In solitaria parte
Breve passeggiata tra le stanze di Giacomo Leopardi
Oggi 225 anni fa, nasceva Giacomo Leopardi.
Lo sapete, non sono solita appassionarmi alle date e agli anniversari a meno che non offrano un’opportunità e io questa opportunità di parlare di Leopardi la stavo proprio cercando. Sarà che questo appiattimento sul suo presunto pessimismo (che non è tale) e tutti gli stereotipi sulla sua esistenza con cui i ragazzi lo incontrano a scuola, e l’impoverimento mostruoso con cui i suoi testi vengono presentati mi fa soffrire ma insomma oggi l’occasione è arrivata e l’ho colta al volo.
La colgo al volo con un libro che ho amato molto quando uscì e che incredibilmente non avevo recensito, si intitola In solitaria parte. Breve passeggiata tra le stanze di Giacomo Leopardi, è scritto da Silvia Vecchini, accompagnato dalle illustrazioni di Emanuela Orciari ed edito da RueBallue nella collana Jeunesse ottopiù.
Di che si tratti è presto detto: Silvia Vecchini ci regala un romanzo delicatissimo in cui certo il centro è Leopardi, Giacomo, la sua vita, la sua grandezza ma ciò che rende eccezionale la narrazione è il punto di vista scelto, sia a livello di focalizzazione che di costruzione del personaggio narrante. Chi dice io in questo romanzo non è Giacomo bensì sua sorella Paolina, straordinaria intellettuale donna dell’epoca che però non riuscì a “scappare” di casa come ad un certo punto riuscì a fare suo fratello e noi la troviamo ancora lì, tra le mura di casa Leopardi a raccontarci di Giacomo, della loro infanzia, della loro famiglia, delle idee e della poesia di Giacomo.
Il romanzo è diviso in capitoli che corrispondono alle stanze e agli spazi della casa dei fratelli Leopardi, stanze di cui la nostra narratrice custodisce le chiavi e che ci accompagna a visitare approfittando dei luoghi per raccontare il tempo vissuto dal fratello in quella casa e fuori da quella casa. La narrazione è interpuntata da citazioni di brani di Leopardi tratti dalle sue scritture più disparate, i canti, ma anche lo Zibaldone (che forse resta la sua opera più straordinaria), le operette morali ecc; insomma racconta Paolina ma ci lascia ogni tanto ascoltare la voce anche di Giacomo e insieme ritornano frequentemente alla loro infanzia e ciò che credevano e speravano e come poi è andata davvero la loro vita, le opposte posizioni religiose e politiche, ma vi lascio scoprire da voi il contenuto di questo romanzo che ha la sua bellezza proprio nelle scelte narrative e nella levità della scrittura. Una scrittura in prosa ma in cui la poesia resta nel suono, come eco spesso esplicita e, d’altra parte, non possiamo far finta di non notare che le stanze della casa hanno lo stesso nome delle stanze della poesia. Siamo dentro la vita e dentro la casa e dentro la poesia di Leopardi e abbiamo la fortuna di avere la guida straordinaria dell’unica donna che ha abitato casa Leopardi insieme a Giacomo ad eccezione della terribile mamma.
Silvia Vecchini sceglie di dar voce al più grande poeta della nostra tradizione prendendo una strada trasversale, giocandosi il genere biografico in maniera del tutto originale, raccontando un uomo con la voce di una donna, un fratello con tutte le sue fragilità fisiche e psicologiche con la forza di una sorella implacabile, un poeta straordinario con una prosa affettuosa. Riprendendo in mano questo romanzo nel tempo la sensazione che richiama alla memoria e che resta nell’orecchio è quello di una prosa pulitissima, leggera, paratattica in cui forse il sentimento che più trasuda è quello della nostalgia, la nostalgia per un fratello che non c’è più, quella nostalgia che solo può provare una sorella per un fratello, una poetessa (l’autrice in questo caso) per un poeta maestro.
Ecco, così Leopardi può trovare la via del cuore dei giovani lettori e lettrici, ragazzi e ragazze, prima che venga sezionato nei libri di scuola, facendo sentire il cuore pulsante del suo pensiero, l’emozione della grandiosità della sua visione del mondo affatto pessimistica ma ineludibilmente materialistica e tra materialismo e pessimismo c’è una gran bella differenza.
Quando scriveva, Giacomo era felice. Anche quando scriveva le cose più dure, disperate. Io lo so perché ero lì.