Zio elefante

Ho una ammirazione sconfinata per le storie di Arnold Lobel, autore forse poco conosciuto in Italia ma di cui Babalibri sta proponendo diverse cose molto belle (qui trovate la recensione a Gufo è ora di dormire), tra queste oggi vorrei regalarci la lettura di Zio elefante, tradotto da Cristina Brambilla, un piccolo libro della collana Suberbaba, scritto in maiuscolo e dunque anche molto adatto a chi inizia a leggere in maniera autonoma.

E’ un bel po’ di tempo che ho questo libro in serbo ma non mi risolvevo a raccontarvelo perché non ho trovato una quadra interpretativa e forse proprio qui sta la sua forza, il riuscire a restare aperto, come tutti i grandi libri sanno fare, a diverse interpretazioni che in questo caso possono anche distanziarsi moltissimo le une dalle altre. Vi racconto qualcosina del libro e poi se volete mi dite la vostra.

Tutto inizia con il piccolo elefante protagonista che ci racconta il giorno i cui i suoi genitori partirono per una gita in barca e non fecero più ritorno. Incredibile la rapidità con cui l’autore fa chiudere al narratore protagonista questa questione della scomparsa dei genitori, i genitori vengono fatti sparire perché possa arrivare Zio elefante ed infatti ciò che il piccolo elefante ci racconta non è come la sua vita famigliare viene distrutta quando scompaiono i genitori, ma la come è stata la sua vita dalla comparsa di Zio elefante. Zio elefante apre la porta, come titola il primo capitolo, e si porta a casa il piccolo elefante. Per lui inventa ogni sorta di gioco, canzone, passatempo, ogni cosa che possa rendere la vita eccezionale ed allontanare la tristezza per la scomparsa dei genitori, finché un giorno il postino porta la lettera che comunica che i genitori del piccolo elefante sono stati ritrovati sani e salvi ed ecco che Zio elefante riporta il piccolo a casa da mamma e papà.

Ecco, cosa c’è di straordinario in questa storia?

Moltissime cose, innanzitutto la costruzione narrativa che, accompagnata dalle illustrazioni, dilata e restringe i tempi narrativi (sempre approfittando della focalizzazione interna del personaggio) per raccontarci di un tempo fantastico. Ma c’è anche di straordinario la sfida narrativa del contenuto, voi riuscireste ad immaginare un autore italiano che costruisce una storia in cui i genitori scompaiono e il bambino racconta la bellezza dei giorni trascorsi con lo zio maestro nello scacciare la malinconia? No, non credo riuscireste ad immaginarlo perché siamo anni luce distanti dal nostro modo di sentire l’infanzia, il contesto genitoriale, e soprattutto le storie per bambini. Certo che arriva il lieto fine, la catarsi, senza di essa avremmo potuto trarre delle conclusioni molto diverse rispetto a questo aspetto e invece proprio perché la ricomposizione finale arriva possiamo soffermarci sulla grandezza di Zio elefante e sull’esperienza del nipote.

Impossibile, credo, non notare, immagino sia nell’originale ma non ho il testo in inglese, il richiamo tra i titoli di apertura e di chiusura e i libri di Mary Poppins: questo zio che apre la porta e chiude la porta, che rende fantastiche cose “normali” che arriva come una parentesi salvifica nella vita di questo piccolo in un momento di assenza dei genitori, proprio come Mary Poppins. In Zio Elefante il bambino è uno solo, i genitori sono davvero assenti ma insomma è il ruolo che lui ricopre di cura, accoglienza e creazione di un mondo alternativo che lo fa essere ciò che è.

Zio elefante è un adulto che però sa stare e capire e giocare con un piccolo, un adulto che conta i giorni in cui è stato col nipote e li rimpiange perché troppo pochi, un adulto con l’orecchio acerbo e ciò che il piccolo elefante ci racconta, tagliando velocemente su tutto il resto, mi sembra che sia proprio lo stupore e la bellezza di scoprire che esistono adulti così.

Voi cosa ne pensate? Avete avuto o siete degli zii elefanti?

Teste fiorite Consenso ai cookie con Real Cookie Banner