Le pietre nere

Esistono dei libri, in questo caso romanzi per ragazzi e ragazze, imperdibili?

Ebbene sì, ne esistono, e quelli che vi propongo nella serie di post chiamati “Gli imperdibili”

sono proprio i 10 romanzi per ragazzi e ragazze imperdibili secondo teste fiorite!

Attenzione: tra questi 10 non troverete i “classici” perché la selezione è stata operata tra opere più contemporanee.

Ho adorato ogni virgola scritta da Guus Kuijer, aspetto ogni suo nuovo libro come un regalo ed una delle cose che più amo della sua narrazione è la leggerezza ironica che rende straordinari anche i racconti più cupi.

Quando è uscito Le pietre nere, per Camelozampa con la traduzione di Valentina Freschi, ero felice e curiosissima allo stesso tempo: come sarà la scrittura di Kuijer alle prese con un romanzo lungo di natura distopica? Ovvero una delle forme di narrazione apparentemente più lontane dalla poetica di questo gigante della letteratura per ragazzi?

Beh, vi divo il mio punto di vista e spero che voi lo confronterete col vostro dopo aver letto il romanzo.

Ogni mattina i cavatori uscivano fuori dalle loro capanne e raggiungevano in fretta la cava. Le donne si legavano gli attrezzi sulla schiena, un neonato sul petto e si incamminavano verso i giardini.

I bambini poteva scegliere: o giocare o andare anche loro nei campi.

Dolon non faceva nessuna delle due cose. Lui andava alla torre.

Così si apre il romanzo e abbiamo già tutti gli elementi per entrare nel contesto: lo spazio, il tempo in qualche modo suggerito (resta sempre indefinito ma è evidente che abbiamo a che fare con una società tecnologicamente poco evoluta), l’organizzazione sociale e… il protagonista. Lui, Dolon, è figlio di due cavatori e la sua vita, come quella del suo gemello Omar, come quella di tutti i cavatori è decisa alla nascita: tutti lavorano allo scopo di alzare i livelli della torre in contruzione, una torre che arriverà al cielo per congiungere il cielo e la terra innalzando i cavatori all’altezza del cielo (vi ricorda qualcosa vero??). I cavatori sono controllati dalle guardie provenienti da un fantomatico nord e hanno raramente contatti con i mercanti, popolazione che vive vicino ai cavatori ma che con essi, apparentemente, non ha contatti oltre quelli di compravendita delle pietre… Sembra tutto molto definito e sembra che tutto sia stato scritto nella pietra, inscalfibile, immodificabile e chiaro.

Ma di chiaro in realtà non c’è proprio niente, se ci si inizia a porre domande ecco che ci accorge che la questione della Torre, del raggiungimento del cielo e tutto ciò che ne consegue da generazioni e che condizionerà la vita dei cavatori per altrettante generazioni, fa acqua da tutte le parti. Omar questa cosa la sente dentro, lui sente gli animali e la natura e non ha legami con il mondo interamente e profondamente artificiale dei cavatori, è come se lui fosse nato nel posto sbagliato al momento sbagliato, cerca di essere un buon cavatore ma verrà presto chiamato in cima alla torre (e mi cascassero le mani se vi svelerò cosa questo vuol dire). Dolon invece ha inizialmente una fede estrema verso la torre e il suo progetto fino a quando, per amore del gemello Omar, qualche domanda inizia a porsela, entra in contatto con due ragazze dei commercianti, scoprirà tutto ciò che nessuno vorrebbe mai scoprire e partirà alla ricerca del nord da cui tutto sembra avere inizio.

L’avventura di Dolon e della ragazza e poi donna che lo accompagna, l’unione tra cavatori e commercianti che infrange ogni norma, è molto complessa e le scoperte a cui porterà saranno terribili. L’assenza di senso profondo e lo scollamento con la natura regnano sovrani su tutto e tutti regalandoci un romanzo eccezionale che ha una infinità di chiavi di lettura: si sentono le riflessioni sulla contemporaneità della supremazia dei popoli del nord del mondo su quelli del sud (e questa è la prima interpretazione che l’autore ha dato in un’intervista; ma anche lo stridio del rapporto uomo-natura; il rapporto con la fede e le professioni di fede. La fede è un nucleo centrale nella poetica di Kuijer (e non avete letto la Bibbia per non credenti cosa state aspettando?), in questa caso di tratta di una fede che sembra nascere dagli uomini e morire con essi ma le reminiscenze bibliche sono evidenti e la critica alla religione, che Kuijer sente come creazione artificiale degli uomini, è perfettamente in linea con l’intera produzione dell’autore. La Torre è emblema e metafora, a voi scoprire di cosa, ogni interpretazione è valida e lecita perché la grande letteratura, e qui ci siamo dentro fino al collo, lascia tutti i livelli interpretativi a disposizione del proprio lettore e lettrice perché possa trovarci il proprio posto.

Come si chiude questa narrazione distopica e a tratti angosciante? Non ve lo dirò, ovviamente, ma vi avviso, se vi aspettate una catarsi completa o di un certo tipo non la troverete. Guus Kuijer non è narratore che si tiri indietro a prove complesse e non rinuncia al dovere di mostrare i limiti, le contraddizioni dell’essere umano, dandoci certo una via di fuga possibile, Dolon e la sua compagna sono l’emblema della possibilità di cambiamento ma è evidente che in questo momento la maggioranza schiaccia e chi ha avuto la forza, il coraggio ed anche la sorte di aver visto oltre, di aver posto delle domande e cercato delle risposte dovrà accontentarsi di un ruolo molto particolare e particolarmente significativo all’interno della società dei cavatori.

C’è da chiedersi noi quali scelte avremmo fatto al posto di Dolon e questo apre nuove porte ancora per la lettura, l’interpretazione e la discussione intorno a questo romanzo!

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