L’assaggio

Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.

L’assaggio

Età: da 8 anni
Pagine: 61
Formato: 12 x 24
Anno: 2020
Editore: Donzelli Editore
Autore: Roald Dahl
Illustratore: Iban Barrenetxea

Oggi in cartella un libro giallo.

No, non di colore giallo. Giallo come genere narrativo. Anzi forse non è nemmeno proprio un vero e proprio giallo, ma i connotati per esserlo ce li ha tutti.
Libro curato nei particolari. Richiami e indizi seminati ovunque, a partire dalla copertina. Rilegatura sfiziosa: dorso bordeaux in tessuto con titolo e autore stampati in oro.

Oggi, in cartella, “L’Assaggio” di Roald Dahl.

Roal Dahl – L’assaggio – Dorso e rilegatura

Formato medio piccolo. Copertina rigida, al cui centro in basso spicca una sorta di etichetta, come se il libro fosse una bottiglia.
Al centro il protagonista: un calice di prezioso Bordeaux. Il calice è elegantemente sorretto da un noto sommelier, colui che sa conoscere e riconoscere i vini, il luogo di provenienza, l’annata, il vigneto.

Roal Dahl – L’assaggio – Copertina

Il titolo si sposa bene con l’illustrazione ed entrambi dicono davvero molto, ma non tutto della storia. Stuzzicano il lettore, lo invogliano, lo incuriosiscono.

Perché ho scelto questo libro?

Principalmente per quattro motivi

  1. Conoscere l’autore sotto un’altra luce. Assieme ai miei alunni, in classe, ad alta voce, abbiamo letto e apprezzato molto le storie di Roald Dahl: “Gli Sporcelli”, “Il GGG”, “Le streghe”… Roald Dahl è stato l’autore della svolta. Dopo aver letto assieme in molti hanno iniziato a leggere altri libri dello stesso autore, a prestarseli, a rileggerli perché particolarmente amati. Grazie a Roald Dahl più di qualcuno ha fatto un salto di qualità, ha abbandonato Geronimo Stilton e si è lasciato trasportare dalla lettura e dalla fantasia. Singolarmente in molti hanno letto “La fabbrica di cioccolato”, “Matilde”, “Il dito magico”, “La magica medicina”, “Boy”, “L’ascensore di cristallo”…
    Grazie a Roald Dahl hanno scoperto quanto potente sia l’immaginazione e quanto in essa si possa spaziare e osare, apprezzando la lettura prima della visione di qualsiasi proposta cinematografica.
    Ecco perché ho pensato non potesse mancare questa lettura insieme.
  2.  Riflettere sul genere giallo facendone esperienza. Questo libro è abbastanza lungo da mettere in difficoltà qualcuno, ma allo stesso tempo abbastanza corto per poterlo leggere tutto d’un fiato, collettivamente.
  3. Sperimentare una lettura impegnativa dal punto di vista lessicale. Data la complessità del testo ho pensato di fornire a ciascuno un supporto visivo, la stampa di un’illustrazione, per fissare i personaggi e avere un supporto concreto per seguire la storia.
  4. A volte amo la lettura come sfida, area sconosciuta nella quale addentrarsi. Si conosce il libro ma non si conoscono gli effetti perché questi variano in base ai lettori.
    Lessi questo libro per la prima volta ad un gruppo di lettura per adulti che si occupano di letteratura dell’infanzia. Ovviamente me lo fece conoscere Roberta Favia. All’epoca mi colpirono le illustrazioni. Mi è tornato in mente la settimana scorsa iniziando a ragionare in classe sul genere giallo.

Fatte le premesse, procediamo con ordine temporale.

Da programma in classe quinta è prevista una prima conoscenza dei vari generi letterari. All’appello per noi mancava proprio il genere giallo. Ho pensato di partire dalle conoscenze pregresse dei bambini.

Il genere giallo è un genere piuttosto accattivante e quasi tutti hanno letto almeno un libro giallo. Quindi veloce brain storming rispetto ai libri gialli letti.

Cosa serve perché un libro possa essere un buon giallo?

Il tentativo di ciascuno di definirne le tre caratteristiche essenziali:

“Chiara, non tutti i gialli sono belli. Alcuni sì, ti prendono… altri sono noiosi o capisci fin dall’inizio chi è il colpevole”
“Esatto… secondo me i libri gialli vanno differenziati in base all’età. Mentre altri libri possono andar bene sia per piccoli che per grandi, i libri gialli per funzionare devono esser scritti pensando all’età dei bambini che devono leggerli. Se sono troppo semplici li si trova banali, se sono troppo complessi non si li capisce. Devono essere complicati al punto giusto… non so se riesco a spiegarmi”
“… non deve esser facile scrivere gialli”
“… vero, non devono essere troppo lunghi, né troppo corti”
“… secondo me devono esser ricchi di particolari”
“… intendi gli indizi?”
“… sì, gli indizi ci devono essere, ma senza dichiararli apertamente in modo che il lettore si senta partecipe”
“… ci deve essere un enigma”
“… l’ambientazione è fondamentale, la scena dove si svolge il crimine”
“… deve essere accattivante fin dall’inizio”
“… e creare suspense”
“… tanta suspense”
“… ci deve essere un omicidio, un mistero, qualcosa di irrisolto”
“… è fondamentale non capire subito la fine”
“… la storia deve essere intrigante, ci deve essere un luogo del delitto, un colpevole, una serie di personaggi ambigui per cui a volte elementi che credi indizi depistano”
“… per capire come funzionano i gialli secondo me bisogna averne letti tanti”

“Chiara, sai perché si chiama “Genere Giallo”, me lo ha raccontato mio papà… i primi gialli furono stampati con le copertine gialle e da allora si chiamano così”.

Step successivo:

ho consegnato a ciascuno una scheda tratta dall’Astuccio delle regole di italiano” della Erikson contenente le informazioni base sul giallo e gli elementi tipici e l’abbiamo letta assieme.
Poi abbiam letto l’incipit di “Chi vuole diventare detective?”, libro letto da buona parte dei miei alunni l’estate scorsa o in corso d’anno e che hanno fatto leggere anche a me.

“Chiara mi ci è voluto quasi un mese quest’estate per leggerlo… tu l’hai appena iniziato e hai già passato la metà”.
Ho iniziato a leggere il libro in classe, ho poi continuato durante il pranzo e la ricreazione. Interessante l’effetto creato. Stavo semplicemente leggendo eppure erano affascinati dal fatto che non avessi interrotto l’attività di lettura. Ogni tanto qualcuno si avvicinava per chiedermi come trovassi il libro, se mi piaceva, a che punto fossi arrivata. Qualcun altro mi disse che lo avrebbe letto una volta che lo avessi finito.
Settimana finita, attività sospesa.
Nuova settimana, attività ripresa.

“Chiara oggi cosa facciamo?”

“Leggiamo!”
Apro lo zaino, prendo il libro, faccio una premessa.
“Mi piacerebbe leggerlo tutto. Darò a ciascuno un’illustrazione significativa. Qui potrete appuntarvi i nomi dei personaggi, domande, vocaboli, indizi”.

Ho volutamente iniziato a leggere il libro poco prima di pranzo.

L’Assaggio di Roald Dahl, illustrazioni di Iban Barrenetxea, traduzione di Bianca Lazzaro, Donzelli editore.

Quella sera eravamo in sei a cena, a casa di Mike Schofield a Londra: Mike con la moglie e la figlia, mia moglie ed io, e un tale di nome Richard Pratt. Quest’ultimo era un famoso gastronomo. Presiedeva una piccola associazione conosciuta con il nome di “Epicurei”, e ogni mese faceva circolare nella ristretta cerchia dei suoi membri un opuscolo dedicato a cibi e vini. Pratt organizzava cene in cui venivano serviti piatti sontuosi e vini rari. Si rifiutava di fumare per timore di rovinarsi il palato, e quando discuteva di vino, aveva la curiosa e piuttosto buffa abitudine di parlarne come di una persona.
«È un vino cauto, – diceva per esempio – un po’ diffidente ed evasivo, ma decisamente cauto». Oppure: «Un vino allegro, benevolo e amabile, un tantino sguaiato, forse, ma comunque allegro».

Questo l’incipit.

La narrazione è intervallata da illustrazioni in serie. Molto simili fra loro. Sembra quasi di giocare a trova le differenze. Cambia un’espressione, uno sguardo, la lancetta dei minuti. Il setting rimane lo stesso. È lì che si svolge la scena.

Quando ci sedemmo, rammentai che nelle due occasioni precedenti Mike si era divertito a lanciare una scommessa sul Bordeaux servito in tavola, e aveva sfidato Richard Pratt a indovinare origine e annata. Pratt si era detto sicuro di non incontrare difficoltà, sempre che si fosse trattato di una buona annata. E Mike aveva messo in palio una cassa del suddetto vino, scommettendo che l’ospite non lo avrebbe mai indovinato. Pratt aveva accettato, e tutte e due le volte aveva vinto lui.
Dunque ero certo che quella sera il giochino si sarebbe ripetuto, visto che Mike era ben felice di perdere, pur di dimostrare che il suo vino era talmente eccezionale da farsi riconoscere, e Pratt, dal canto suo, sembrava covare un autentico e recondito piacere di sfoggiare le sue competenze.

Eppure questa volta accade qualcosa di diverso rispetto alle precedenti. Nella scommessa si alza la posta. Il tempo in cui si svolge il tutto è relativamente breve eppure il tempo percepito è lento. Il clima denso. La tensione alta.

Pratt chiede, in caso di vincita, la mano della figlia di Mike. Mike dal canto suo dopo un iniziale categorico rifiuto pattuisce due case (quella di campagna e l’abitazione corrente di Pratt), certo che, questa volta, Pratt non indovinerà. La moglie e la figlia alquanto contrariate per la situazione creatasi e alla quale Mike stesso continuava a dar adito anziché porvi fine. Mike, dal canto suo, certo di vincere voleva garantire con il bottino l’indipendenza economica alla figlia.

Pausa

Giunta l’ora di pranzo, siamo scesi per mangiare.

Commenti nel tragitto aula – mensa…

“Certo che Chiara, non puoi far così, lasciarci nel bel mezzo della suspense”
“Io non sto capendo molto”
“Io mi sono appuntato l’orario e cosa accade”
“Hai visto che c’era un gatto”

Pranzo, risaliamo, ricreazione, riprendiamo.

«Io non ho voglia di chiacchierare – disse Pratt – Voglio solo vedere l’etichetta della bottiglia».
Pratt sapeva di essere vincitore; aveva l’atteggiamento, la placida arroganza del vincitore, e si capiva che era pronto a rendersi assai sgradevole in caso di complicazioni.
«Che aspetti? – disse a Mike – è ora di girarla».
Ed ecco cosa accadde….

Qui ho interrotto la lettura.

“No Chiara, non puoi!”

Ho quindi chiesto loro cosa sarebbe accaduto. Inizialmente silenzio. Poi un paio di mani alzate. Chi attribuisce la vittoria della scommessa a Pratt e chi a Mike. Tutto molto chiaro, piatto, lineare.
La mia classe è un diesel… le ci vuole un po’ per scaldarsi, ma se si ha la pazienza di aspettare poi l’effetto è strabiliante, quasi come bere un buon Bordeaux!

“Secondo me c’è un colpo di scena”
“Per me finge di aver perso”
“Anche secondo me, Mike sta recitando”
“Per me Pratt indovina parzialmente… non si capisce bene chi ha vinto”
“Chiara… io pensavo che non può esser così semplice, c’è qualcos’altro sotto, forse è stata scambiata la bottiglia…”
“Anch’io pensavo a una cosa simile…”

Pian piano…

Spontaneamente, vicendevolmente, si accendono. L’atmosfera si scalda.
Qualcuno si infervora sostenendo la propria ipotesi e valorizzandola, ricordando i vari indizi a sostegno della tesi. Qualcun altro avanza proposte alternative.

“Chiara hai presente quando dice che ha preso il coltello e ha guardato la lama? Ecco secondo me non ha buone intenzioni”
“Poi hai presente che dice che Pratt è andato a casa sua, forse in quell’occasione ha spiato l’etichetta”
“Hanno scelto assieme, Richard e Mike dove mettere la bottiglia, quindi lui l’aveva già vista”
“Secondo me c’era qualcosa sotto al tavolo perché Richard guardava spesso”
“Per me è stata la cameriera che è andata nello studio”
“Mike può avere scambiato il vino”
“Secondo me mentre Mike versa il vino a Pratt questo riesce a leggere l’etichetta”

Sorrido:

«È già passata più di un’ora. Adesso dobbiamo fare inglese».

“No Chiara, non puoi… ci avevi promesso che l’avremmo finito oggi”

«Vero – rispondo io – eppure la faccenda ha preso una certa piega per cui come un buon vino bisogna lasciar decantare. Cinque minuti per appuntarsi come veri detective le proprie supposizioni/scoperte sulla fotocopia/taccuino. L’indomani partiremo dall’incipit per poi concludere il libro e riflettere sulla costruzione di un giallo rispetto all’attività della premessa».

“Sai Chiara cosa ho notato… solitamente i libri di Dahl sono illustrati da Quentin Blake, questo no… e poi è diverso il linguaggio che di solito usa un linguaggio tutto suo, hai presente?”
“Io ho notato un’altra cosa, l’illustrazione iniziale e finale è la stessa. Nella prima i lampioni non sono ancora accesi perché è presto. Poi sono accesi perché è sera”.

Il giorno seguente riprendiamo da dove avevamo lasciato.

Trascrivo sul monitor l’incipit e hanno un breve tempo per calarsi nella storia al posto del narratore e scrivere la loro versione. A seguire il momento di condivisione.

È stato bellissimo ascoltare i racconti. Qualcuno oltre ad aver azzeccato la storia ha scritto davvero molto bene calandosi nei panni del narratore. Un bell’esercizio di empatia.


“Ed ecco cosa accadde…
Mike si alzò, prese di nuovo il coltello, lo osservò e lo mise accanto a me come per tentarmi, ma io rimasi fermo senza fiatare.
Richard cominciò a spazientirsi e si rivolse a mia moglie dicendo: «Cara, per caso suo marito ha qualcosa da nascondere?». Allora cedetti e raccontai che il giorno prima Mike mi telefonò dicendo: «Voglio ingannare Richard» e aveva bisogno del mio aiuto. Così misi l’etichetta sbagliata sotto il tavolo, Richard leggendola si sarebbe confuso e avrebbe sbagliato la risposta, perdendo la scommessa”.

“Bello questo libro! Adesso cosa leggiamo?”

“Potremmo leggere “Pagine mischiate di Pablo De Santis…””

“Mi sembra un’ottima idea!”

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