Strider

Ve lo ricordate il bellissimo Caro Mr. Henshaw?

Vi ricordate di Leigh, della sua passione per la scrittura, delle sue lettere al suo scrittore preferito?

Vi ricordate del suo stato d’animo sotto i tacchi sospeso in una separazione tra i genitori che porta lontano il padre e il cane Brigante?

Beh, se non ve lo ricordate o non avete mai incontrato Leigh correte a leggere o rileggere Caro Mr. Henshaw, se invece la memoria ce l’avete ben fresca sarete molto ma molto felici, come lo sono stata io, di sapere che Leigh torna a parlarci in questo nuovo bellissimo Strider, della bravissima Beverly Cleary, edito da Il Barbagianni con l’accuratissima traduzione di Susanna Mattiangeli.

Leigh adesso ha 14 anni e la storia comincia il giorno in cui la mamma di Leigh, come capita che facciano le mamme, gli impone di ripulire la camera dalle immondizie e lui sotto il letto, tra le cartacce (proprio dove la Ruth Krauss dice di cercare la poesia) ritrova il suo vecchio diario (quello che noi abbiamo letto nel libro precedente) e da lì gli torna la voglia di scrivere e raccontare.

La Claery ancora una volta trova un escamotage per creare una narrazione a focalizzazione interna frammentata, qui non si tratta delle lettere (o finte tali) all’autore di riferimento, ma di un vero e proprio diario in cui Leigh ci racconta sostanzialmente la sua rinascita nel periodo di tempo che va dal 6 giugno al 2 maggio dell’anno successivo. Un anno in cui per Leigh avviene quel passaggio dall’infanzia a quel qualcosa di diverso che traghetta verso una nuova vita. La situazione familiare non è granché migliorata, anzi, il padre perde anche il suo lavoro, e tuttavia verso la fine della narrazione anche quella situazione sembra iniziare a trovare un equilibrio emotivamente accettabile o quantomeno più gestibile. Leigh grazie al supporto affettivo dell’amico Barry entra in contatto con un modello familiare diverso, insieme a lui scopre qualcosa di se stesso che gli piace e che, nella relazione di amicizia, lo porta fuori da quel circolo vizioso di autocommiserazione e tristezza in cui era caduto un paio di anni prima. E poi arriva lui, e con lui cambia tutto: Strider, un cane abbandonato sulla spiaggia e che Leigh e Barry adottano con un affidamento congiunto (proprio come quello di Barry con la madre e il padre separati, e proprio come non riescono a fare invece i genitori, separati, di Leigh. Riusciranno i due ragazzi a mettersi d’accordo meglio degli adulti per la cura e la crescita del cane? Non ve lo dirò mai, naturalmente, non me ne vogliate, ma sto solo mettendo in ordine gli elementi che costruiscono l’intreccio di questo bel romanzo diaristico in cui vediamo sbocciare un ragazzo.

È Strider a dare l’occasione a Leigh per iniziare a correre (deve tenere in allenamento il cane che è un pastore di una certa mole), cosa che si rivelerà essenziale per la rinascita del nostro personaggio, è sempre Strider a far crescere giorno dopo giorno l’autostima del ragazzo dimostrandogli tutto il suo amore e fedeltà, ed è sempre grazie a Strider che Leigh sperimenta la difficoltà di condividere qualcosa, anzi qualcuno, di davvero importante.

Ecco, sono rimasta sulla superficie del libro (come direbbe Palomar la superficie è inesauribile) ma, come sempre, il libro funziona per come è scritto non per cosa racconta e dunque prendiamoci un attimo per seguire un filone narrativo e soprattutto metanarrativo che pure attraversa questo libro, come già aveva fatto col primo: quello della scrittura. Leigh non ha dimenticato o perso il suo desiderio di diventare uno scrittore, o almeno non ha perso, per fortuna, la voglia più che di scrivere di interrogarsi su come si scrive. Durante il nuovo anno scolastico incontra nel primo semestre una docente di inglese (la prof di lettere, per intenderci) che richiede una formalità nella scrittura che va contro ogni creatività il che permette a a Leigh di confidarsi col diario e di regalarci una pagina magistrale sulla scrittura e anche sull’ottusità di come talvolta viene insegnata… ve la leggo..

Strider è un romanzo perfetto, bello da leggere, forte da sentire dentro, in cui ci si può immedesimare o immaginare, dove vengono toccate tutte le questioni che chi sta vivendo quell’età deve affrontare – dalla famiglia all’amicizia all’amore – e lo fa nel modo migliore, facendoci sentire la voce profonda del ragazzo protagonista e lasciando che da lì emerga, tra forma e contenuto, anche un esempio perfetto di scrittura: così si scrive per ragazzi e ragazze, ma anche, così si può lasciare che i ragazzi e le ragazze scrivano in libertà, ciascuno parlando al proprio diario o sforzandosi di far uscire la propria voce oltre l’espressione individuale.

Buona lettura!

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