Essere o non essere Shakespeare

Esercizi di ginnastica visiva

E pensare che avrei potuto non incontrare mai questo libro e invece, il caso non esiste e la fortuna qualche volta sì e quindi eccoci qui con questa meraviglia incredibile degli esercizi di ginnastica visiva di Alessandro Sanna dedicati a Shakespeare.

Pronte e pronti a lasciarvi meravigliare?

Dunque eccoci qui Essere o non essere Shakespeare di Alessandro Sanna, appunto, edito da Corraini, libro, come quasi sempre per le edizioni Corraini, in doppia lingua, italiano e inglese, edito nel 2017 sulla scia del quattrocentenario dalla morte del grandissimo poeta e chissà come sfuggitomi…mah, pazzesco, ma abbiate pazienza perché adesso recupero!

Essere o non essere Shakespeare è, di fatto, come dichiara il sottotitolo, un libro di esercizi di ginnastica visiva in senso pieno… si tratta di veri e propri esercizi di stile ma non di scrittura – la mente non può non andare a quel capolavoro degli Esercizi di stile di Queneau – bensì di illustrazione, di creazione direi in generale, a partire da una sola, singola immagine e dalla sua teoricamente infinita riproduzione: il ritratto di Shakespeare.

E’ su di esso che Sanna sperimenta ogni possibile forma di creazione visiva e di tecnica, si esercita in senso stretto, con pennello, pittura, disegno, colori di qualsiasi tipo, stili visivi di ogni forma, persino con filo di ferro e… fotografie fake conclusive. Un lunghissimo viaggio nel volto di Shakespeare o di quello che pensiamo sia stato il suo volto.

Ad essere sinceri c’è un altro elemento che fa capolino in questi esercizi, accanto alle espressioni – spesso esilaranti, più spesso indecifrabili e sfumate, talvolta persino cancellate – del poeta autore, ed è il teschio, quel teschio che in un attimo ci porta ad una delle immagini più frequenti dell’opera shakespeariana, all’Amleto che si interroga sulla morte esattamente come qui l’autore, Sanna, si sta interrogando, in qualche modo, su ciò che resta di questo autore imprescindibile a moltissimi anni dalla sua assenza.

Cosa resta delle opere di Shakespeare, certamente, ma anche cosa resta del suo volto, del suo corpo, della sua essenza umana, della sua identità.

Ritratti, sbuffi di colore, giri di fili, micro quadri e decine e decine di immagini, esercizi di ginnastica visiva, letteralmente, tutti che fanno i conti con l’assenza e l’incertezza del conosciuto, ovvero, riprendendo la metafora, con il teschio che tanto interrogava Amleto.

Intramezzano gli esercizi di ginnastica visiva una serie di citazioni, una più bella e direi anche più azzeccata dell’altra, tutte, eccetto la prima se non vado errata, tratte dalle opere teatrali e dai sonetti di Shakespeare, selezionate e tradotte da Chiara Prezzavento. A partire da ognuna di esse l’autore Sanna, prende le mosse per reinterpretare l’autore Shakespeare arrivando a creare un gioco di specchi metanarrativo tra i testi originali, la reinterpretazione dell’immagine del poeta, e al tempo stesso il lavoro di Sanna che si va compiendo sotto i nostri occhi e che nella pagina finale si svelerà nel suo essere profondo…

Pittore vorrei che mi facessi un ritratto per i miei quattrocento anni”.

“Va bene signor Shakespeare ma mi raccomando, non deve stare fermo”.

Ecco, questo è il punto da cui tutto prende inizio, per altro l’unico in cui compare nell’illustrazione il pittore e non Shakespeare, un punto che ci dichiara già implicitamente tutti gli elementi poetici di questi esercizi di ginnastica visiva:

1- il pittore è parte integrante e consapevole e protagonista a tutti gli effetti del libro;

2- il gioco ginnastico riesce, come ogni buona ginnastica, solo se si sta in movimento, se non si sta fermi.

Avete mai visto voi centinaia di ritratti post mortem in cui chi posa per il ritratto si esprime in tutta la propria vitalità di movimento?

Eccoli qui. Il contrario della morte è la vita, il contrario della fissità della morte (ed anche della consueta fissità del ritratto) è il movimento della vita, e quale modo migliore per rendere la vitalità e modernità dell’opera di Shakespeare se non la pura inafferrabilità del volto ovvero, per antonomasia, dell’identità del poeta e il suo continuo essere in movimento?

Vi divertirete sfogliando Essere o non essere Shakespeare, ne sono certa, vi farete un sacco di domande, e se le faranno i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che avranno la fortuna di averlo tra le mani e che in esso troveranno non solo una miriade di domande da porsi – anche di dubbi sulla legittimità e sul senso dell’operazione stessa proposta da Sanna – ma troveranno anche un metodo, un’ipotesi di lavoro: la possibilità di fare esercizi di ginnastica visiva in cui una stessa immagine può darsi centinaia, migliaia, di volte diversa da se stessa pur rimanendo riconoscibile.

Un lavoro sull’arte, certamente, se volete;

sulla letteratura, anche naturalmente, se volete;

ma soprattutto, secondo me, un lavoro sull’identità e sul movimento…

Un lavoro in cui sarete libere e liberi anche di scegliere quale “strada” tentata e percorsa da Sanna sia quella che più vi va a genio, per gusto personale, per interpretazione di Shakespeare. Una strada che tenta un esperimento direi estremo di mutamento e al tempo stesso fissaggio: mutamento e fissaggio di un volto che è un emblema; del passato che col movimento dell’immagine ribadisce tutto il proprio essere presente, se non dell’uomo Shakespeare in senso fisico (c’è sempre il teschio lì che torna a farci memento mori), della sua opera, quella sì immortale e dunque sempre in movimento.

Chiude, come acennato, una doppia pagina di foto (e qualche disegno) di tutte le persone che l’autore ringrazia e che fa travestire da Shakespeare in un ultimo divertente gioco metanarrativo in cui ritroverete tanti volti, forse qualcuno noto altri più probabilmente no, ma due non ci sfuggiranno: quello di Shakespeare immancabile, e quello dell’autore Sanna… riuscite a scovarlo?

Io qui mi fermo ma vi assicuro che ad ogni pagina troverete qualcosa su cui ragionare, su cui sorridere, con cui entrare in contatto con un autore imprescindibile, certo, come Shakespeare, ma anche con una modalità di lavoro eccezionale, come quella scelta da Sanna; ed anche con un’idea di esercizio visivo che chiama in gioco il concetto stesso di identità che molto potrebbe parlare ad ogni lettore e lettrice, quale che sia la sua età.

E così, nonostante la morte,

tu sopravvivi

Fintanto che vive

la tua immagine

Venere e Adone, 193-194
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