Cane giallo

Il cane giallo di Cinzia Ghigliano edito da orecchio acerbo è un albo illustrato che mi interessa molto non solo per la sua bellezza e riuscita in quanto tale ma anche per l'”operazione” letteraria e culturale che sottende… provo a spiegarmi.

Se avete tra le mani il libro noterete che sopra il titolo compare il nome di Cinzia Ghigliano autrice di testo e immagini, ma che subito sotto il titolo troverete la dicitura “Liberamente tratto da Memorie di un cane giallo di O. Henry”: Il cane giallo è quindi una specie di rilettura, o forse sarebbe meglio di riscrittura, e reinterpretazione in chiave di libri a figure, di un racconto di narrativa.

Io non credo che farete proprio un salto sulla sedia a leggere queste pagine scritte da un animale. Kipling, e mica lui solo, ha dimostrato che gli animali sono in grado di esprimersi in remunerativo inglese, e oggi praticamente non si stampa più una rivista senza una qualche storia animalesca, eccettuati i mensili di vecchio stampo, che nelle figure sfoggiano ancora Bryan e l’orrore di Mont Pelée.

In queste pagine non troverete letteratura inamidata, sul tipo di quella che si trova nei libri della giungla, coi discorsi tra Bearo, l’orso, Snakoo, il serpente, e Tammanoo, la tigre. Non si può pretendere gran virtuosismo di discorso da un cane gallo che ha trascorso il più della sua vita in un vilissimo appartamento neworkese, a dormire in un angolo sulla vecchia sottoveste di satin, quella che la padrona macchiò di vin di Porto, al banchetto di Lady Scaricanave.

Questo l’incipit a del racconto di O. Henry (che trovate nell’edizione Adelphi) e quello di seguito è invece l’incipit dell’albo di Cinzia Ghigliano.

Potremmo soffermarci a lungo ad analizzare il modo in cui Cinzia Ghigliano ha scelto di lavorare sul testo di Henry ma non mi pare la sede giusta, tuttavia una cosa mi preme sottolinearla perché è proprio qui che si gioca la distanza tra narrativa e narrazione per testo e immagine dell’albo illustrato: il testo dell’albo è molto più breve e “pulito” perché può fare affidamento sullo spazio di narrazione ed anche di interpretazione che l’immagine lascia a diposizione sia di chi scrive e illustra che di chi legge testo e immagine insieme. Il testo di Henry ha ogni parola soppesata e scelta, naturalmente, come ogni grande autore fa secondo il proprio stile e poetica, tuttavia l’albo illustrato può fare una scelta diversa e, per esempio, può decidere di concretizzare il piglio del protagonista che conosciamo sin dalle prime righe come non solo intraprendente e sicuro di sé, ma anche decisamente acculturato. Nello sguardo del cane che apre la prima doppia tavola dell’albo c’è tutto questo più tutto quello che ogni lettore e lettrice saprà e vorrà vederci.

Il testo della Ghigliano è quindi rielaborato in maniera da permettere alle illustrazioni di prendersi tutto lo spazio necessario a significare in senso ampio, fedele al testo d’origine e al tempo stesso rispetto ad esso rispettosamente originale. Una rielaborazione narrativa che parla la lingua dei lettori e lettrici piccoli e giovani a che si innamoreranno di questo cane giallo indipendente prima ancora che intelligente, capace di fare similitudini tra un abbraccio e una gabbia (benché morbida), di comprendere chi poco parla e si esprime.

Ma anche di fare le proprie scelte in maniera consapevole. Il cane giallo, che cambia nome nel corso della storia (e anche sull’importanza della scelta dei nomi potremmo soffermarci a ragionare), si adatta e comprende e sa quando è il momento di cambiare strada e anche quando è il momento di parlare anche se l’umano che ha davanti ovviamente non è in grado di comprendere la lingua canina, povero lui. La relazione del cane giallo con gli umani non è di subalternità ma quanto meno di parità e noi abbiamo la fortuna di seguire i suoi pensieri (grazie alla focalizzazione interna che dopo la prima tavola procede in flashback come è naturale che sia) e, grazie alla mano incredibile della Ghigliano, i suoi sguardi decisamente significativi.

Buona lettura!

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