torniamo tra un attimo.

Insomma Tricorno arriva in cucina la mattina e verifica che la mamma si ricordi che è il suo compleanno senza riuscire però a distoglierla dal suo intento di pulire il frigo e fare una gelatina con tutti gli avanzi.

“E’ il mio compleanno,” disse Tricorno.

“Proprio così, tesoro”, disse la mamma. “Mi chiedo se dobbiamo ordinare una torta o qualcosa del genere. Magari ci penserà tuo padre. Le tue prugne sono sul tavolo Tricorno.”

Quando arriva il papà in cucina non va granché meglio

“Sai che giorno è oggi, Tricorno?” chiese.

“Sì”, disse Tricorno. “E’ il mio compleanno”

“E’ il primo del mese” disse il papà di Tricorno. “Questo cosa significa per te?”

“Significa regali e una torta di compleanno”, disse Tricorno

“Quello che il primo del mese dovrebbe significare per tutti noi è che è il giorno in cui dobbiamo pagare i nostri conti. Senza meno, Tricorno. Il credito per un uomo è un segno d’onore:”

“Devo comprare un cappello nuovo che stia bene con il mio abito verde” disse la mamma di Tricorno. “I cappelli stanno tornando di moda”.

[…]

Ai regali e alla torta di Tricorno insomma non c’è nessuno che badi o abbia badato, nessuno pronto a esaudire il desiderio di Tricorno, quello di festeggiare il proprio compleanno (o se volete guardare un pochino più in là quello di rientrare tra le priorità di pensiero dei proprio genitori). Tricorno però è un bambino fortunato, non c’è niente da dire su questo, gli succedono cose sempre eccezionali che in qualche modo risolvono i suoi attriti con la vita familiare, nel libro precedente trova i soldi sull’albero per fare i piccoli acquisti di cui ha bisogno, questa volta trova in giardino, in una buca che immagina scavata da un cane che i suoi genitori possono avergli regalato e aver nascosto per fargli una sorpresa (che immaginazione che ha Tricorno!) una brocca magica che, strofinata, libera un genio. Sì sì proprio uno di quei geni a cui puoi chiedere di esaudire 3 desideri, come tutti sanno.

Questo Genio è un genio vero, i 3 desideri di Tricorno li realizzerà (e non sarò certo io a svelarvi quali saranno) ma è un Genio assonnato, annoiato, che non aspetta altro che tornare nella sua brocca senza che nessun altro lo disturbi per chiedergli di esaudire desideri. Un Genio che molto assomiglia e molto ricorda, nella confusione tra desiderio, proiezione del desiderio e realtà, al tecnico della caldaia che proprio il giorno del compleanno di Tricorno passa per casa per controllare che non ci siano sprechi nel funzionamento del sistema idraulico.

Festeggerà Tricorno, in qualche modo il suo compleanno?

Vi lascio scoprirlo da soli/e però ci tengo a dire che Tricorno ancora una volta troverà delle forme di compensazione autonome, nessun adulto arriverà a sostenere questo bambino in alcun modo, lui è davvero un piccolo resiliente, resiste ostinatamente all’indifferenza ostentata dal mondo adulto che mai, in nessuno dei libri fin ora pubblicati, trova un membro del popolo adulto che non lo deluda.

Ecco, sento già le obiezioni: ma non è portatore di un messaggio non positivo questo libro?

Perché raccontare storie di questa natura con figure adulte disdicevoli ai bambini e alle bambine che invece hanno probabilmente bisogno di rafforzare la propria fiducia verso il mondo in generale, e dunque verso il mondo adulto che dell’infanzia si dovrebbe prendere cura?

Provo a rispondere: sì, gli adulti non ci fanno una bella figura in queste storie di Tricorno, e nemmeno la facevano nelle Storie per bambini quasi perfetti, altro piccolo capolavoro di questa autrice eccezionale, ma la Parry Heide senza cinismo ma anche con un grande senso pratico (che ci piaccia o meno) si mette spudoratamente dalla parte dei bambini e delle bambine e di quanto e come possano sentirsi non dico incompresi/e ma persino non visti/e dagli adulti che li circondano, fossero anche i genitori. Questa è un’esperienza piuttosto comune nell’infanzia, certo le narrazioni fortemente metaforiche di Tricorno portano la questione all’ennesima potenza, la rendono icastica e in questo modo la caricano anche di ironia e comicità come accade quando un processo viene portato all’estremo o si ripete talmente tante volte da rientrare in alcuni di quei meccanismi che scatenano la comicità.

Saranno eventualmente i bambini e le bambine lettori e lettrici a rilevare tutto quello che nelle storie di Tricorno “non va” e per il resto proveranno probabilmente il piacere di una storia disdicevole da ascoltare o da leggere in cui non tutto viene ricondotto all’ordine, alla perfezione della relazione affettiva, al buonismo che troppo spesso ancora oggi, con una buona dose di ipocrisia chiediamo ai libri per bambini e bambine di esprimere.

Mi concedete le ultime due righe per richiamare l’attenzione sulle illustrazioni di Edward Gorey?

Sin dal primo libro di Tricorno forse la cosa che più mi ha colpito delle illustrazioni in bianco e nero che seguono pagina per pagina la narrazione è l’espressione dei personaggi, o forse dovrei dire l’ostentata inespressività dei personaggi, o meglio ancora, l’indifferenza dei personaggi per tutto ciò che accade. Se provassimo a fare un gioco con i lettori e le lettrici e a cercare degli aggettivi (occhio agli aggettivi!!) o delle perifrasi per definire le espressioni della mamma, del papà, in questo caso anche del Genio, dell’idraulico e persino di Tricorno ci troveremmo in difficoltà… provare per credere. L’unico personaggio, del tutto secondario, di questo libro, che accenna un minimo di sorriso è la commessa del negozio dove la mamma di Tricorno va a comprare il suo nuovo cappellino dello stesso verde del vestito nuovo.

Non mi resta che augurarvi di cuore di incontrare sulla vostra strada Tricorno e le eccezionali storie di Florence Parry Heide, buona lettura!

p.s. non perdetevi la dedica di questo libro che vi darà, come spesso fanno le dediche, una chiave di lettura importante a questo libro “A Ted, con amore”. Eccolo qui, l’amore che manca in tutte le storie di Tricorno, quell’amore che forse è l’unico desiderio di Tricorno e che viene esplicitato in un luogo non del testo ma del formato libro ma che arriva e c’è a dichiarare le intenzioni e le attenzioni e la cura e l’amore, appunto, dell’autrice verso Ted, naturalmente, ma anche verso i suoi lettori e lettrici.

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