Look Book

Oooooo!!!!!

Finalmente è arrivato anche in Italia Look Book di Tana Hoban pubblicato da Camelozampa che della Hoban ha già pubblicato Che cos’è e Giallo, Rosso e Blu.

Certo, si tratta di un libro senza parole, completamente fotografico, di quelli che la Hoban sa fare meglio di chiunque altro e che comunque ha fatto tra i primi aprendoci un mondo, e quindi cosa cambia averlo in edizione italiana?

Cambia una cosa fondamentale, ovvero la reperibilità del libro e la possibilità di trovarlo in libreria e scoprirne l’esistenza anche se non lo si sta cercando appositamente.

Incappare in un libro come Look Book vuol dire fare i conti con un modo di fare e di leggere i libri a cui forse non ci era mai capitato di pensare prima, un modo che potrà sorprenderci, forse anche renderci perplessi, ma che dubito possa lasciare indifferenti e questa è la cosa più importante.

Siamo abituati a pensare ai libri scritti e già i libri a figure fanno ancora(!) fatica a trovare il proprio spazio e riconoscimento letterario e invece Tana Hoban spesso lavora, in Look Book all’ennesima potenza, facendo libri senza una sola parola e senza illustrazioni; costruisce scoperte visive con l’uso della fotografia, non narrazione esplicite ma percorsi di sguardo che possono portarsi dietro l’elemento narrativo ma che non lo contengono di loro.

Look Book è un libro fatto di doppie pagine in cui una è sempre tutta nera, una è una fotografia incorniciata dal margine bianco e a pagine alterne presenta una pagina nera con un buco al centro da cui si intravede un dettaglio della foto della pagina che sta sotto.

Fin qui nulla di particolare, potremmo pensare, ormai non sono pochi i libri che giocano sulla scoperta del tutto a partire da un dettaglio, ma l’originalità e novità della costruzione di Tana Hoban sta nel movimento ternario e non binario della composizione, mi spiego: il “gioco” ritmico su cui si basa la scoperta visiva (ed anche in qualche modo la costruzione narrativa) che ci propone la Hoban in questo libro non include “solo” la pagina bucata al centro da cui vediamo il dettaglio, e la pagine successiva in cui scopriamo l’intero. E’ secondo me il terzo movimento ritmico che fa la differenza e che corrisponde ad un ulteriore allontanamento di sguardo, se così possiamo dire, come se l’obiettivo di una ipotetica telecamera si allontanasse per allargare il campo visivo: quando si gira la pagina dell’intero ecco che quell’intero diventa parte di un contesto più ampio che cambia tutto.

Prendiamo il girasole, ad esempio, che apre il libro: abbiamo il buco con cui il libro si apre (tutto nero e buco al centro da cui scorgiamo un dettaglio che probabilmente non saremo in grado di riconoscere immediatamente la prima volta) poi il girasole intero e poi il girasole nel suo contesto, ovvero nel mazzo incelofanato in vendita da un fioraio. Sarebbe stato diverso se quel girasole fosse stato nel contesto di un campo di girasoli?

Naturalmente! Sarebbe stata tutta un’altra cosa perché contestualizzare lo spazio cambia tutto nella prospettiva della comprensione delle cose e quindi anche della loro narrazione.

A fianco alla tavola che allarga al contesto si apre il buco successivo e riprende il gioco visivo.

Il lettore e la lettrice che ci fanno in un libro come questo? Esercitano lo sguardo, allenano la scoperta ma soprattutto secondo me allenano la capacità di porsi domande e cercare delle risposte in maniera deduttiva. Il libro induce, anzi conduce, lo sguardo, ma è poi la mente e il cuore del lettore e della lettrice che deduce le connessioni tra ciò che sta guardando, prima comprendendolo in se stesso e poi indugiando su pensieri diversi che possono essere per ognuno diversi: qualcuno ci troverà pezzi della propria esperienza, qualcuno si domanderà da dove vengono e dove sono le cose che sta guardando immaginando spazi e luoghi e quindi costruendo una narrazione ipotetica e quindi tutte le narrazioni ipotetiche possibili e immaginabili, qualcun altro ancora chissà, seguirà i propri meandri interpretativi.

La domanda che ci si potrebbe porre a questo punto è: ma dopo la prima lettura, dopo aver scoperti cosa sono tutti i dettagli che gusto si ha nelle letture successive? Quello che si prova sempre quando si torna su un libro che si conosce bene ma che si ama riascoltare o guardare ancora una volta: provare al contempo la fiducia nella certezza di ritrovare qualcosa che ci è piaciuto e che è ancora lì ad aspettarci e la meraviglia di poter scoprire ogni volta un qualcosa che all’inizio ci era sfuggito o di poter fare inferenze e congetture ogni volta diverse. E tutto questo lo possiamo fare ai piccoli lettori e lettrici da soli o insieme magari in una lettura collettiva in cui ogni bambino o bambina da il proprio contributo in pensieri e parole.

Insomma buttate l’occhio a Look Book, anzi lasciatelo proprio vagare dentro LookBook e vedrete che vi sorprenderà come solo la semplicità estrema (così complessa da perseguire) della realtà sa fare.

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