Barone Rampante a fumetti
Care teste fiorite,
oggi vorrei essere particolarmente diretta con voi: quando sento parlare del Barone Rampante di Italo Calvino in riferimento alle proposte di lettura per ragazzi e alle ragazze mi pervade di primo acchito un istintivo nervosismo. Diciamo che mi verrebbe l’istinto di Cosimo a salire sugli alberi e non scendere più fino a quando non si smetterà di lavorare impropriamente e, permettetemi, in maniera stereotipata su alcuni libri.
Ne abbiamo accennato al corso “Per Calvino” di qualche giorno fa e qui non ho modo di approfondire l’argomento ma insomma Il Barone Rampante, proprio come gli altri due romanzi che dal 1960 hanno costituito la trilogia de “I nostri antenati”, non sono stati scritti per ragazzi e ragazze, è vero che sono stati per molto tempo apprezzati dal pubblico giovane, ma hanno oggi una sintassi e un ritmo che non è affatto detto che possa così semplicemente incontrare la lettura dei nostri ragazzi e ragazze.
E’ per questo che mi ha incuriosita molto e, lo dico molto francamente, convinta l’operazione di Sara Colaone di mettere il Barone in fumetti, siamo nell’ambito della miriade di operazioni commerciali che Mondadori sta mettendo in piedi per il centenario dalla nascita del grande autore, ma ciò non toglie nulla, anzi fa onore, al lavoro che la Colaone è riuscita a fare con questo romanzo che sembra un mostro sacro della letteratura italiana.

Il libro, è scritto sin dalla copertina, è un adattamento e questo vuol dire che l’autrice ha rielaborato il testo originale non solo per trasporlo nel fumetto, ma anche per selezionarne le parti che avrebbero reso nella narrazione disegnata; ma questo vuol dire anche che l’autrice ha scelto in quale modo porsi nei confronti di un testo originale che, immagino, solo a pensare di doverci mettere le mani fa tremare le vene ai polsi.
Sostanzialmente la Colaone opera una selezione forte, come era necessario che fosse, taglia; ma lì dove decide di mantenere le linee portanti della fabula utilizza il testo originale di Calvino e lo fa a mo’ di didascalia. Il resto della sceneggiatura resta al tempo stesso fedele all’originale, e pronto ad adattarsi alle necessità del linguaggio tipico della letteratura disegnata.

Inutile, o forse no, importante, dire e ribadire che tutto questo è sostenuto da una qualità estetica della riscrittura per immagini davvero molto ma molto bella, curatissima, interpretativa, esteticamente molto bella con dei camei eccezionali (quello della sorella sadica in primis, capolavoro assoluto anche dell’originale calviniano).
Ma qui veniamo al punto che forse più di tutti mi sta a cuore rispetto a questo tipo di operazione letteraria, una questione che affronto con il corso dedicato ai classici ma che mi pare il caso qui almeno di accennare.
Ha senso riproporre un cosiddetto “classico” ( qui non entrerò nella questione del classico) in un altro formato?
Che differenza c’è tra adattamento e riduzione?
Posto che, come provo a dire e a scrivere da moltissimo tempo un libro vale innanzitutto per come è scritto e non per il suo contenuto – e posto il fatto che oggettivamente ha avuto nei decenni il merito di una indiscutibile originalità di trama, oltre che di stile eccezionale – credo che l’unico senso che che si può trovare nel riproporre un “classico” in alto formato sia proprio quello di renderlo di fatto un’opera nuova, un testo derivato, in ipertesto, se volete usare un termine tecnico, che parte dall’origine ma la rinarra in maniera originale permettendoci di godere non di una vivisezione del testo orginale ma di una riscrittura originale del testo di partenza. E questo credo sia il caso del lavoro della Colaone per questo Barone Rampante che naturalmente porta in capo alla copertina il nome di Italo Calvino (anche solo per banali questioni commerciali ed editoriali) ma che ha come autrice vera e propria Sara Colaone che di questo adattamento a disegni si è presa in toto la responsabilità creativa, certo avendo la possibilità prendere a riferimento da una narrazione importante com’è il “vero” Barone Rampante.
La differenza tra adattamento e riduzione è presto detto: il primo ha, o almeno può avere quando è fatto molto bene come in questo caso, un valore letterario ed estetico che in qualche modo prescinde e va oltre l’originale da cui prende le mosse aprendo la strada, appunto, ad un ipertesto interessante. La riduzione, invece, è un’operazione che io trovo nella maggior parte dei casi non solo insensata ma dannosa, non si può tagliare un originale che basa la sua potenza letteraria sulla costruzione linguistica prima ancora che narrativa, oltre al fatto che non credo abbia senso far arrivare ad un’età non adatta dei libri che si possono nella loro forma originale incontrare a tempo debito.

Ecco, se ci tocca celebrare i 100 anni dalla nascita di Calvino (e non è detto che ci tocchi e soprattutto che “tocchi” ai nostri bambini e bambine, ragazze e ragazzi) abbiamo due vie: o quella di cercare chi e che cosa nell’opera di Calvino può risuonare all’orecchio giovane (e vi assicuro che non è affatto detto che sia qualcosa a cui siamo portati a pensare per abitudine) (ed è quello che abbiamo provato a fare nel corso “Per Calvino” e lì dove avrò l’opportunità di riproporre questo corso); oppure cercare e lavorare sugli ipertesti di qualità, quelli che ci permettono di incontrare una via interessante che la letteratura può prendere ovvero quella di geminare nuove opere, nuove riscritture, nuove interpretazioni, ognuna legata al proprio tempo e al proprio pubblico e che si prende la responsabilità, oltre che la briga, di fare un lavoro importante sull’originale da cui prendere le mosse e da cui però allontanarsi il giusto.
Segnalo, per chi voglia provare a fare questo interessante “gioco” di moltiplicazioni narrative, la riscrittura del Barone Rampante Cosimo di Roger Olmos fatta qualche anno fa per Logos.