Semplici coincidenze
Chris l’ho incontrato qualche anno fa, facemmo amicizia per le strade, anzi sul Boulvard, di Semplice la felicità, poi ci siamo incrociati di nuovo in Semplicemente due ed ecco che ora torna a sorprendermi con Semplici coincidenze, il romanzo che vorrei raccontarvi oggi.
Semplici coincidenze, come gli altri due libri di Chris, è (in realtà…) di Jean-François Sénéchal edito da Giralangolo con la traduzione di Claudine Turla.
In questo terzo libro del racconto di Chris sono passati diversi anni dal nostro primo incontro, ora non solo vive da solo ed ha trovato il modo di “compensare” il suo “ritardo” mentale con strategie di vita e persone che lo circondano d’aiuto e di affetto, ma ha ritrovato suo padre e, soprattutto, ha avuto un figlio: Joseph. Chris insomma sembra avercela fatta, è riuscito in tutto ciò che sua madre non aveva avuto fiducia e da cui era scappata abbandonandolo il giorno del suo diciottesimo compleanno; Chris è felice e vive bene riuscendo persino, dice lui, a fare il buon padre, proprio come la sua compagna Chloè, “in ritardo” anche lei, non solo è una buona madre ma ha anche avviato un’impresa di cappelli e sciarpe fatti a mano. Certo Chris e la sua famiglia di aiuti ne hanno tanti, come per altro tutti avrebbero diritto ad avere, ma hanno combattuto ed ottenuto la loro autonomia. Solo una cosa manca a Chris… la sua mamma che non si fa viva da quando è scappata di casa e non ha nemmeno risposto all’annuncio della nascita del nipotino.
Chris scrive in prima persona (il romanzo ha una focalizzazione interna) e non scrive a noi o per noi, e nemmeno per se stesso – come se scrivesse un diario, per intenderci – no, lui scrive alla sua mamma. Semplici coincidenze è una lunghissimo monologo di Chris con la mamma, una lettera che sembra un flusso di coscienza che non riceve risposta anche se in questo libro la mamma in qualche modo tornerà a farsi viva, tornerà una volta e, diciamocelo francamente come lo dice Chloè a Chris, sarebbe stato meglio se non fosse mai tornata, e tornerà una seconda volta… ma non vi svelo nulla.
La trama del libro, se ve lo state chiedendo, è costellata di minimi avvenimenti che rendono straordinaria (e a volte si tratta davvero di avvenimenti straordinari) e felice, come dice lui, la vita quotidiana di Chris e della sua famiglia. Non avviene nulla di eccezionale a meno di non considerare, come sarebbe giusto fare e come Chiris sa meglio di chiunque altro fare, ogni momento della vita che si riesce a vivere carico di senso e valore.
Il punto di forza di questa narrazione non è dunque nella sua trama (non lo è praticamente mai in effetti, come sappiamo), e allora dov’è il punto di forza?
Dunque, posto che un buon romanzo è composto di una sinergia di elementi che devono TUTTI funzionare bene in sinergia, secondo me il punto di forza sta nella costruzione del personaggio e del suo modo di esprimersi in questa focalizzazione interna curatissima che rende la narrazione, o meglio ancora il suo protagonista… spiazzante.
Sì spiazzante è forse l’aggettivo che, con tutta l’attenzione che si deve agli aggettivi, più mi pare calzante per Chris che trova ed ha risorse inattese anche a se stesso, e fa del suo essere diverso, “in ritardo”, quasi la forza del suo stare al mondo, tutto sommato Chris, a differenza di molti adulti la felicità non l’ha trovata e mai la troverà. Chris sembra aver capito, a fatica, subendo ogni tipo di attacco, fisico e psicologico, umiliazione e difficoltà per la sua disabilità mentale, oserei dire il segreto della felicità ma detto così mi sembra banalizzante mentre vi assicuro che tutto è questa narrazione tranne che banalizzata.
Se state pensando a quale pubblico di lettori e lettrici proporre questo libro e in quale modo posso rassicurarvi in ogni modo: i monologhi di Chris sono perfetti per essere risucchiati dalla lettura, affronteranno una quantità di “temi”, ovvero di situazioni pratiche e anche filosofiche, essenziali per lo stare al mondo, e non per chi “è in ritardo” ma anche per chi è neurotipico. Questa, di Semplici coincidenze, ma tutta la trilogia nel suo insieme direi, è una storia che commuove, a tratti diverte, a tratti fa arrabbiare, ci porta a vivere con Chris e Chloè e Joseph una gamma complessa di emozioni e ci stupisce anche a tratti con delle evidenze che solo un “idiota” in senso dostoevskjiano può rendere palesi senza banalità.
Chiudo con una citazione di questa natura, legata all’esser padre, ad modo in cui Chris si impegna e come sarebbe bello che ogni padre si impegnasse, e anche legata alla lettura, qui vi lascio e spero vi ritrovarvi tra l pagine della storia di Chris e della sua famiglia.
Dicono che è un bambino che impara in fretta. E’ perché è curioso come me, Joseph, non riesce a non pensare che il mondo è davvero interessante. E quando Joseph ha compiuto due anni, Gracia ha detto che conosceva più parole della maggior parte dei bambini della sua età. Anche in questo ha preso da me, perché anch’io parlo tanto. O comunque, è quello che m dice sempre Chloé. O forse è perché gli leggo tanti libri, a Joseph. E’ la signora Toussaint che mi ha suggerito di farlo. E’ una buona idea, in più Chloé non poteva più dirmi che parlavo troppo, perché è importante leggere i libri ai bambini, lo sanno tutti.
p.s. come nel caso del primo libro di questa trilogia i titoli originali non giocavano sul concetto di semplicità come ha scelto di fare l’edizione italiana, bensì sulla spazialità in cui si muove la narrazione che diventa metafora della narrazione di ciascun romanzo. I titoli originali erano, nell’ordine: Le boulvard, Au carrefur, Les avenues