Grande albero e il sogno del mondo
Questo libro stava per sfuggirmi, anzi mi sarebbe con tutta probabilità sfuggito – visto che oggettivamente non riesco a star dietro a tutto ciò che viene pubblicato – se non l’avessi visto tra le mani di Alice Bigli, quindi grazie a chi condivide e comunica bellezza attraverso i libri!
Per fortuna è andata così e ho incontrato Grande albero e il sogno del mondo del grandissimo Brian Selznick, edito da Mondadori con la traduzione di Giuseppe Iacobacci, di cui avevo amato altri libri e che qui non smentisce le aspettative.
La storia è quella di un semino di pigna, anzi di due semini, fratello e sorella, tra i tanti fratelli e sorelle, che si ritrovano a lasciare la pigna materna per cercare un loro posto dove poter crescere. Detto così sembra relativamente facile ma la realtà, sia quella “vera” che quella “narrata”, è molto più complessa: i semi sono costretti ad allontanarsi dalla pianta madre a causa di un evento imprevisto a cui segue quella che si potrebbe anche chiamare una serie di sfortunati eventi se non fosse che nel contesto naturale la sfortuna non c’entra proprio nulla.

Come sempre la storia nel dettaglio e nei suoi sviluppi ve la lascio scoprire da soli io invece vorrei soffermarmi su 3 elementi essenziali su cui mi pare importante richiamare l’attenzione:
- la costruzione dei due protagonisti
- la portata divulgativa
- l’illustrazione
1- Partiamo con ordine dal primo elemento: la costruzione dei due protagonisti. Pur essendo “solo” due semi Selznick costruisce la personalità e psicologia di ognuno in modo da creare una dicotomica visione del mondo e della vita. Lei, Louise era rivolta verso la parte interna della pigna e non ha mai visto altro che il buio eppure immagina cieli e stelle e immagina persino di volare o di diventare una stella, lui, Merwin, è un razionalista fatto e finito, sa quello che vede, immagina ciò che gli viene detto senza avere fantasie ulteriori. Se Louise sarà pronta a reagire ad ogni situazione catastrofica grazie all’immaginazione e con una buona dose di ingenuità, Merwin si troverà invece sempre più in difficoltà come chi non vede la strada se non gli viene indicata e segnata in precedenza. Per un tratto della narrazione potremo avere la sensazione che i due sguardi, i due modi di stare al mondo, si compensano, che ci sia bisogno di entrambi per sopravvivere, e, chissà, forse è così. Tuttavia io ho avuto la sensazione, verso i tre quarti del libro, che Selznick punti verso un’altra direzione, quella di Louise, è lei e solo lei che permette a se stessa e al fratello di sopravvivere, adattandosi e trovando ogni volta la forza di farlo usando l’immaginazione e affidandosi all’ambiente e all’istinto (sì anche un seme deve essere dotato di istinto). Merwin riuscirà a sopravvivere solo quando capirà, e ci vorrà un tempo lungo quanto le ere geologiche, che Louise non era una visionaria folle ma una creatura adatta alla vita. Una meraviglia i dialoghi tra i due fratelli, quanto si sente forte il potere di apertura di Louise rispetto alle chiusure continue di Merwin.

2- La portata divulgativa: un dubbio forse vi verrà man mano che procederete nella lettura, ma ne sarete del tutto certi quando leggerete i due testi dell’autore che seguono la narrazione. Grande albero e il sogno del mondo ha origine da una volontà di narrazione delle origini della vita dal big bang ai giorni nostri. Tutti i passaggi rivoluzionari e gli adattamenti che i due semi si troveranno ad attraversare sono tutti scientificamente accaduti nella storia della nostra Terra e solo dei semi potevano essere così longevi e adattabili da poterci raccontare questa storia. Il progetto è nato per un lavoro cinematografico con Spielberg non andato in porto ma che ha dato poi vita a questa meraviglia di libro che potrete anche decidere di leggere in chiave di divulgazione scientifica o storica, come minimo.

3- L’illustrazione. Come già sperimentato in altri libri Selznik punta sulla narrazione per immagini ma non crea un albo illustrato o un libro con le figure, no, crea un vero e proprio romanzo in cui le illustrazioni portano avanti la narrazione eclissando il testo per moltissime pagine. Testo e illustrazione si spartiscono la narrazione ma non nel medesimo modo in cui lo fanno i libri a figure, ovvero intrecciando i due linguaggi nella medesima tavola e lasciando che si interpretino a vicenda. Qui, come in altri suoi libri, l’illustrazione soppianta il testo e viceversa in una divisione di pagine che vede procedere la narrazione o con il testo e i bianchi delle pagine che spesso risultano ampi e ampiamente significativi, o con l’illustrazione.
La riuscita è bellissima, la forza narrativa ne trae indubbio giovamento così come credo ne trarranno indubbio giovamento quei lettori e le lettrici che si trovano più a loro agio con le immagini che col testo, che magari faticano ad approcciarsi ad una narrazione lunga, e che con Selznick potranno sperimentare il piacere di una lettura lunga, complessa, articolata, e leggibilissima grazie alle moltissime illustrazioni e al dosaggio della scrittura.
Credo che questa nuova forma narrativa di romanzo a figure che da un po’ sta approdando sul mercato potrà farci grandi libri e grandi narrazioni, e voi?
