Fratelli

Bart Moeyaert è uno di quegli scrittori che amo scoprire ad ogni libro diverso e in cui amo ricercare, nascosti qua e là, i topos poetici che mi dicono che è sempre lui, il grandissimo Bart Moeyaert.

Fratelli, che vorrei raccontarvi oggi, edito da Rizzoli con la traduzione di Laura Pignatti, è uno di quei suoi libri cristallini e al tempo stesso criptici e divertenti che è un dono incontrare. Fratelli è un’opera di narrativa, dalla fortissima impronta autobiografica, che potrebbe rientrare sia nella forma del romanzo che in quella della raccolta di racconti, a mio parere e provo a spiegare il perché.

Se Fratelli è senz’altro un libro “intero” in cui ritrovare episodi di vita familiare dello stesso personaggio, e mantiene un’unità di ambientazione, focalizzazione e anche stile narrativo che ci potrebbe portare a pensarlo come un romanzo, dall’altra la costruzione dei singoli capitoli – tutti autoconclusivi e tutti icastici e rapidi come piccoli lampi che spesso lasciano a bocca aperta per la conclusione – richiama moltissimo la scrittura breve in cui ogni racconto può stare su da solo, può raccontarsi e farsi leggere in maniera autonoma. Certo perderemmo la bellezza della costruzione dell’intero, i movimenti di salita e discesa che i singoli capitoli (o racconti) rappresentano nell’opera nel suo insieme, ma davvero potete aprire Fratelli in un qualsiasi punto e godervi il singolo capitolo senza aver bisogno di altre contestualizzazioni.

Ma si cosa racconta Fratelli?

E’ presto detto: Fratelli racconta piccoli episodi, ricordi, della vita familiare del protagonista, il più piccolo di sette fratelli, tutti maschi. E’ lui, il più piccolo, a raccontare in prima persona e lo fa da un lato mettendo sempre al centro i suoi fratelli in netta contrapposizione con la sua soggettività, dall’altro riuscendo a tenere sempre una narrazione “sollevata”, realistica, concreta, ma al tempo stesso evasiva. Mai (posso sbagliare, non ricordo pagina per pagina alla perfezione ma così mi pare sia) vengono chiamati per nome i fratelli, la loro è un’esistenza collettiva in cui ogni ognuno esiste in riferimento al gruppo ed infatti ciò che sappiamo di loro nel modo più esplicito (tutto il resto starà a noi dedurlo) è che c’è il più grande, il più tranquillo, il più sincero, il più timido, il più simpatico, il più sveglio e poi c’è lui, il piccolo narratore.

Leggendo la biografia troverete questa frase decisamente interessante messa in relazione a Fratelli.

“In the Moeyaert family he tended to disappear a little.

Ecco il più piccolo che è il nostro narratore volta per volta, racconto dopo racconto segna la propria distanza, differenza, dai fratelli pur nella collettività di cui lui stesso sa di far parte e vuole far parte. Non può sfuggire il senso programmatico del capitolo di apertura “Sapere innato”. Il sapere innato è quello che i fratelli hanno e lui no, o meglio quello che i fratelli lo convincono di avere e che lui non ha esattamente come loro sapranno moltissime cose che lui non sa.

La scrittura ci accompagna nei meandri delle vicende familiari dei fratelli con una punta di ironia sempre presentissima che rende gli episodi spesso molto divertenti riuscendo, anche la costruzione dal climax interno, molto netto capitolo dopo capitolo, contribuisce a creare la tensione di lettura, di attesa e di crescente anche ironia che vi terrà incollati alle pagine. Si parte con la narrazione e si arriva alla conclusione di ogni episodio quasi sempre “al buio”: non sarà chiaro cosa sta accadendo e qual è l’esito dell’episodio narrato fino alla chiusa rapidissima e a volte lapidaria. Una continua salita narrativa che si blocca al suo apice per ricominciare al capitolo successivo.

Conoscete Fratelli di Bart Moeyaert?

Forse è giunto il momento di fare la loro conoscenza!

Leggi l’intervista all’autore

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