Zombi Saveur & figlio 4

Sto cercando di scrivere questa recensione da qualche giorno e non ci riesco, non so da dove partire, la densità dell’opera e delle cose che vorrei dirvi è tale e tanta che mi ha messa in scacco.

Robi però questo è il tuo mestiere quindi dacci un taglio e vai!

Allora inizierò col dire che Zombi di Marie-Aude Murail edito da Giunti con la traduzione di Federica Angelini, è il quarto attesissimo episodio della serie Saveur e Figlio, le recensioni dei primi tre meravigliosi romanzi le trovate qui, qui e qui. Se siete, come me, tra coloro che hanno atteso questo momento per molto tempo lasciatevi travolgere dalla felicità, se siete invece tra coloro i quali non hanno ancora avuto modo di conoscere lo psicologo Saveur Saint-Yves mi viene solo da dire: “beati voi! Vi aspetta una lettura straordinaria!”.

Ma cerchiamo di procedere con un qualche senso: in questo capitolo della storia di Saveur e del figlio Lazare la Murail, come sempre, riprende tutti i fili che aveva iniziato a tessere nelle “puntate” precedenti e li continua a intrecciare, e ne aggiunge di nuovi rendendo sempre più complessa la tessitura di umanità che abitano lo spazio dello studio e della casa del nostro protagonista così come delle pagine. Torna Ella, alias Elliot, che è stata la prima ragazza sulla cui storia si era aperto il primo romanzo, ma tornano anche Samuel, Margaux e sua sorella, e poi naturalmente Paul, Gabin, Jovo, Alice, e tutti i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine e talvolta sì, anche gli adulti, che Saveur è capace di accogliere e guidare, non sempre in maniera del tutto ortodossa rispetto alla propria deontologia professionale.

Si aggiungono qui altre storie che immagino e spero continueranno nel prossimo volume (speriamo non si faccia attendere tanto come questo) tra le quali una mi interessa particolarmente non tanto per la sua storia ma, come sempre, per le sue implicazioni nella costruzione della narrazione. Si tratta della storia di Jean-Jaques vent’enne che vive chiuso in camera uscendo solo per andare al bagno, servito e riverito dalla madre che però decide che è giunta l’ora di fargli vedere uno specialista che lo riporti fuori dal mondo. Jean-Jaques è una figura interessante di per sé e piuttosto tipica e significativa dei nostri tempi e tuttavia e siccome ciò che emerge da questo personaggio è la motivazione a vivere, ad uscire dalla camera, durante una delle prime sedute con lo psicologo ecco che abbiamo una delle non frequentissime e ironicissime uscite del narratore che decide, e lo spiega in una nota, che da lì in poi non scriverà più per intero il nome di Jean-Jaques ma lo accorcerà in J-J perché gli manca (al narratore, o narratrice) la motivazione, esattamente come al suo personaggio.

Una scelta retorica perfetta per farci sentire non solo quanto la funzione del narratore, dietro il quale di solito vediamo l’autore, in questo caso l’autrice, sia partecipe alla vita dei personaggi che ci sta raccontando, ma anche per esplicitare a suo modo quanto forma e contenuto se debbano implicare a vicenda. Si tratta di una piccolissima ma molto significativa emersione metanarrativa che arriva a svelare esplicitamente cosa c’è dietro la scrittura. Si tratta, naturalmente, di una finzione nella finzione, fa tutto parte della narrazione principale, e tuttavia il risultato è immediato e forte, tanto più che fa perno sull’ironia che è una delle voci più autentiche e tipiche della poetica narrativa della Murail.

Altre volte sentiremo il narratore (la narratrice) fare capolino per accompagnarci a dipanare le fila di tutte queste vite che nella narrazione la Murail intreccia e porta avanti in maniera impressionante, come credo di aver avuto modo di sostenere per altri suoi libri confermo la mia impressione: la più grande dote di questa autrice che resta una delle più grandi e inarrivabili nel mondo della letteratura per ragazzi e ragazze, è quella della burattinaia, la capacità di creare personaggi e vite complessi e realistici e di farli evolvere e crescere insieme al tempo e al ritmo e allo spazio della narrazione.

Siccome la storia di Saveur , tra pazienti e famiglia (allargata), e tra presente e passato, si va sempre più complicando, ecco che alcune note durante la narrazione ci riportano ai libri precedenti, altre volte il rimando non è esplicitato ma un lettore attento e direi quasi maniacale di questa serie si renderà subito conto che tornano delle cose. La poesia di Apollinaire, ad esempio, che tuttavia appare in due libri con due traduzioni diverse… Ci tengo a precisare che questa osservazione che ritengo di qualche interesse per ragionare sulle traduzioni e i meccanismi editoriali, non è mia ma me l’ha riportata una lettrice maniacale della Murail che quella poesia l’aveva sostanzialmente imparata a memoria in Flipper e che qui è rimasta scornata dal cambiamento. Questo per dire anche a che livello di cura, attenzione, analisi e chi più ne metta, può arrivare un giovane lettore o lettrice.

Come sempre ho speso un sacco di parole senza nemmeno riuscire a scalfire la perfezione e bellezza di questo libro che in italiano è uscito con il titolo di Zombi (che ha un rimando alla trama interna ma che “fatalità” esce nel periodo delle uscite per Halloween…) ma che in francese ha il solo titolo di Saveur & fils 4, ma a come il mercato cambi i titoli e le copertine originali per le proprie esigenze si dedicare un approfondimento ad hoc che qui non è il caso di portare avanti, ve la lascio solo come considerazione finale.

Se non avete già chiuso questo post per correre dalla Murail vi ringrazio ma vi esorto io a questo punto a farlo, che state aspettando? Correte da Saveur e lasciate che vi renda felici!

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